La prima parte dell’anno si chiude con una performance sorprendentemente positiva per i mercati azionari. Almeno fino a oggi il 2023 è stato invece molto più sofferto per le obbligazioni che hanno seguito un andamento decisamente piatto, se non addirittura negativo.

E pensare che proprio i bond sembravano essere l’asset class da preferire viste le incertezze sulla tenuta dell’economia.
Per il futuro poco cambia: lo scenario continua a presentarsi maledettamente incerto.

Che fare, dunque, per aumentare le potenzialità di recupero dei portafogli:
è giunto il momento di spostarsi dai bond alle azioni per meglio sfruttare la fase di rialzo? 
Oppure, meglio sostituire i bond con la liquidità in modo da sfruttare possibili ribassi delle azioni?

Un portafoglio senza bond recupera più velocemente?

Il 2023 si era aperto con i migliori auspici per le obbligazioni che, grazie al rialzo dei rendimenti, avrebbero dovuto offrire ritorni quasi certi riscattandosi, almeno in parte, dai pessimi risultati del 2022.
Tutta la prima parte dell’anno ha invece visto un deciso scetticismo sulle sorti delle azioni a causa dei timori per l’arrivo di una recessione.
Le cose poi sono andate diversamente:

S&P500 vs Treasury – Fonte: Koyfin

Reduci da un 2022 da dimenticare e speranzosi che il nuovo anno potesse portare un po’ di conforto, adesso molti investitori si interrogano sul da farsi.
L’impressione fastidiosa è che i bond abbiano acquisito una particolare attitudine a scendere verso il basso, ma siano totalmente incapaci di sfruttare fasi positive.

La conclusione naturale che si può trarre osservando i movimenti delle due principali asset class è che un portafoglio senza bond possa funzionare meglio e recuperare in modo più rapido ed efficace i ribassi del 2022, almeno nell’immediato.

E’ davvero così?

Per trovare la risposta a questa domanda occorre prima comprendere se i ribassi obbligazionari dell’entità vista nel 2022 siano ripetibili  e quale sia il ruolo dei bond all’interno di un portafoglio diversificato.

Evento di coda o nuovo regime per le obbligazioni?

In ambito finanziario le situazioni che hanno una bassa probabilità di verificarsi vengono definite eventi di coda.
Si tratta dei cosiddetti cigni neri: eventi rari e imprevedibili che possono avere conseguenze dannose per i portafogli.

L’impatto di un evento di coda sul portafoglio di un investitore può essere tale da indurlo a credere che l’asset allocation scelta necessiti di una radicale modifica.
Fa parte della nostra natura essere condizionati in modo più evidente dagli avvenimenti recenti che ci inducono a pensare che le regole avvalorate dai dati storici debbano essere sostituite da un nuovo regime.
Così si procede alla modifica del portafoglio in modo che possa reagire in modo più efficace a eventi (rari) e situazioni che si sono presentate in tempi più recenti.
Quello che ci sembra logico, in realtà, diventa controproducente perché rimaniamo intrappolati da ciò che è successo nel recente passato che ci porta a pensare che ciò debba ripresentarsi, dunque è necessario predisporre le necessarie contromisure sul portafoglio.

Questo tipo di comportamento viene definito look ahead bias: consiste nell’analizzare un evento raro (evento di coda, come l’attuale performance dei bond) del recente passato pensando che fosse prevedibile e che sia destinato a ripetersi.
Si pensa così di poter modificare il portafoglio rendendolo più efficiente, tenendo conto degli ultimi sviluppi di mercato.
Si tratta di un atteggiamento che, a prima vista, pare di assoluto buon senso ma che, in realtà, tende ad indebolire l’asset allocation.
I ribassi sofferti dai bond nell’ultimo periodo (che, ormai, si protrae da oltre un anno) sono un “evento di coda”. Il problema principale è stato il rendimento sottostante: già in passato le obbligazioni avevano subito periodi più o meno bui ma il rendimento offerto dalle cedole aveva contribuito ad attutire il ribasso complessivo.
Grazie al rialzo dei rendimenti, adesso siamo ritornati alla situazione del passato.

