Siamo da poco entrati nella seconda parte dell’anno e il mercato continua a fare quello che meglio gli riesce: lanciare segnali contraddittori che disorientano gli investitori.
Se da un lato il primo semestre ha visto le azioni mettere a segno un deciso recupero, dall’altra permangono ragionevoli dubbi sulla prosecuzione del trend rialzista.

In questa fase è normale sentirsi dubbiosi e incerti sul da farsi.
In questo articolo cercheremo di inquadrare in modo razionale l’attuale contesto di mercato per prepararsi al futuro in modo consapevole.

Luci e ombre sui mercati azionari

Sembra proprio che a ogni elemento che supporta la tesi di una prosecuzione dei rialzi, si possa trovare una ragionevole giustificazione che avvalora la tesi opposta.
Si tratta di una contrapposizione molto frequente in finanza. Ci sono periodi in cui ci prestiamo maggiore attenzione, altri in cui siamo, invece, un po’ meno coinvolti.

Proviamo ad analizzare tesi e antitesi.

Scarsa partecipazione ai rialzi

Ombre

La maggiore perplessità sulla prosecuzione della recente tendenza positiva dei mercati azionari riguarda la scarsa partecipazione ai rialzi:
il rimbalzo è stato guidato da un numero ristretto di titoli, principalmente rappresentato dalle grandi megacap statunitensi.

Luci

In realtà nelle ultime settimane si è sensibilmente esteso il numero di titoli azionari che stanno alimentando il trend rialzista.
L’immagine che segue mette a confronto l’S&P500 (il principale indice azionario statunitense)  con la sua versione equal weighted.
A differenza della versione tradizionale, nell’S&P500 equal weighted ognuno dei 500 titoli che rappresenta il mercato azionario statunitense è rappresentato nella stessa percentuale (lo 0,2%) a prescindere dalla sua importanza.
Le prime 7 società statunitensi (Apple, Microsoft, Amazon, Nvidia, Tesla, Google, Facebook) rappresentano il 25% del mercato azionario.
Tradotto: basta un rialzo di questi sette colossi per far salire l’intero mercato. Tuttavia una dinamica di questo tipo indicherebbe una certa fragilità proprio perché coinvolge soltanto una minoranza di società.

S&P500 CAP WEIGHTED VS EQUAL WEIGHTED
S&P500 cap weighted vs S&P500 equal weighted


Effettivamente possiamo notare che da marzo l’S&P500 (blu) ha distanziato l’S&P500 equal weighed (verde).
Questo significa che solo le poche azioni più importanti dell’indice hanno guidato i rialzi.
A partire da giugno, invece, la dinamica è cambiata: l’indice equal weighted ha ripreso a salire riducendo il davario con l’S&P500.
Ciò significa che è aumentata la percentuale di titoli in crescita rendendo più solido il trend di risalita.

Valutazioni eccessive

Ombre

Molti analisti mettono in guardia contro le valutazioni delle azioni che, dopo i rialzi del 2023, avrebbero raggiunto livelli poco giustificabili.
Si dice che le valutazioni siano eccessive (e quindi non giustificabili) quando i prezzi delle azioni sono troppo alti rispetto agli utili che le aziende riescono a realizzare.
Viceversa le azioni sono a buon mercato quando i prezzi sono bassi rispetto agli utili.
Il price earning è uno degli indicatori che esprime il livello delle valutazioni: tanto più è elevato tanto più il mercato azionario è caro.

Prendendo ancora come riferimento il mercato più rappresentativo (e più caro) al mondo, questa grafica mostra l’andamento dei diversi tipi di  valutazione  per l’S&P500:

Fonte: T.Rowe Price

La linea celeste mostra le valutazioni per le 7 società principali, la linea verde le valutazioni delle rimanenti 493 società della borsa statunitense e la linea blu le valutazioni per l’intero mercato azionario statunitense (S&P500).

Luci

Quello che emerge è che i prezzi sono decisamente “cari” per le 7 megacap,  per i rimanenti titoli forse le valutazioni non sono così a buon mercato ma neppure esageratamente folli.

Dal pessimismo all’euforia

Una delle lezioni che i mercati tentano ripetutamente di insegnarci è quella che mette al centro l’importanza dell’umore degli investitori (cd. sentiment).

