O lo si odia o lo si ama. A quanto pare sembrano non esserci mezze misure sull’oro:
c’è chi lo definisce semplicemente un grande bluff e c’è chi, invece, sostiene sia l’unico asset in grado di fornire protezione e rivalutazione certa del capitale.
L’oro difende dall’inflazione e dalle crisi?
Quali sono le variabili che incidono sul prezzo dell’oro?
Ha senso investire in oro?
In questo articolo sfateremo alcuni falsi miti per capire se e come investire nel metallo giallo.
Bene rifugio ma non troppo
Molti investitori pensano all’oro come al bene rifugio per eccellenza, una sorta di protezione contro l’inflazione, la guerra, i default. In altre parole, l’oro risulterebbe la difesa più efficace contro la fine del mondo.
Per quanto l’oro sia davvero il bene rifugio per antonomasia, si tratta sempre di un asset da maneggiare con cura e, soprattutto, con consapevolezza.
Questo grafico mostra la performance del metallo giallo nel corso degli anni:





Vale la pena soffermarsi sui ribassi massimi (drawdown) subiti da questo bene “rifugio” e dai successivi tempi di attesa per tornare sulla parità:
- Le quotazioni raggiunsero un picco nel 1980. Il ribasso successivo fu di circa il 65%. L’oro impiegò , più o meno, in 25 anni per recuperare la perdita;
- Nel 2011 le quotazioni raggiunsero un nuovo massimo a cui seguì un ribasso del 40% recuperato in circa 9 anni;
- Nel 2020 i prezzi toccarono nuove vette per poi scendere di un 15% colmato in circa 2 anni.
Prima di decidere di investire in oro o, comunque, introdurlo nei portafogli, è opportuno avere ben presenti questi dati non proprio coerenti con il concetto di “protezione”.
Oro, inflazione e …tassi reali!
È convinzione diffusa che l’oro protegga dall’inflazione.
In realtà questa granitica certezza è, probabilmente, una delle principali cause della delusione di molti investitori.
Il legame dell’oro non è con l’inflazione ma con i tassi reali. Cosa significa?
Mentre il tasso nominale è il rendimento offerto da un investimento, Il tasso di interesse reale può essere definito come il rendimento percepito al netto dell’inflazione.
Visto che l’inflazione è nota soltanto a posteriori, per calcolare il tasso reale si utilizzano le aspettative di inflazione cioè il livello di inflazione previsto per il futuro.
Facciamo un banale esempio semplificando un po’ le cose:
se un titolo di stato offre un tasso (detto “nominale”) del 3% e l’inflazione (misurata dalle aspettative) è del 2%, il tasso reale sarà l’1%.
Se da un lato è vero che l’oro, in quanto bene reale, offre protezione contro l’inflazione, dall’altro bisogna considerare che non offre cedole.
Quindi investire in oro (e non percepire cedole) in determinate circostanze, può essere uno svantaggio rispetto a investire in obbligazioni (e percepire cedole).
In particolare i tassi delle obbligazioni tendono a salire proprio quando sale l’inflazione.
Se l’inflazione sale più dei tassi nominali (e, quindi, i tassi reali diminuiscono), l’oro ne beneficia.
Viceversa se i tassi nominali salgono più dell’inflazione (e quindi i tassi reali aumentano) l’oro viene penalizzato perché è preferibile investire in bond visto che i rendimenti reali sono aumentati.
Questo grafico mette a confronto le quotazioni dell’oro (in giallo) con il livello dei tassi reali (in nero):





Come puoi vedere oro e tassi reali sono correlati negativamente: salgono i tassi reali, scende l’oro e viceversa.
Se l’oro non rappresenta un’attività produttiva in grado di produrre reddito, se non paga cedole e se non è certa la sua protezione contro l’inflazione, perché mai investirci?
Funzione strategica dell’oro
Per quanto se ne possa dire, l’oro rimane un asset strategico che non dovrebbe mai mancare nei portafogli più strutturati.
Vediamo perché.
Protezione dai ribassi dei mercati
L’oro viene da molti considerato come un safe haven in grado di offrire protezione dai ribassi del mercato azionario.
Tecnicamente si definisce questo legame “correlazione negativa”: scende l’azionario e sale l’oro e viceversa.
Il grafico che segue mette a confronto l’andamento del S&P500 con l’oro:





La parte bassa del grafico mette invece in evidenza i periodi in cui le due asset class hanno correlazione negativa (sale l’una e scende l’altra evidenziate – in rosso – ) e quegli in cui hanno correlazione positiva (salgono e scendono simultaneamente – in verde -).
A ben guardare nell’ultimo periodo, la funzione di protezione dell’oro appare molto indebolita (prevalenza di aree verdi).
Questo può essere dovuto all’azione massiccia delle banche centrali che sono spesso intervenute in soccorso dei mercati finanziari.
Tuttavia se si prendono in esame “eventi estremi” l’efficacia diversificativa dell’oro risulta evidente:
Questo è il confronto tra oro e S&P500 durante lo scoppio della bolla tecnologica del 2000:





Questo, invece, è lo stesso confronto durante la crisi finanziaria del 2008:





L’oro, dunque, rappresenta una protezione contro possibili crisi sistemiche.
Protezione dall’inflazione
Abbiamo detto nel paragrafo precedente che l’oro non necessariamente presenta un hedge contro l’inflazione. La sua quotazione è influenzata dall’andamento dei tassi reali.
Tuttavia, quando l’inflazione “sfugge” al controllo delle banche centrali, l’oro dimostra di essere una riserva di valore in grado di fornire un’efficace protezione.
Quando si parla di quanto possano essere devastanti le conseguenze dell’inflazione, si fa spesso riferimento agli anni ‘70:





All’epoca l’inflazione raggiunse il livello del 15%.
Questa è la rivalutazione al netto dell’inflazione di un investimento in oro detenuto nello stesso periodo:





In altre parole un capitale di $ 10.000 si sarebbe rivalutato di 6 volte al netto dell’inflazione del periodo.
Quindi l’oro rappresenta una riserva di valore a lungo termine contro un’inflazione che sfugge al controllo delle banche centrali.
Reset delle banche centrali
L’oro è, probabilmente, la miglior asset class per proteggersi dall’ipotesi (in realtà molto remota) di un reset delle banche centrali.
Si tratta di una sorta di “cigno nero” che potrebbe travolgere il sistema monetario moderno.
Cerchiamo di capire cosa significa semplificando un po’ le cose.
Il processo di evoluzione dei sistemi economici si articola in più fasi che si alternano creando veri e propri cicli.
Nella fase iniziale, ogni stato può produrre una quantità di moneta proporzionale alla quantità di oro di cui dispone. Questo legame serve a costruire la fiducia: le banconote vengono utilizzate come mezzo di pagamento perché chi le accetta sa che possono essere convertite in qualunque momento in oro.
A poco a poco il sistema progredisce: aumenta la produttività e aumentano gli scambi e la fiducia nonché il ricorso ai prestiti per finanziare nuove iniziative imprenditoriali e aumentare la ricchezza.
Il processo di espansione prosegue fino a quando il sistema inizia a perdere produttività (ad esempio a causa dell’invecchiamento demografico e per la riduzione della popolazione in attività lavorativa).
La progressiva perdita di produttività rende sempre più difficile rimborsare i debiti e mantenere gli standard a cui si era abituati (meno produttività significa meno produzione di reddito di cui disporre).
Per i decisori politici la strada più semplice per evitare scelte impopolari è quella di emettere nuovo debito: si agevola il ricorso ai prestiti per finanziare i consumi e rimborsare i precedenti impegni. Sostanzialmente la perdita di produttività e la mancanza di reddito viene “compensata” con il ricorso ai prestiti.
Anche i governi aumentano il proprio debito (aumentando l’ammontare di titoli di stato) che, spesso, viene utilizzato in modo improduttivo.
In questa fase i tassi vengono mantenuti bassi per rendere sostenibile il pagamento degli interessi.
Questo processo non è di per sé sbagliato, ma rischia di diventarlo se la produttività continua a declinare e aumenta il ricorso all’utilizzo dei finanziamenti per attività non produttive.
Se questo accade, a lungo andare il peso del debito diventa insostenibile, la fiducia nel sistema viene meno e si cerca rifugio negli asset reali come l’oro.
Quando è in gioco la credibilità delle banche centrali, il metallo nobile è uno dei pochi asset che gli investitori vogliono detenere.
Un contrappeso per il dollaro
L’oro è correlato negativamente con il dollaro: un dollaro debole tende a favorire l’oro. Viceversa nei periodi di apprezzamento del biglietto verde, l’oro tende a soffrire.
Anche se questo legame non è necessariamente scritto nella pietra vale per la maggior parte del tempo.
In un precedente post ho evidenziato come chi investe in ottica globale assuma giocoforza un’esposizione significativa alla valuta statunitense.
Questo è stato un vantaggio negli ultimi 15 anni, ma non sempre è andata così: i cicli valutari tendono ad alternare la forza delle valute.
L’oro può rappresentare un valido contrappeso contro il rischio di una svalutazione del dollaro americano (che avrebbe un impatto negativo su buona parte degli asset denominati in dollari).





