“Tutti sanno che nel lungo termine le azioni salgono di gran lunga di più delle obbligazioni.
Molti sanno che nel breve termine i ribassi delle azioni possono essere consistenti.
Veramente pochi sono consapevoli del fatto che i prezzi delle azioni possono rimanere depressi per molti anni“.
In questi ultimi anni, in cui le azioni, ormai, sono una delle poche fonti di rendimento, per gli investitori si sono aperti interrogativi epocali:
Quante azioni dovrei avere in portafoglio?
Quanto rischio dovrei assumermi per ambire a un rendimento decoroso senza condannarmi all’insonnia?
Grazie a una serie di semplici calcoli empirici, nell’articolo di oggi cercheremo di capire quale percentuale del proprio capitale destinare alle azioni.
Azioni: il lungo termine paga sempre
Osservando un grafico di lungo termine sorgono ben pochi dubbi su quale sia l’asset class migliore: le azioni (linea blu) stravincono su obbligazioni (linea rossa) e oro (linea gialla).





Credo che, ormai, qualsiasi investitore alla ricerca di rendimento sappia che le azioni sono una delle soluzioni di investimento più redditizie.
Purtroppo questa situazione rende sempre più complesso conciliare l’esigenza di rendimento con quella della stabilità.
Azioni: anatomia delle correzioni
Vediamo adesso di prendere qualche confidenza in più con le varie tipologie di ribasso che possono colpire le azioni, per rendere chiari i calcoli che faremo nei paragrafi successivi.
I ribassi del mercato azionario vengono, infatti, classificati in funzione della loro profondità.
Ci sono ribassi più o meno consistenti ma possono verificarsi anche veri e propri crolli rovinosi.
Già il fatto che ci sia addirittura una classificazione dei cali di borsa, la dice lunga su quanto diverse possano essere le crisi finanziarie e le relative conseguenze.
Questa è la classificazione “accademica” dei ribassi azionari:
- Pullback 😒: è un calo tra il 5 e il 10% che tende a riassorbirsi abbastanza velocemente;
- Correzione 😥: ribasso tra il 10% e il 20% che viene recuperato in tempi relativamente brevi;
- Bear market 😨: discesatra il 20 e il 40% che richiede, generalmente, un anno di tempo per essere superato;
- Mega bear market 😭 : crollo di oltre il 40% (fortunatamente molto raro) recuperabile soltanto dopo anni.
Questa classificazione teorica, di per sé, non dà certo grandi indicazioni.
Ci è tuttavia estremamente utile se riusciamo a capire quanto spesso si può verificare un ribasso di una certa entità e quanto tempo possa impiegare per essere recuperato.





Questa tabella riassume l’entità delle correzioni e il tempo necessario per il successivo recupero.
E’ stata redatta sulla base dell’andamento del mercato azionario americano (S&P500) dal 1945 al 2020.
Le correzioni di breve entità sono relativamente frequenti e passano in modo piuttosto “indolore”.
Un “mega bear market” non solo può essere molto doloroso ma rischia di rivelarsi drammaticamente lungo: un crollo del 40% può richiedere fino a 6 anni circa per essere recuperato.
Ripartiamo dalla considerazione iniziale: l’azionario è l’asset class più redditizia che, tuttavia, richiede qualche attenzione.
La domanda che ogni investitore ragionevole dovrebbe porsi, dunque, è:
“So che l’azionario è l’asset class migliore, ma come faccio a investire in azioni e rendere tollerabili le oscillazioni del mercato?“
La risposta banalissima è: “diversificando”.
Vedremo come nei paragrafi successivi.
Due passi verso la giusta esposizione azionaria
Si è naturalmente portati a pensare che la percentuale azionaria del proprio portafoglio debba essere proporzionale al rendimento che si intende ottenere.
Questo è un ragionamento estremamente riduttivo che conduce sempre a scelte di investimento sbagliate (e, molto spesso, a risultati deludenti).
Per comprendere quale parte del capitale dedicare all’investimento azionario ogni investitore di buon senso dovrebbe provare a rispondere a queste due domande:
Primo passo: “Qual è il ribasso massimo che posso tollerare?”
Modulare l’esposizione alle azioni sulla base del ribasso massimo tollerabile è un ottimo punto di partenza.
Osservando con occhio critico la storia dei mercati possiamo ipotizzare lo scenario più sfavorevole (cd. “worste case”), quantificando la perdita massima in cui potremo incorrere.
Già in un precedente articolo abbiamo visto che per avere una panoramica davvero utile occorre analizzare il comportamento dei mercati durante le crisi più profonde dell’economia (e non nei periodi di prosperità!).
Ovviamente non c’è garanzia che il futuro sarà esattamente come il passato ma, come sappiamo, l’economia è ciclica e le dinamiche che muovono i mercati tendono a ripetersi nel tempo.
Analizzando il comportamento negli anni delle possibili combinazioni azioni/obbligazioni, possiamo individuare i ribassi massimi riportati per i vari portafogli:





L’immagine mostra diverse ipotesi di portafoglio suddivisi tra azioni e obbligazioni.
Partendo dalla colonna di sinistra abbiamo un portafoglio integralmente obbligazionario (0/100).
Spostandosi verso destra aumenta l’esposizione azionaria fino a raggiungere un portafoglio totalmente azionario (100/0).
Il grafico ci consente di teorizzare una semplice ma efficace regola empirica:
l’esposizione azionaria del mio portafoglio dovrebbe essere pari al doppio del ribasso massimo (cd. “drawdown”) che sono disposto a sopportare.
Infatti prendendo il caso del portafoglio 20 azioni/80 obbligazioni (terza immagine da sinistra) il ribasso massimo è stato pari al 10% circa.
Questo calcolo può, indicativamente, essere applicato anche alle altre ipotesi di portafoglio.





Quindi il mio primo suggerimento per costruire il proprio portafoglio diversificato è porsi questa domanda:
“Quanto sono disposto a vedere scendere il mio portafoglio?”.
La percentuale massima che individuerai dovrà essere moltiplicata per due e otterrai, così, la percentuale di azioni che ti consiglio di detenere in portafoglio.
Per essere ancora più chiari facciamo un esempio seguendo la tabella qui sopra:
se il tuo livello di rischio/tranquillità vede come ribasso massimo una perdita del -25%, nel tuo portafoglio non ci dovrà essere una quota azionaria maggiore del 50% (25% x 2) del capitale investito.
Secondo passo: “Quanto posso rimanere sott’acqua?”
Il dato del ribasso massimo tollerabile, per quanto prezioso, non è sufficiente a individuare la corretta esposizione azionaria.
E’, infatti, indispensabile anche considerare il periodo di tempo massimo per il quale si è disposti a rimanere “sott’acqua”.
Con il termine “sott’acqua” si identifica il periodo di tempo che si è disposti ad attendere prima di rivedere recuperato il capitale dopo un forte ribasso.
Anche in questo caso l’analisi dei dati passati diventa preziosa:





Il grafico evidenzia il numero massimo di anni impiegati da ogni combinazione di portafoglio (azioni / obbligazioni) per recuperare la parità dopo un pesante ribasso.
Questo grafico ci dice sostanzialmente 2 cose:
- Un portafoglio totalmente obbligazionario finisce per essere più rischioso di un portafoglio che preveda anche una modesta esposizione alle azioni (la prima combinazione 0 azioni, 100 obbligazioni ha tempi di recupero più lunghi rispetto alla seconda, terza e quarta combinazione);
- All’aumentare dell’esposizione azionaria può aumentare significativamente il tempo necessario per recuperare un periodo sfortunato.
L’ottimismo è una gran dote ed ogni investitore, in cuor suo, dovrebbe essere ottimista.
Essere ottimista, tuttavia, non significa essere convinti che andrà tutto bene.
Significa essere consapevoli che le probabilità e che la crescita globale sono a nostro favore e che col tempo i nostri investimenti daranno un risultato positivo anche se nel frattempo accadranno cose orribili.
E’ importante pianificare le proprie scelte di investimento in modo da evitare che queste cose orribili non compromettano il nostro capitale e i nostri buoni propositi di medio lungo termine.
Quanti di noi sarebbero disposti ad attendere 6 anni prima di rivedere recuperata la perdita del proprio portafoglio?
Quindi chi (legittimamente) non vuol rimanere sott’acqua per più di 1 anno, dovrebbe investire in azioni fino ad un massimo del 30%.
Chi invece è disposto ad attendere fino a 2 anni, potrebbe arrivare al 40%.
Tornando all’esempio del paragrafo precedente, dopo aver risposto alla domanda: “qual è la perdita massima che sono disposto a sopportare?” e aver trovato una risposta, dovremo vedere se il risultato si concilia con la seconda domanda “quanto tempo sono disposto ad aspettare prima di recuperare il capitale?”
Alla prima domanda l’esempio dava un risultato di percentuale azionaria del 50% (25% di perdita massima x 2).
Dalla tabella qui sopra scopriamo che avere un portafoglio investito per il 50% in azioni potrebbe significare vedere il capitale “sott’acqua” per 3,2 anni.
Siamo disposti ad aspettare questo tempo per vedere un recupero?
Ognuno avrà la sua risposta, secondo i propri livelli di tolleranza al rischio e del periodo di tempo sopportazione della potenziale perdita.
Nel caso in cui 3 anni siano visti come un arco temporale troppo lungo sarà necessario diminuire l’esposizione azionaria fino ad identificare un lasso di tempo tollerabile, correggendo così il primo risultato ottenuto.
Sopportazione al ribasso e capacità di trattenere il fiato (rimanendo sott’acqua) sono la traduzione pratica di due concetti teorici poco comprensibili:
- Tolleranza al rischio:
ossia la capacità di riuscire a conciliare il sonno con le oscillazioni del proprio portafoglio; - Capacità di rischio:
vale a dire l’effettivo rischio che l’investitore è in grado di assumersi rispetto alle sue necessità contingenti.
In altre parole, posso anche essere scaltro e riuscire a sopportare ribassi più o meno profondi, con una buona tolleranza al rischio, ma se avrò necessità del mio capitale entro un anno (ad esempio per comprare un immobile) dovrò ridimensionare drasticamente la rischiosità del mio portafoglio.
Non pensiamo solo al peggio
A onor del vero, le considerazioni condivise nei paragrafi precedenti si basano sullo scenario peggiore.
Abbiamo visto che nel corso della storia i crolli rovinosi non sono così frequenti.
Quindi, statisticamente parlando, dovrebbe essere molto più probabile vedere mercati al rialzo.
Il fatto è che l’ultimo vero crollo a cui abbiamo assistito, rischia di darci una visione distorta del quadro complessivo:
non tutte le crisi si risolvono in pochi mesi e non tutti i ribassi si fermano al -35%.
Il dato veramente positivo che dobbiamo aggiungere è che una corretta attività di ribilanciamento consente di ridurre i tempi di recupero che abbiamo visto nelle tabelle precedenti.
Questo è un altro buon motivo per diversificare correttamente il portafoglio:
destinare una congrua parte del patrimonio ad asset difensivi e liquidità che consentano di ribilanciare (incrementando l’esposizione azionaria) in occasione di potenziali ribassi.
Conclusioni
La capacità di restare in gioco per molto tempo senza rovinarsi ed essere costretti ad arrendersi è il fattore che fa la differenza.
Morgan Housel
Come più volte osservato in questo blog, la tolleranza al rischio si misura nei momenti di panico e non quando i mercati puntano al rialzo.
Quindi, prima di porsi dei traguardi di rendimento, sarebbe buona regola comprendere la propria soglia del dolore, individuare ribasso massimo, tempi di recupero e, soltanto successivamente, ipotizzare degli obiettivi di rendimento coerenti.
Morgan Housel nel suo libro “La psicologia dei soldi” sintetizza in modo esemplare la questione:
“Un buon investimento non è necessariamente quello che ottiene i rendimenti più alti, perché i rendimenti più alti tendono ad essere eventi singoli e non ripetibili.
Il segreto è ottenere buoni rendimenti che si possano mantenere il più a lungo possibile.
È qui che l’interesse composto dà il meglio di sé.”
Dando per scontato da questa esposizione che in assoluto i mercati azionari correggano, crollano ma poi tornano sempre a fare nuovi massimi, una tecnica di hedghing complessa nella costruzione di un portafoglio è quella di creare sacche di monetario da traslare a stop-loss prestabiliti, in PAC, verso l’azionario in valore prospettico analogo alla profondità della perdita avuta dal mercato, della durata prevista per il recupero come in articolo ben esplicata e distinta. Ovvio che in questo caso la massima esposizione azionaria non deve superare il 50%, ma meglio se si ragiona inizialmente su esposizioni inferiori, circa 20%, in questo modo possiamo far “ballare” su un 60% di strategia “barbell” sia la parte obbligazionaria breve termine/monetaria, 20%, parallela al 20% di azionario da implementare poi in step graduali nelle fasi di ribasso. In questo modo nel tempo si partecipa a tutte le fasi “bull” del mercato, sempre almeno con una percentuale minima stabilita di equity, per poi implementare nelle fasi a “sconto” in modo di avere una sorta di effetto “leva” virtuale che aiuta ad aumentare il ritorno, attenuando nel contempo la volatilità negativa. Nel tempo poi creatosi un “cuscino”, con il rendimento composto, possiamo diminuire in percentuale il barbell poiché il valore assoluto del portafoglio è cresciuto e quindi il peso originale ora diviene eccessivo, alzando sempre per gradi il livello di azioni da detenere e “controllare” sempre con la stessa tecnica. Tale metodo crea stimoli psicologici importanti per accompagnare l’investitore durante il percorso in quanto viene invitato a concentrarsi sulla parte d’ingresso, a prezzi inferiori, che lo distoglie dall’ancoraggio al prezzo pagato della parte già in portafoglio. Buona domenica e grazie per la Tua preziosa opera di educazione e formazione David!
Grazie a te Luca per il tuo puntuale contributo.
Per i lettori che volessero approfondire il significato e il funzionamento della tecnica Barbell rimando alla lettura dell’articolo dedicato o alla visione del video esplicativo raggiungibili con i link qui sotto: 👇
– Link all’articolo: “Il mercato non è prevedibile? difendi il tuo capitale con la tecnica Barbell”;
– Link al video: “Come suddividere il capitale”