LA FINE DEL BUY AND HOLD

Una delle strategie di investimento più amate, l’approccio buy & hold,  sta pericolosamente scricchiolando stretta nella morsa della volatilità prepotentemente ritornata sui mercati.
La strategia buy and hold infatti, che ricordo essere quella strategia che prevede di mantenere un portafoglio relativamente stabile nel tempo a prescindere dai mutamenti di scenario del breve periodo, potrebbe essere arrivata al capolinea.

I risultati realizzati dai modelli buy and hold più diffusi nella prima metà dell’anno sollevano sicuramente qualche legittima preoccupazione (in questo articolo analizzo le recenti performance delle principali strategie B&H).

In questo articolo esamineremo le motivazioni alla base della critica alla logica buy & hold, quali siano le realistiche prospettive di questa tecnica di investimento  e se sia possibile apportarvi eventuali correttivi.

Perché il Buy and Hold è finito

Improvvisamente si sono catalizzati una serie di fattori che rappresentano la tempesta perfetta per le tradizionali logiche di diversificazione:

l’inflazione è sui massimi degli ultimi 40 anni, le banche centrali hanno drasticamente invertito la rotta, e l’inasprimento delle  tensioni geopolitiche tra oriente e occidente  hanno creato clima profondamente ostile alla logica buy and hold.

Siamo praticamente entrati in un regime opposto rispetto a quello degli ultimi 13 anni caratterizzato da bassa inflazione, banche centrali generose e relativa distensione politica dove l’approccio “compra e mantieni” aveva prosperato serenamente.

Questo problema risulta particolarmente evidente osservando le performance del sistema buy and hold più diffuso: il portafoglio 60/40.

peggior anno portafoglio 60 - 40
Fonte: Fabric

Il grafico mostra i risultati annui realizzati dalla combinazione 60% S&P500 40% Barlclays Global Aggregate.
L’anno deve ancora finire ma siamo comunque a una perdita di oltre il 15%: Il peggior primo semestre degli ultimi 60 anni.
I presupposti per porsi dei legittimi dubbi ci sono tutti.

Prima di procedere nell’analisi una doverosa precisazione:
durante ogni bear market viene proclamata la fine dell’approccio buy & hold:

La situazione che stiamo vivendo è sicuramente diversa come diverso è ogni mercato ribassista.
Il fatto che da più fronti si inizino a sollevare dubbi non è, però, un motivo sufficiente per credere che l’approccio buy and hold sia definitivamente superato.
Dovremo fare lo sforzo di analizzare la situazione in modo più approfondito per non cadere vittime di scaltre strategie di marketing spesso volte ad arricchire chi le propone, non certo il portafoglio degli investitori.

L’alternativa all’approccio Buy and Hold

Ci sono solo due buone sensazioni nell’investire. Uno è essere nel mercato quando sta salendo e l’altro è essere fuori dal mercato quando sta scendendo.

Jim Rohrbach

 

E’ interessante notare come il presupposto alla base delle tesi degli oppositori del buy and hold sia la logica all inall out, strategia che si attua solo e soltanto attraverso un’attività frenetica sul mercato azionario:
Nella maggior parte dei casi ci si dimentica completamente che nel buy & hold il portafoglio di investimento è costruito utilizzando molteplici asset di cui l’azionario è solo una parte.
Ovviamente questo cambio repentino di focus, indirizzato solo e soltanto sul mercato azionario, esclude il raffronto con l’andamento di una combinazione di diverse asset class e con la loro funzione all’interno della strategia buy & hold (come, ad esempio, il ribilanciamento).

Infatti l’alternativa che viene proposta è quella di seguire un approccio dinamico e flessibile che consenta di entrare e uscire dal mercato in modo tempestivo.
L’ambizione è quella di sfruttare i rialzi fino a quando è possibile ed evitare i ribassi dei mercati azionari.
Un approccio che può essere messa in pratica tramite roboadvisor, algoritmi o prodotti di investimento flessibili.

