JOHN BOGLE FORMULA

Da un po’ di tempo si fa un gran parlare dell’arrivo di un nuovo regime di mercato con un’accezione non certo positiva.
Motivazioni assolutamente convincenti lascerebbero presagire l’arrivo di un nuovo decennio perduto per gli investimenti: inflazione persistente, scarsa crescita e banche centrali sempre più ostili ai mercati rappresentano la  tempesta perfetta  (parafrasando il CEO di JP Morgan Jamie Dimon) pronta ad abbattersi sui portafogli degli investitori.

La combinazione di tassi di interesse e inflazione più elevati, bassi consumi e deglobalizzazione creano l’ambiente in cui azioni e obbligazioni saranno in difficoltà per un lungo periodo.

Quanto c’è di vero in tutto ciò?

Ci attendono rendimenti prossimi allo zero?

E, soprattutto, come prepararsi a uno scenario di questo tipo?

Nell’articolo di oggi cercheremo di trovare risposta a queste  domande grazie al sistema di valutazione creato da John Bogle.

La formula di John Bogle per i rendimenti azionari

La formula ideata da John Bogle per stimare i rendimenti futuri degli investimenti azionari può aiutarci a comprendere meglio cosa ci aspetta (e come prepararci ad affrontare “tempi azionari difficili”).

Secondo Bogle il rendimento futuro delle azioni è formato da una parte di natura “reale” attinente ai guadagni prodotti dalle aziende, e da una parte più speculativa che dipende dalle aspettative degli investitori.
Fondamentalmente il rendimento delle azioni è la somma di queste tre componenti:

  1. Gli utili delle aziende rappresentati dai dividendi delle azioni;
  2. Il tasso di crescita di questi utili;
  3. La disponibilità degli investitori a pagare prezzi più alti o più bassi per detenere azioni.

I primi due fattori hanno a che vedere con l’economia reale dove le imprese competono per produrre e vendere i propri beni al fine di guadagnare profitti reali.
Il terzo è, invece, di natura speculativa e riflette le aspettative degli investitori che con il loro ottimismo o il loro pessimismo comprano e vendono azioni influenzandone i prezzi al di là dei valori fondamentali.

E’ questo terzo fattore che determina la cosiddetta “espansione dei multipli” (l’aumento del rapporto Price / Earning) cioè la crescita o la flessione  dei prezzi delle azioni sopra o sotto il livello degli utili aziendali: quando gli investitori sono ottimisti sul futuro, comprano in massa azioni facendone lievitare i prezzi. Viceversa quando sono pessimisti vendono deprimendo le valutazioni.

BOGLE RENDIMENTO AZIONI

La tesi di Bogle è che nel “lungo termine” i rendimenti delle azioni siano guidati dai fattori fondamentali (dividendi e crescita degli utili) mentre l’impatto del rendimento speculativo è pressoché ininfluente.
Il fatto è che il lungo termine può essere davvero molto lungo (come insegna l’esperienza del decennio perduto di cui parlo nel prossimo paragrafo): nell’ultimo decennio il rendimento dei mercati azionari ha avuto un contributo importante dal rendimento speculativo.
E’ possibile che questo contributo venga a mancare o sia addirittura negativo per gli anni a venire.

In altre parole le aspettative positive degli investitori (cd. “rendimento speculativo”) hanno sostenuto i mercati nel corso degli anni passati contribuendo a creare le valutazioni elevate dei tempi che stiamo vivendo.
La storia insegna che quando le valutazioni sono elevate (cioè le azioni sono care) i rendimenti per le decadi  successive sono decisamente magri.

contatta David Volpe

Verso un nuovo decennio perduto

Recentemente la testata giornalistica Milano Finanza ha pubblicato i rendimenti attesi (cioè stimati secondo sofisticati strumenti di analisi) per i prossimi 10 anni:

RENDIMENTI ATTESI AZIONI

Secondo queste stime (elaborate da Pictet), per la maggior parte delle asset class c’è da attendersi un rendimento reale (cioè al netto dell’inflazione) negativo.
Anche per le attività di investimento più redditizie non si parla certo di rendimenti allettanti.

