Molti dei più importanti economisti ci insegnano che per ottenere buoni guadagni in borsa è sufficiente individuare quelle società le cui azioni ancora non rispecchiano il valore effettivo o potenziale dell’azienda.
A questo punto dobbiamo solo acquistarne i titoli, aspettare che le borse e gli altri azionisti scoprano il valore dell’azienda, e tutto evolverà secondo i piani: i prezzi aumenteranno, spesso superando il valore reale, e noi potremo rivendere il tutto festeggiando il meritato guadagno.
La teoria sembra molto facile.
Ma come possiamo valutare quale sia il valore di un’azione rispetto al suo prezzo di mercato?
E soprattutto, siamo proprio sicuri che il valore sia l’unico fattore che interviene a determinare il destino azionario di un’azienda?
In questo post analizzeremo come si forma il prezzo di un’azione rispetto al suo valore e, soprattutto, da cosa sono determinate le oscillazioni tipiche dei mercati azionari.
Cosa sono le azioni e perché vengono acquistate
Le azioni rappresentano le singole porzioni in cui è ripartito il capitale di una società.
Una volta acquistate, le azioni danno il diritto di percepire periodicamente un dividendo, ossia di incassare una parte degli utili realizzati dalla società (approfondisci il tema leggendo l’articolo dedicato)
Le azioni vengono scambiate (acquistate e vendute) sui “mercati finanziari” ad un prezzo determinato… purtroppo in maniera misteriosa ai più.
Come si determina il prezzo delle azioni – la teoria
In termini molto semplici e concreti (un po’ riduttivi ma immediati), la teoria finanziaria spiega che il prezzo di un’azione è determinato dal dividendo che questa offre: tanto maggiore è il dividendo che la società paga agli azionisti, tanto maggiore sarà il prezzo delle sue azioni.
Quindi:
- la previsione di dividendi futuri (detti “attesi”) in crescita determina un aumento del prezzo delle azioni;
- la previsione di dividendi futuri in diminuzione determina una riduzione del prezzo delle azioni.
Le aspettative di crescita (o diminuzione) dei dividendi vengono alimentate da informazioni pubbliche fruibili da tutti gli investitori rendendo così possibile realizzare una valutazione imparziale del valore dell’azienda.
Facciamo un esempio:
Una nota azienda tecnologica (diciamo quella della mela) annuncia il lancio di un nuovo modello di cellulare con funzionalità strabilianti (valore potenziale).
La notizia determinerà una corsa all’acquisto delle sue azioni con un conseguente aumento del prezzo delle stesse:
gli investitori stanno valutando che l’azienda aumenterà i propri profitti e si aspettano un conseguente incremento dei dividendi.
Tuttavia, qualche tempo dopo, si scopre che il nuovo modello sarà, in realtà, un remake di una precedente edizione che potrebbe non riscuotere così tanto successo (cambia il valore percepito dell’azienda).
Di conseguenza si verificherà un movimento contrario al precedente , una corsa al disinvestimento perché si ha la percezione che la nuova edizione sarà un flop (dunque crollo dei profitti e dei dividendi).
Ovviamente tutte queste informazioni sono veicolate dai media che, come ormai tutti sappiamo, tendono ad enfatizzare, nel bene e nel male le notizie per attirare l’attenzione del pubblico.
Come si determina il prezzo delle azioni – la pratica
Dobbiamo quindi ammettere che il prezzo delle azioni (e dunque l’andamento del mercato) nella realtà non esprime la valutazione di esperti analisti che esaminano attentamente le prospettive di crescita degli utili (e dei dividendi) e, quindi, del valore effettivo dell’azienda.
Il livello dei prezzi del mercato è determinato dall’azione combinata di milioni di investitori (grandi e piccoli) che vengono motivati dalle proprie emozioni e/o da un presunto buonsenso ad acquistare o vendere rispetto alle informazioni che ricevono da fonti più o meno attendibili.
Il comportamento di tutti questi individui è, infatti, pesantemente influenzato dalle notizie divulgate dai media il cui unico interesse è, appunto, quello di attirare l’attenzione del pubblico:
Giornali, notiziari, siti web competono continuamente per catturare l’interesse dei telespettatori visto che da questo dipende la loro sopravvivenza.
In particolare le notizie relative alle azioni di grandi aziende ed ai mercati finanziari suscitano sempre una grande considerazione visto che trattano la creazione o la distruzione di ingenti somme di denaro.
Effetto gregge
Quello che succede a seguito di titoli del genere si può facilmente capire.
Anche negli investitori dotati di buon senso si attiva uno stato di allerta e di pericolo che fa dimenticare presto tutte le teorie apprese per lasciarsi travolgere nella corsa alla vendita per evitare la perdita completa del capitale.