Nick Maggiulli (consulente e blogger statunitense) ha recentemente pubblicato un’interessante analisi sugli approcci basati sul market timing.
La premessa che fa l’autore è che nessuno dispone di informazioni da insider che consentano di individuare esattamente il massimo e il minimo del mercato.
E’, tuttavia, possibile seguire un approccio metodico che consenta, con ragionevole certezza, di vendere in prossimità dei massimi e comprare in prossimità dei minimi.
La soluzione ipotizzata da Nick Maggiulli prevede precise regole di ingresso e uscita dal mercato azionario.
Nel suo articolo (che ti invito a leggere a questo link) Nick Maggiulli dimostra che una strategia di market timing sistematicamente replicabile, funziona meglio del buy and hold sia durante i periodi caratterizzati da lunghi mercati ribassisti (2000 – 2010) sia nel lunghissimo periodo (1950 – 2019).

Gli inconvenienti di questo tipo di sistema sono due:

  1. Questa tecnica di market timing è caratterizzata da lunghissimi periodi di sottoperformance rispetto alla classica strategia buy and hold;
  2. E’ necessaria una rigorosa disciplina e un’improbabile freddezza emotiva per attenersi con fermezza alle regole di ingresso e di uscita.

I limiti dell’approccio Buy & Hold

Il Buy and Hold vacilla sempre durante le fasi più critiche del mercato, quando sembra certo che il trend di crescita sia destinato a invertirsi.
La crescita è troppo lenta per essere misurata con soddisfazione dall’occhio umano, le battute di arresto sono invece troppo repentine per poter essere ignorate.
I rialzi dei mercati sono processi lenti e che durano a lungo, mentre i ribassi sono eventi improvvisi e violenti che durano poco tempo rispetto a un orizzonte di investimento corretto.
In altre parole, anche se sui mercati e in economia le cose “vanno bene” per la maggior parte del tempo, non riusciamo ad ignorare quelle situazioni in cui, sporadicamente, c’è una battuta di arresto.
E questo è assolutamente comprensibile anche a livello biologico, visto che siamo portati ad alzare il nostro livello di guardia quando la situazione intorno a noi invia segnali di pericolo.
E’ il motivo per cui nei secoli abbiamo assistito all’evoluzione e alla crescita (a volte non troppo etica) dell’essere umano.

Ovviamente dobbiamo essere consapevoli che nel percorso che porta alla crescita accadranno sicuramente cose terribili. 
Il presupposto alla base di una corretta strategia Buy and Hold è, che, evitare gli eventi nefasti (che sicuramente si verificheranno) è impossibile. 
L’obiettivo non è quello di sottrarsi ai ribassi ma quello di sfruttare la crescita (che è lo scenario dominante) cercando di sbagliare il meno possibile per restare in gioco il più possibile.
Il Buy and Hold non è morto, sta semplicemente funzionando diversamente rispetto alle aspettative che ci siamo creati  durante il mercato rialzista: il disagio per le perdite, l’incertezza, il dubbio che questa volta sia davvero diverso rappresentano il prezzo da pagare per ottenere i rendimenti a lungo termine a cui tutti ambiamo.

Buy and Hold: cosa è veramente morto

E’ innegabile che qualcosa sia effettivamente cambiato.
Tutto potrebbe tornare come prima ma è altrettanto probabile che dovremo relazionarci con mercati finanziari diversi rispetto a quelli dell’ultimo periodo.

Volatilità e tempi di recupero

In tutta questa complessità credo ci sia un aspetto relativamente chiaro: sono morti i rimbalzi a “V” e la bassa volatilità che hanno alimentato nel tempo aspettative di rendimento poco ragionevoli.