Tutto lascia presagire l’arrivo di un nuovo “decennio perduto” per gli investimenti.
Con questo termine si fa riferimento al periodo a cavallo tra il 2000 e il 2010 dove lo scoppio di due bolle consecutive (dot.com e grande crisi finanziaria) impedirono all’S&P500 di restituire rendimenti positivi.
L’investitore europeo che avesse deciso di puntare esclusivamente sulla borsa americana, per effetto del cambio (il dollaro si indebolì contro l’euro) avrebbe atteso 10 anni per ottenere un rendimento pesantemente negativo:

Ma cosa determina il rendimento futuro degli investimenti?

Possiamo affermare con ragionevole certezza che, in larga parte, il rendimento futuro di un’attività di investimento (azionaria o obbligazionaria) dipende in larga parte dal prezzo da pagare per acquistarla.  Quanto più basso è il prezzo che si dovrà pagare, tanto più alto sarà il suo rendimento futuro (ne parlo dettagliatamente nell’articolo: come calcolare il rendimento futuro dei miei investimenti ).

Il fatto è che, nonostante i ribassi del 2022, le valutazioni dei mercati azionari continuano a essere elevate.
Già, perché mentre i prezzi delle azioni sono scesi, sono saliti i rendimenti delle obbligazioni che, guarda caso, oggi iniziano a rappresentare un’alternativa interessante al rischioso investimento azionario. 
Le azioni non sono mai care o convenienti in senso assoluto. Lo sono rispetto alle alternative disponibili. Oggi il pericoloso investimento azionario è caro rispetto alla più allettante e sicura alternativa obbligazionaria.

Un recente articolo del Wall Street Journal evidenzia come secondo 9 dei principali criteri di valutazione azionaria gli indici siano ancora molto cari sulla base delle medie storiche.

Per tornare a Bogle, le aspettative ottimistiche degli investitori tipiche del decennio passato hanno creato le valutazioni elevate del presente.
I prezzi elevati di oggi restituiranno rendimenti più contenuti domani.

Come affrontare, dunque, un possibile periodo in cui il contributo del “rendimento speculativo” individuato da Bogle  (dovuto, cioè, alle aspettative degli investitori) abbatterà i ritorni futuri anziché aumentarli?

La formula per un (forse) nuovo decennio perduto

Nessuno è in grado di stimare con certezza i rendimenti futuri degli investimenti, l’arrivo di un nuovo regime economico e quanto possa pesare il pessimismo o l’ottimismo degli investitori sui rendimenti futuri delle azioni.
L’ipotesi che dovremo aspettarci anni difficili è plausibile.

L’unica precauzione che possiamo prendere contro questa possibilità è, guarda caso,  diversificare.
Nell’ultimo decennio la diversificazione è stata letteralmente umiliata dalla supremazia del mercato americano, della tecnologia e delle grandi società.
E’ possibile, però, che questo “regime” sia davvero finito.

Prendendo ancora  in esame il periodo 2000 – 2010: vediamo come si sono comportate le altre asset class mentre l’S&P500 restituiva all’investitore un rendimento complessivo del -20%.

Come puoi vedere, mentre il mercato azionario americano vacillava, altre asset class restituivano rendimenti decorosi.
Per quanto i mercati azionari siano oggi estremamente correlati, questo non significa che quando l’S&P500 soffre, debbano soffrire anche tutte le altre asset class.
Ci sono molte attività di investimento che si sono comportate egregiamente mentre il mercato azionario americano attraversava un decennio terribile.
Ho fatto un banalissimo esercizio di statistica per vedere come si sarebbe comportato un portafoglio equipesato su tutte queste 10 asset class rispetto all’investimento “secco” sull’S&P500: 

Il portafoglio diversificato in modo casuale (che ho chiamato sul grafico portafoglio decennio perduto), nel periodo in esame ha realizzato un rendimento annuo composto del 6,48%. 
Certo questo rendimento è stato prodotto in modo tutt’altro che lineare. Questa è la dimostrazione che la diversificazione può sembrare totalmente inutile nel breve termine ma funziona incredibilmente bene nel lungo termine.
L’unica strategia di buon senso per affrontare l’incertezza del futuro è la diversificazione, magari contemplando anche asset class alternative (come private equity e private debt).