La funzione dei bond in portafoglio

Il ruolo principale dei bond è quello di attutire l’impatto sul portafoglio dei ribassi azionari durante crisi e recessioni.
La spiegazione è relativamente semplice: durante recessioni e crisi (che possono essere più o meno intense), aumenta la disoccupazione, aumentano i fallimenti, calano gli utili aziendali e le quotazioni delle azioni.
In questo contesto incrementa la richiesta di asset rifugio come i titoli di stato dei paesi più solidi: l’aumento della domanda ne fa salire il prezzo.
Ma, soprattutto, durante una recessione, le banche centrali fanno l’esatto contrario di quello che stanno facendo da un pezzo a questa parte: tagliano i tassi di interesse per stimolare la ripresa economica.
Il taglio dei tassi, per pura matematica, determina un aumento dei prezzi dei bond:
visto che i titoli di stato di nuova emissione offriranno un rendimento più basso (a causa del taglio dei tassi da parte delle banche centrali), i vecchi titoli di stato saliranno di prezzo perché riconoscono un rendimento più elevato.

Questa immagine mostra l’andamento contrapposto di azioni (azionario globale) e obbligazioni (titoli di stato globali) nel corso delle ultime recessioni più gravi:

Azionario globale vs Obbligazionario governativo globale – Fonte: Backtest curvo

Nelle ultime tre crisi globali (scoppio della bolla delle dot.com, grande crisi finanziaria, pandemia globale), le obbligazioni hanno seguito un andamento contrapposto rispetto alle azioni fornendo protezione ai portafogli bilanciati.
Allora perché non è accaduto nel 2022? Perché non sta accadendo nel 2023?
Come abbiamo avuto modo di vedere anche in altri post, la variabile che pregiudica l’efficacia protettiva dei bond è l’inflazione: in contesti di elevata inflazione le obbligazioni soffrono al pari delle azioni (dovranno dunque essere utilizzate anche altre asset class per un’efficace diversificazione).

Propongo ancora questa grafica per spiegare  il legame azioni obbligazioni:

La parte in basso mostra i livelli di inflazione nel tempo, la parte in alto il legame tra azioni e obbligazioni: le aree rosse contraddistinguono i periodi in cui azioni e obbligazioni scendono in modo simultaneo, le aree verdi i periodi in cui azioni e obbligazioni si muovono in modo contrapposto.
E’ possibile rilevare che le aree rosse corrispondono ai periodi di elevata inflazione.
La linea orizzontale evidenzia, invece, l’attuale livello di inflazione: siamo finalmente scesi al di sotto della soglia entro la quale i bond tornano a offrire protezione dai ribassi delle azioni.

Come proteggersi dai rischi ora

Ammesso che siano mai esistiti contesti di mercato facilmente interpretabili, quello attuale rimane particolarmente incerto e di difficile comprensione.
Dopo tanto scetticismo, gli investitori adesso iniziano a credere in un’economia più forte e più solida di quanto stimato  all’inizio dell’anno.
In altre parole inizia ad aumentare la fiducia nel fatto che le azioni possano continuare a fare bene.

Bisogna comunque considerare che alcuni degli elementi che hanno permesso all’economia (e alle azioni) di resistere ai rialzi delle banche centrali iniziano a venire meno.
E’, ad esempio, il caso del risparmio in eccesso accumulato dalle famiglie durante la pandemia (grazie ai sussidi dei governi e all’impossibilità di spendere per i lockdown)  che inizia ad esaurirsi.
E’ quindi possibile che ci addentreremo nella seconda parte dell’anno con un rallentamento più significativo della crescita e con la prospettiva di una recessione che non può dirsi definitivamente archiviata.
E vista la discesa dell’inflazione ,viene progressivamente ripristinata la funzione protettiva dei bond proprio in caso di recessione. 
Lo sbaglio più grande che l’investitore potrebbe fare è quello di abbandonare i bond proprio adesso che rappresentano una difesa da potenziali ribassi delle azioni.