Il pessimismo è estremo dopo un periodo di prolungati ribassi.
E’ in questa fase che bastano poche notizie meno peggiori del previsto per innescare un rimbalzo.
Viceversa quando i mercati navigano nell’ottimismo, le azioni diventano vulnerabili alle sorprese negative e a potenziali ribassi.

Possiamo trovare una motivazione di natura tecnica:
se tutti sono pessimisti significa che molti investitori hanno venduto e sono già fuori dal mercato.
Difficile quindi che arrivi un’ondata improvvisa di nuove vendite in grado di deprimere ulteriormente le quotazioni. 
Viceversa quando regna l’ottimismo, la maggioranza degli investitori ha già comprato azioni confidente in ulteriori rialzi.
Paradossalmente è in questo momento che sorprese negative possono spingere questa maggioranza a vendere  spingendo al ribasso le quotazioni.
Del resto anche Warren Buffett suggerisce di essere avidi quando gli altri sono cauti e cauti quando gli altri sono avidi.

Ombre

Uno degli elementi che ha contribuito a facilitare il rialzi nel 2023 è proprio il pessimismo che aveva raggiunto livelli estremi.
Adesso gli investitori (grandi e piccoli), iniziando a confidare in una prosecuzione dei rialzi delle azioni, sono tornati a comprare.
Nel momento in cui tutti questi investitori si troveranno a fare i conti con la dura realtà (cioè una recessione), torneranno a vendere e le azioni torneranno a scendere.

Luci

Questo grafico mostra la percentuale di investitori privati che si dicono rialzisti (cioè bullish) sul futuro del mercato azionario:

Percentuale investitori rialzisti – Fonte: American Association of Individual Investors

La percentuale di rialzisti è sicuramente aumentata ma siamo comunque decisamente lontani dai livelli di euforia raggiunti in passato.

Vediamo adesso qual è l’atteggiamento dei gestori dei fondi di investimento.
Questo grafico mette a confronto l’andamento dell’S&P500 (nella parte alta in arancione ) con l’esposizione azionaria dei grandi asset manager (nella parte bassa in blu):

S&P500 vs Esposizione azionaria Asset Manager – Fonte Willie Delwiche

Dall’analisi del grafico emergono alcune questioni:

  1. Gli asset manager non sono particolarmente abili nell’attività di market timing: l’esposizione azionaria è decisamente elevata prima dei ribassi e decisamente bassa prima dei rialzi;
  2. Gli asset manager nel corso degli ultimi mesi hanno decisamente incrementato l’esposizione alle azioni;
  3. In passato il rialzo dell’S&P500 è sempre stato accompagnato da un certo scetticismo. Progressivamente gli asset manager aumentano l’esposizione alle azioni favorendo il movimento al rialzo. 

Per quanto stia venendo a mancare il pessimismo che ha agevolato la risalita degli indici siamo ancora nella fase iniziale del cambiamento di atteggiamento.
Arriverà, prima o poi, la fase di euforia come accade in ogni ciclo di mercato ma, almeno per il momento, sembra prematuro parlare di eccessi.

Il vero problema: la tenuta degli utili aziendali

Quello che conta di più per il futuro dei mercati azionari è l’andamento degli utili aziendali: fino a questo momento, nonostante i timori per la crescita economica, gli utili delle aziende hanno tenuto relativamente bene.

Resta ora da capire quanto a lungo possa durare questa resistenza.

E’ appena iniziata la stagione dei bilanci trimestrali della prima economia mondiale: negli Stati Uniti gli analisti si attendono una contrazione degli utili di circa il 7%.
Questa immagine mostra le prospettive per i vari settori. Ho evidenziato le attese complessive per l’S&P500:

Stime analisti utili – Fonte: LPL Financial Research

Ricordiamo che i mercati, nella loro saggezza, tendono ad anticipare gli eventi e le prospettive economiche e non sono un indicatore puntuale dello stato di salute dell’economia.
In questo momento la prospettiva dei mercati è, appunto, quella di una contrazione degli utili quest’anno. I profitti torneranno poi a  riprendersi nel 2024.
Se questa attesa sarà confermata, il rialzo in corso sarebbe giustificato e potrebbe proseguire ben oltre.