Come e quanto investire in oro
Oro fisico
Esistono diverse modalità per prendere esposizione al metallo giallo. Come ho già sottolineato in un precedente articolo, il sistema più efficiente è quello di utilizzare etf che investano in oro fisico.
Si tratta di etf che hanno come sottostante veri e propri lingotti d’oro custoditi presso una banca depositaria. Come qualsiasi altro etf possono essere scambiati giornalmente sui mercati quotati e replicano fedelmente il prezzo dell’oro.
Il fatto che siano emessi a fronte di oro fisico elimina il problema del contango tipico degli etc che investono in materie prime.
A questo link trovi una mia personale selezione
Cambio aperto o cambio coperto?
La valuta di riferimento per la quotazione dell’oro è il dollaro. Questo significa che l’investimento in oro implica l’esposizione al biglietto verde.
Esistono etc sull’oro che prevedono la copertura dal rischio di cambio.
Francamente scegliere di coprire il cambio sulla parte del portafoglio destinata all’oro è una scelta che non ha un grande senso logico:
l’oro tende a essere inversamente correlato con il dollaro. Dunque un indebolimento della valuta statunitense favorisce l’oro.
Abbiamo inoltre visto che l’oro è un asset class volatile su cui l’oscillazione del cambio tende ad avere un impatto poco significativo.
Inoltre il costo di una copertura del cambio sistematica penalizza decisamente le performance di lungo periodo.
Il grafico mette a confronto un etc su oro fisico con cambio aperto (in blu) e uno con cambio coperto (in rosso):
Performance complessiva 2010 -2022:
- Etc cambio aperto: 60%,
- Etc cambio coperto: 4,35%.
I Gold Miners
E’ possibile prendere esposizione al metallo nobile anche attraverso le azioni delle società che estraggono oro.
In questo caso potremmo dire che l’esposizione è duplice: si investe in oro e in azioni allo stesso tempo.
I prezzi dell’oro e delle azioni delle società estrattive sono influenzati da fattori diversi:
l’oro reagisce a variabili come l’inflazione, i tassi e l’incertezza economica e finanziarie.
I prezzi delle azioni delle società estrattive sono guidate da elementi come le prospettive sugli utili, i costi di estrazione, l’innovazione tecnologica.
Tendenzialmente quando l’oro sale, i gold miner salgono in misura maggiore: questo potrebbe consentire di “liberare” capitale da destinare ad altre asset class.
Tuttavia quando il prezzo dell’oro scende, l’azionario ad esso collegato soffre in misura maggiore.





Quanto oro in portafoglio?
L’oro non è legato né alla crescita economica e degli utili aziendali né, tantomeno offre cedole in grado di remunerare il capitale nel tempo.
Allo stesso tempo, come abbiamo visto, il suo andamento è condizionato dai tassi reali.
Questo significa che può soffrire anche in contesti di rialzo dell’inflazione.
Tuttavia è l’unico asset in grado di muoversi al rialzo e portare rendimento nei momenti in cui nessun altro asset riesce a farlo. Dunque l’oro rappresenta una protezione da eventi estremi.
Questo pone seri interrogativi su quale sia la giusta esposizione all’oro all’interno di un portafoglio diversificato.
La risposta, come sempre, è: “dipende”.
Dipende dal peso e dalla combinazione delle altre asset class inserite nell’asset allocation strategica.
L’oro è un “contrappeso” che deve essere rapportato alle altre componenti del portafoglio (azioni/obbligazioni).
I vari lazy portfolio offrono un valido aiuto per individuare la percentuale di oro più adatta alle proprie esigenze.
In linea generale una corretta esposizione all’oro dovrebbe attestarsi tra il 5 e il 10%.
La volatilità e i tempi di recupero di questa asset class suggeriscono di non andare oltre: creare un ottimo portafoglio non servirà a nulla se sarà venduto al primo segnale di difficoltà.
Questo è il motivo per cui questa asset class deve essere inserita nella misura in cui ci si possa convivere serenamente sia nelle fasi positive che in quelle negative.
E, soprattutto, se non sei convinto, non devi voler utilizzare l’oro a tutti i costi.
Conclusioni
L’oro è l’unico attivo che non è il passivo di qualcun altro.
Ray Dalio
Ci sono ottimi portafogli che funzionano benissimo anche senza l’utilizzo dell’oro.
Tuttavia per chi intende mitigare l’impatto di ribassi a cui, ormai, non siamo più abituati da tempo, l’oro rappresenta un asset class irrinunciabile.
Bisogna tenere ben presente che detenere oro in portafoglio può significare rinunciare a una parte delle performance in contesti favorevoli agli asset “rischiosi”.
La vera domanda a cui l’investitore dovrebbe trovare risposta prima di investire in oro è “quanto sono disposto a sottoperformare il mercato (cioè la media degli investitori) in determinate fasi?”
Diversificare funziona in entrambi i sensi: nel bene e nel male.
Se nel breve termine non si è disposti a tollerare periodi di performance inferiori rispetto ai nostri conoscenti, amici e parenti, meglio ridurre o rinunciare a questa preziosa (in tutti i sensi) asset class.
” lI vero investitore non ha mai , o quasi, la necessita’ di vendere le
proprie azioni, e puo’ ignorare le quotazioni di mercato.
L’investitore che si preoccupa o che fugge in preda al panico a causa del
declino del mercato sta trasformando perversamente un suo basilare
vantaggio in uno svantaggio.
Sarebbe meglio che le sue azioni non avessero alcuna quotazione di
mercato, perché’ cosi gli sarebbe risparmiato il tormento mentale causatogli dall’errore di giudizio di altri ”
Beniamin Graham
…l’oro deve essere sempre detenuto non per il suo prezzo di mercato ma per il suo duplice incoerente significato: lusso e rifugio alias ingordigia e salvezza, il connubio di queste sue caratteristiche lo rende intramontabile. Buon rientro David!