Questo non significa che si debba sperare in una recessione: nel momento in cui l’inflazione si stabilizza e le banche centrali interrompono il ciclo di rialzi, le obbligazioni tornano ad offrire rendimenti interessanti.
Questa tabella mostra il rendimento delle diverse asset class obbligazionarie nei 6 e nei 12 mesi successivi alla fine del ciclo di rialzi:

Rendimenti bond dopo la fine del ciclo di rialzi dei tassi – Fonte: Putnam Investments

Stiamo parlando di rendimenti aggiuntivi rispetto a quanto offerto dai titoli di stato a breve termine (il rendimento dei titoli di stato a tre mesi negli Stati Uniti alla data di stesura di questo post è pari al 5% circa).

Conclusioni

Il più grande sbaglio che gli investitori possano fare è credere che ciò che è accaduto nel recente passato probabilmente continuerà ad accadere nel futuro.

Ray Dalio

Periodicamente i mercati finanziari attraversano fasi di rara instabilità che colpiscono l’una o l’altra asset class.

Mentre i ribassi azionari sono un evento piuttosto comune, drawdown e performance deludenti come quelle che abbiamo visto nel mercato obbligazionario sono da considerarsi “eventi di coda”: si tratta di situazioni più uniche che rare.
Del resto, come abbiamo detto più volte, in economia accadono continuamente cose che non erano accadute prima.
Pensare di prendere le contromisure necessarie per prepararsi a un nuovo evento di coda in realtà impedisce al portafoglio (modificato) di comportarsi adeguatamente per la maggior parte del tempo.

Rimuovere o alleggerire i bond dall’asset allocation in questo momento significa comprometterne la resistenza alla prossima recessione.
Inoltre oggi i bond, oltre ad aver “riacquisito” la propria funzione protettiva, sono diventati un’asset class portatrice di performance nel medio periodo grazie al rialzo dei rendimenti.

Faccio i miei migliori auguri a chi pensa di poter eliminare i bond dal portafoglio in favore delle azioni pensando di poterli  reinserire nel momento più opportuno. 🤞

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3 Comments

  1. Suggerisco una domanda da fare al proprio consulente: fatevi dire quanto rendeva a scadenza l’etf o il fondo obbligazionario detenuto a gennaio 2022 e quanto rende oggi, sempre a scadenza, il medesimo strumento. Poi fate una banale differenza tra i due risultati complessivi, togliete le spese correnti per gli anni si scadenza degli strumenti analizzati, alle date prese a campione in precedenza e passa la paura, sempre con la FORZA DELLA DIVERSIFICAZIONE, seppur specifica, che rende quasi certi tali risultati. Buona domenica

  2. ciao David come sempre inizio dicendoti che sono un assiduo lettore e molto di quello che so l’ho imparato dal tuo blog. Ho una domanda relativa ai bond in un ptf lazy. Ora che siamo davanti alla concreta possibilità del pivot dei tassi e che ho accumulato un 30% di eurobond tramite ETF Vgea dovrei ragionevolente aspettarmi un buon ritorno dallo strumento mano a mano che i tassi scenderanno. Poniamo che tra 5/6 anni ci sia un nuovo rialzo dei tassi in vista, cosa dovrebbe fare un investiture pigro per mantenere il suo profilo di rischio? Accettare che questi bond scendano? Vendere Vgea che è sensibile ai tassi e comprare bond più a breve scadenza mantenendo la sua % di bond in ptf? Bond Indicizzati (con i loro limiti)? Altro? Grazie!

    1. Rimanere “pigri” è molto più difficile di quanto si possa pensare: siamo tutti investitori lazy finché i mercati salgono. Nella logia lazy una volta inserita un asset class all’interno del portafoglio deve rimanerci in modo strategico: si dovrà, piuttosto, provvedere a ribilanciare (incrementandola) nelle fasi di ribasso. Pensare di vendere un asset class “pensando” che “ragionevolmente” possa scendere è la strada migliore per fare errori. Volendo guardare al contesto attuale, ormai il cigno nero sul mercato dei bond è arrivato. E’ probabile che la sofferenza dei bond permanga ancora ma questo è il momento per accumulare (ribilanciando con pazienza). Prevedere quella che sarà la direzione dei tassi in futuro è tanto arduo quanto prevedere l’andamento del mercato azionario.

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