Cosa potrebbe disattendere questa aspettativa?

Sappiamo ormai tutti che le banche centrali, per contrastare l’inflazione,  hanno messo in atto un prodigioso ciclo di rialzo dei tassi.
Tassi più elevati aumentano il costo dei finanziamenti per le famiglie che vedono alzare le rate di mutui e prestiti. Diminuisce così la capacità di spesa dei consumatori che ha, come conseguenza diretta, minori vendite e minori profitti per le imprese.
Fino a questo momento i profitti delle aziende sono riusciti a resistere relativamente bene al ciclo di rialzo dei tassi. Sarà così anche in futuro come previsto dai mercati o gli utili cadranno sotto il peso della stretta delle banche centrali?

Banche centrali e utili aziendali: meno peggio del previsto

Molti analisti spiegano che ormai è soltanto questione di tempo: l’economia e gli utili sono destinati a capitolare e con essi i mercati azionari.
Mai è successo che la crescita e i profitti siano riusciti a resistere a tassi così elevati.
Questa interpretazione, per quanto pessimistica, sembra ragionevole.

Tuttavia, per avere un quadro più rappresentativo, può essere utile non guardare solo ai tassi di interesse ma considerare un insieme di variabili un po’ più ampio.
Goldman Sachs ha elaborato un indice delle “condizioni finanziarie globaliche, oltre a i tassi, considera altri elementi utili (il costo complessivo dei finanziamenti, le quotazioni azionarie, la disponibilità di credito per famiglie e imprese) per valutare quanto il contesto economico/finanziario sia ostile alla crescita economica.
Quanto più alto è il livello di questo indicatore tanto più ostile è il contesto e, quindi, tanto più probabile è il declino degli indici.

Questa grafica di Fidelity mette a confronto l’indice delle condizioni finanziarie (Goldman Sachs Financial Condition Index – in blu) con il livello dei tassi della FED (estimated fed funds terminal rate).
La freccia gialla verticale indica il livello finale dei tassi previsto un anno fa.
La freccia gialla orizzontale mostra come l’attuale livello dell’indice delle condizioni finanziarie, nonostante la revisione al rialzo sui tassi, sia migliorato rispetto a un anno fa:

Financial Condition Index VS previsione tassi FED – Fonte: Fidelity

Nonostante il livello terminale dei tassi sia decisamente aumentato, l’ambiente finanziario non è poi così ostile ed è decisamente migliorato rispetto alla fine del 2022.
Se davvero è così la recessione che tutti si aspettavano potrebbe essere molto più lontana di quanto ipotizzato e, nel frattempo, i mercati azionari avrebbero spazio e tempo per ulteriori rialzi.
Ovviamente questa conclusione vale a condizione che la FED arresti la sua corsa ai rialzi e non punti al 6, 7% come pronosticato da Jamie Dimon patron di JP Morgan.

Conclusioni

Avere ragione in anticipo equivale ad avere torto

Marguerite Yourcenar

Il futuro dei mercati (e non solo) è per definizione incerto: per quanto si possano argomentare analisi ragionevoli e accurate, non potremo mai sapere con certezza come reagiranno economia e finanza alle possibili evoluzioni delle diverse variabili in gioco
.
Le riflessioni proposte non hanno certo l’ambizione di fornire indicazioni certe ma, piuttosto, servono come supporto per mantenere un certo livello di lucidità mentale:
la nostra mente, soprattutto nei momenti difficili, ha una particolare attitudine a dar credito a chi profetizza la catastrofe.
Nei contesti di mercato più avversi il pessimismo suona molto più plausibile e intelligente dell’ottimismo.
Chi è ottimista viene puntualmente accusato di non dare il giusto peso al rischio.

In realtà per ogni valida argomentazione pessimista ne possiamo trovare una ottimista altrettanto valida.

L’impressione sempre più forte è che, in questo ciclo di mercato che trova poche analogie con il passato, la recessione possa arrivare molto più in ritardo rispetto a quanto tutti si aspettano.
I mercati sono bravissimi a andare contro il consenso comune: probabilmente quando tutti i catastrofisti si saranno arresi all’evidenza dei rialzi dopo nuovi massimi dei mercati, solo allora arriverà la recessione e, con essa, i ribassi.

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