Questo grafico mostra il livello di volatilità (cioè  di instabilità del portafoglio) di un portafoglio 60/40 nel corso degli ultimi   anni:

Rispetto all’inizio degli anni 80 la volatilità (linea blu e linea gialla) del 60/40 è progressivamente scesa.
Questo significa che un tradizionale portafoglio bilanciato, negli ultimi 10 anni, è cresciuto in modo relativamente lineare.
Hanno contribuito a questa linearità un basso livello di inflazione e l’attivismo delle banche centrali che si sono impegnate negli acquisto di titoli   (quantitative easing)  garantendone la stabilizzazione dei prezzi. 
A quanto pare la tendenza si è invertita e dovremo abituarci a convivere con una maggiore volatilità. Questo significa, ahimé, ribassi più frequenti e tempi di recupero più lunghi.

Rendimenti

E’ difficile pensare che rivedremo presto i rendimenti degli ultimi anni.
La crescita dei mercati è stata supportata da circostanze che difficilmente si ripresenteranno in tempi brevi:

  • Il declino dei tassi di interesse:
    La conseguenza del tracollo dei tassi è stata duplice. 
    Da una parte ha indirizzato i capitali alla ricerca di rendimento verso l’unica alternativa possibile: le azioni (There Is No Alternative). L’afflusso di capitale sui mercati azionari ha contribuito a sostenerne la crescita.
    Dall’altro il ribasso dei tassi ha consentito alle società di contenere i costi sui finanziamenti destinati agli investimenti aziendali. Minori costi si traducono in un aumento dei profitti che, ancora una volta, va a beneficio delle quotazioni e dei rendimenti azionari;
  • Globalizzazione:
    Grazie alla globalizzazione le aziende sono riuscite a reperire manodopera e materie prime a basso costo fuori dai propri confini nazionali. Addirittura intere catene produttive sono state trasferite nei paesi dove vi era maggiore convenienza economica.
    Il Covid e le tensioni geopolitiche hanno messo in evidenza i problemi di questo modello mettendo in moto il processo inverso. Impossibile prevedere quanto questa inversione sarà profonda ma, in tutta probabilità, comporterà un aumento dei costi di produzione (e una diminuzione degli utili)
  • Regime di tassazione favorevole:
    Il regime di tassazione sugli utili aziendali (soprattutto negli Stati Uniti) si è fatto sempre più favorevole.
    Vista l’entità dei debiti pubblici è improbabile che la pressione fiscale si mantenga su questi livelli.
contatta David Volpe

Come migliorare una strategia Buy & Hold

Le strategia buy and hold non sono andate particolarmente bene nell’ultimo periodo.
Non stiamo affatto assistendo alla fine della logica buy and hold, stiamo semplicemente vedendo quale sia uno degli aspetti di questo approccio: in condizioni di mercato avverse questo sistema non fa necessariamente quello che vorremmo facesse.
Ci sono fasi in cui dobbiamo accettare le perdite (sempre recuperabili).

Possiamo seguire  alcuni accorgimenti per migliorare l’efficienza della nostra asset allocation:

  • Investimento fattoriale:
    Oltre alla tradizionale matrice  geografica, l’esposizione azionaria può essere diversificata anche sulla base di specifiche caratteristiche che influiscono sul rendimento e la volatilità dei titoli (appunto i fattori di investimento );
  • Asset alternativi:
    L’utilizzo di asset class alternative a quelle tradizionali come private equity, private debt e fondi alternativi può contribuire a mitigare i drawdown e migliorare i rendimenti; 
  • Liquidità:
    Si parla spesso dell’inutilità dei soldi in conto corrente esposti all’erosione ad opera dell’inflazione.
    In realtà, una giusta dose di liquidità può consentire di cogliere un’opportunità di investimento che, magari, arriva all’improvviso.
    Viviamo in un mondo dove oltre la metà delle transazioni è effettuato da algoritmi e computer che operano in frazioni di secondo.
    Oggi non esiste più il segnale di allarme lanciato dal lustrascarpe di Joseph Kennedy.
    I ribassi e le occasioni si presentano all’improvviso senza l’avviso di nessun lustrascarpe. Questi disastri rappresentano opportunità che solo chi ha liquidità prontamente investibile potrà cogliere;
  • Strategie flessibili:
    Destinare una parte residuale del portafoglio a strategie di investimento flessibili è una scelta che può contribuire a ridurre la volatilità. Si tratta, sostanzialmente, di delegare l’asset allocation tattica a prodotti di investimento che aumentano o riducono l’esposizione azionaria senza la necessità di interventi;
  • Aumentare l’orizzonte temporale:
    Chi ha davvero un orizzonte temporale di lungo termine, preferibilmente oltre i 10 anni, dovrebbe curarsi ben poco dei limiti temporanei di un approccio buy and hold. Secondo il principio della regressione verso la media, i rendimenti a lungo termine tendono sempre alla media storica.
    Un consiglio tanto banale quanto efficace è quindi quello di allungare il più possibile la prospettiva temporale dei propri investimenti