Conclusioni

Il mercato è un pendolo che oscilla costantemente tra ottimismo insostenibile e pessimismo ingiustificato (a volte ci salti sopra, altre lo prendi in faccia. ndr)

Benjiamin Graham

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un articolo che faceva riferimento al discorso di Bill Clinton nel gennaio del 2000:

Mai prima d’ora la nostra nazione ha goduto, in una volta, di così tanta prosperità e progresso sociale con così poche crisi interne e così poche minacce esterne. Mai prima d’ora abbiamo avuto un’opportunità così benedetta.
Iniziamo il nuovo secolo con oltre 20 milioni di nuovi posti di lavoro; la crescita economica più rapida in più di 30 anni; i tassi di disoccupazione più bassi degli ultimi 30 anni; i tassi di povertà più bassi degli ultimi 20 anni; i tassi di disoccupazione afroamericani e ispanici più bassi mai registrati; i primi avanzi consecutivi in ​​42 anni; e il prossimo mese, l’America raggiungerà il periodo di crescita economica più lungo di tutta la nostra storia. Abbiamo costruito una nuova economia.
Miei compatrioti americani, lo stato della nostra Unione è il più forte che sia mai stato

Di lì a qualche mese scoppiò la bolla delle dot.com a cui seguì il più grande attentato terroristico di tutti i tempi, la grande crisi finanziaria e tutte le vicende che caratterizzarono il decennio perduto e che oggi ci sembrano così lontane e insignificanti rispetto a tutto ciò che stiamo vivendo.

Gli eventi che ci stanno travolgendo hanno reso il futuro più incerto. Ma in realtà il futuro è sempre stato incerto: l’inflazione, la crisi geopolitica, i tassi di interesse ci hanno solo svegliato mettendoci di fronte a eventi e conseguenze che sono sempre stati possibili ma a cui non abbiamo mai prestato attenzione.
Tutto ad un tratto ci siamo resi conto che le valutazioni delle azioni sono care, ma lo sono da tempo, dunque è possibile che gli anni a venire offriranno rendimenti magri aggiungendo incertezza all’incertezza.
L’unica difesa utilizzabile contro un futuro incerto è la diversificazione.

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2 Comments

  1. …in questo momento sicuramente il tuo richiamo al mondo obbligazionario è degno di rilievo, infatti su molte strategie di fondi, sia attivi che passivi, se oggi poni base 100 il prezzo YTD e poi al 30 aprile 2022, ultimo dato disponibile, verifichi il rendimento a scadenza, lo moltiplichi per la scadenza media in portafoglio, ottieni il rendimento passivo atteso totale, al quale vai a sommare la perdita YTD del NAV, al 30 aprile 2022, che va considerata spread, ottenendo quindi un nuovo rendimento complessivo a scadenza (A=(NAV 30/4 + perdita YTD + (rendimento corrente * scadenza media), Tale valore permette poi di vedere rispetto al rendimento atteso YTD , valore ipotetico B (NAV base 100 + (rendimento corrente di allora per scadenza media di allora), di avere sicuramente nominalmente sulla carta una opportunità di ingresso, anche sui rating più elevati, molto, molto attraente. Direi molto simile alla volatilità del debito nostrano, che ha ora rendimento a scadenza interessanti, ma con la certezza di mantenere una imprescindibile diversificazione in portafoglio. Buona domenica David 💪

    1. Per l’appunto Bogle ha una formula che spiega anche i rendimenti futuri dell’investimento obbligazionario.
      Fondamentalmente la tua è un’osservazione articolata 😅 coerente con il modello di Bogle per i rendimenti obbligazionari:
      Mentre per le azioni il rendimento dipende da tre variabili (dividendi, crescita degli utili e rendimento speculativo), per le obbligazioni gran parte del rendimento è spiegata dal rendimento a scadenza al momento dell’acquisto.
      Dal 1900 ad oggi il 95% del rendimento si spiega con la resa iniziale.
      Perché un obbligazione viene ripagata alla scadenza e per i titoli a elevato merito creditizio, generalmente, questa promessa viene rispettata. Dunque il rendimento finale dipende dal tasso di interesse iniziale nonostante i titoli dei giornali che invitano alla fuga dai bond.
      Del resto investire non è facile e richiede tanta, tanta pazienza.

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