Non importa più se l’azienda nella quale è stato investito il capitale ha un valore più che solido, ha mille progetti vincenti in corso e nuove idee fantastiche da realizzare… il prezzo che scende a picco fa dimenticare tutti i ragionamenti sensati e tutti i buoni propositi sul “lungo termine”.
Il calo delle quotazioni terrorizza anche i più determinati quando si percepisce attraverso l’amico del bar o tramite i mezzi d’informazione che la maggior parte delle persone sta vendendo.
Scatta così ciò che viene chiamato tecnicamente l’effetto gregge: “se tutti vendono ci sarà un motivo (quale sia spesso non si sa) ed è meglio che venda anche io”.
Il panico diventa contagioso determinando una corsa al disinvestimento che amplifica il progressivo crollo dei prezzi.
Ovviamente questo processo funziona anche in senso contrario: la diffusione di informazioni positive, (magari esasperate dai media) innesca la diffusione di un insensato ottimismo che induce all’acquisto con conseguente rialzo dei prezzi, tanto da superare il valore reale dell’azienda. Non c’è da farsi illusioni: anche questo è un eccesso , che prima o poi il mercato placherà realizzando che l’azienda quotata 10 in realtà vale molto meno e riporterà il suo valore su livelli realistici.
Il Price/Earning: il più valido aiuto nelle analisi
Non esistono formule o informazioni univoche in grado di dare indicazioni su quanto il prezzo delle azioni rifletta effettivamente il valore delle aziende e quanto, invece, sia frutto del pessimismo (o dell’euforia) degli investitori.
E’ certo che il livello dei mercati potrebbe mantenersi irrazionale (in senso euforico o pessimistico) per molto tempo a prescindere dalle reali condizioni di salute delle società quotate.
Uno degli indicatori che però può darci un importante supporto nella nostra analisi è il Price/Earning (P/E), ritenuto uno degli indicatori economici tra i più attendibili.
Questo esprime il rapporto tra prezzo di un’azione e il suo utile.
In termini pratici individua il numero di anni in cui l’esborso per l’investimento azionario viene ripagato con i dividendi incassati.
Tanto più alto è il P/E tanto più “caro” è ritenuto il prezzo di mercato.
Una delle prime analisi da effettuare quando si devono scegliere le azioni da acquistare è analizzare questo rapporto: valorizzazioni del P/E eccessivamente superiori alla media spesso sono segnali di sopravvalutazione.
Conclusioni
Molto spesso il mercato dilania l’immagine delle società quotate (e dell’economia) deprimendone i prezzi ben al di sotto del loro valore reale rappresentato dal business, dalla storia, dagli stabilimenti.
Mentre tante altre volte la percezione ne viene esaltata ben al di sopra prefigurandosi scenari di crescita irrealizzabile per aziende senza nessuna base solida.
Quello che l’investitore dovrebbe riuscire a fare è ragionare in termini di valore (realtà aziendale) e non in termini di prezzo (immagine disegnata dal mercato): disponendo di una prospettiva di lungo termine (indispensabile per investire sui mercati azionari) gli eccessi si abbattono e prezzo e valore tendono a convergere.
Leggi anche:
7 miti da sfatare sul mercato azionario;
Le small cap: piccolo è bello;
La strategia d’investimento per obiettivi;
E se i mercati non (ri)crollassero?
ciao david, per quanto riguarda gli etf il prezzo/utile e’ disponibile su morningstar ma differisce dal sito del gestore. esempio ishares s&p500 ,morningstar riporta un prezzo/utile di 21,39. ishares nella scheda del fondo riporta un rapporto price/earning di 33.55. La differenza e’ sostanziale. Quale considerare corretto ? ce qualcosa che mi sfugge ? grazie mille
ciao david, nella costruzione del mio portafoglio sto mettendo a punto un programmino in excel che mi da una media del p/e in funzione del peso degli etf selezionati. Il problema e’ che i dati a cui ho attinto su morningstar differiscono da quelli pubblicati sul sito del gestore del fondo. Esempio, ishares s&p 500 (csspx) su morningstar riporta un prezzo/utili di 21,3 mentre sul sito ishares riporta 33,55 . Come mai questa differenza sostanziale ? Mi sfugge qualcosa ? Grazie
Ciao Francesco,
hai perfettamente ragione!
La differenza è dovuta a una diversa metodologia nel calcolo del P/E.
Nelle schede redatte da Ishares il price earning è calcolato utilizzando gli utili degli ultimi 12 mesi (quindi gli utili passati).
Morningstar, invece, considera gli utili stimati dalle società di analisi per i 12 mesi successivi (quindi gli utili futuri stimati cd. “forward P/E”).
Questa è la motivazione principale del disallineamento.
Inoltre Morningstar non considera i P/E negativi e fissa a 60 il rapporto P/E massimo (ad esempio il P/E di Tesla che si attesta oltre 300, viene comunque considerato 60).
Un caro saluto.