Conclusioni

La strategia di investimento buy and hold è la peggiore ad eccezione di tutte le altre 

Ben Carlson 

E’ possibile che il Buy and hold possa funzionare peggio rispetto a come ha funzionato negli ultimi anni. Questo non significa che sia una strategia di investimento superata.
Ma soprattutto le alternative possibili sono meno affidabili.
I grandi gestori e gli analisti che professano la fine del buy and hold stanno facendo semplicemente un gioco diverso dal tuo.
Spesso l’investitore di lungo termine può essere portato a pensare che altri investitori, ben più esperti, sappiano qualcosa di più. In realtà stanno giocando a un altro gioco in cui l’obiettivo è quello di guadagnare di più in minor tempo.
Decisamente meglio evitare: chi sta  decretando la morte del buy and hold è nel giusto ora ma sarà nel torto dopo.

Comprare e mantenere, certo, ma non dimenticarti di mantenere”
Mark Hulbert.

Leggi anche:
Proteggere il tuo lazy: come resistere alle tentazioni.

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4 Comments

  1. …mi permetto di dire che c’è una terza sensazione “a stare sul mercato”: lasciare lavorare il mercato continuando ad impegnarti a fare quello che ti ha creato l’opportunità di avere la possibilità di partecipare al mercato. In questo modo puoi approfittare di implementare, NON CAMBIARE, la tua strategia nei momenti come quello attuale creando valore con lo sconto del prezzo di acquisto. Rincorrere il mercato ti farà arrivare se va bene sempre secondo, mai primo! Buna domenica David

    1. La tua, Luca, è sicuramente un’osservazione di buon senso: “Non cambiare la tua strategia”.
      Resta il fatto che le cassandre del pessimismo, in momenti come questo, sono tremendamente ragionevoli e le tesi che adducono sembrano molto più ragionevoli delle tue.
      Questa è un estratto di una mail che ho recentemente ricevuto da una “famosa” società di consulenza: “ CON ELEVATA’ PROBABILITA’ POTREMMO ESSERE VICINI AD UN CROLLO
      MOLTO IMPORTANTE DEI MERCATI E ASSENZA DI RIPARTENZA A CAUSA
      DELL’ ENORME DEBITO PRIVATO E GOVERNATIVO ACCUMULATO
      IN QUESTI ANNI e alterazioni mercati da parte delle banche centrali.
      Lavoriamo con il sistema bancario e finanziario italiano e americano da
      circa 20 anni ai massimi livelli…”

      Spesso non fare niente è la cosa migliore da fare. Ma quanto è difficile rimanere impassibili quando tutti invitano all’attivismo.
      Grazie Luca per il tuo puntuale contributo.

      1. Un buon compromesso magari è distinguere tra asset allocation strategica e asset allocation tattica. Fare un po’ di market timing nei ribilanciamenti tra le asset classe di un lazy portfolio (azioni, obbligazioni, oro, materie prime), ma solo in misura limitata, senza deviare troppo dalla asset allocation strategica (rubo a Fulvio Marchese i concetti). Un buon compromesso tra non fare niente e fare troppo no? Cordiali saluti

        1. L’idea è proprio quella di creare sinergia tra asset allocation strategica e asset allocation tattica avendo cura di delimitare con regole precise la percentuale del portafoglio da destinare a quest’ultima. Solo in questo modo l’eventuale errore avrà conseguenze trascurabili.

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