La fine dell’anno è, da sempre, tempo di bilanci.
Dopo un periodo sicuramente non semplice per i portafogli diversificati, è giunto il momento di fare qualche valutazione sui risultati ottenuti.
“Ciò che non uccide fortifica”.
Un anno difficile non uccide certo nessuno, anzi le esperienze complicate servono a imparare e a migliorarsi.
In questo articolo condivideremo quindi alcune valutazioni sulla diversificazione e sul comportamento dei più celebri lazy portfolio per capire quali insegnamenti trarne e come prepararsi per il futuro.
Indice
Un anno difficile per le principali asset class
Il bear market in corso, per quanto doloroso, a dire il vero non rappresenta niente di drammatico.
I ribassi fin qui subiti sono in linea con quelli mediamente registrati dalle azioni nei mercati ribassisti:



Il ribasso massimo toccato quest’anno dall’S&P500 è di poco superiore al 25% e si colloca all’interno della media dei bear market ( – 27% ca.).
Qualche tormento in più arriva a causa della durata dell’attuale mercato orso che con i suoi 11 mesi di ribassi finora accumulati, potrebbe essere destinato a superare la lunghezza media dei mercati ribassisti (appunto 11 mesi).
Il problema vero proviene dalla parte del portafoglio tradizionalmente più “conservativa”: per le obbligazioni il 2022 si sta rivelando il peggior anno di sempre.
L’indice global aggregate, che racchiude l’universo obbligazionario globale, con un ribasso massimo del 20% è entrato nel suo primo bear market dagli anni ‘90:



Questi sono i risultati del 2022 per azioni (indice MSCI ACWI) e obbligazioni (indice bloomberg global aggregate):



Ovviamente all’interno di queste due “macro” asset class si registrano risultati profondamente diversi (ad esempio l’obbligazionario europeo ha fatto molto peggio dell’obbligazionario globale, le small cap value US hanno fatto molto meglio dell’azionario globale ecc.).
In questo contesto come si sono comportati i principali lazy portfolio?
Lazy portfolio al test del 2022
Gli investitori hanno perso uno dei più importanti alleati degli ultimi 13 anni: le banche centrali.
La FED e gli altri istituti centrali hanno imbracciato l’artiglieria pesante per combattere l’inflazione.
Mentre fino al 2021 i mercati finanziari erano visti come uno strumento per trasmettere fiducia (ingrediente fondamentale per la stabilità economica), adesso il rialzo degli indici è addirittura sgradito perché rischia di vanificare gli sforzi nella lotta al caro vita (ne parlo più approfonditamente in questo post).
L’ostilità dei banchieri ha messo a dura prova i portafogli e l’efficacia della diversificazione.
Questi sono i risultati dei principali lazy portfolio (nella loro versione tradizionale) alla data di stesura di questo articolo:



La delusione più grande arriva proprio da uno dei portafogli più amati dagli investitori: l’All Seasons di Ray Dalio.
Mentre il lazy portfolio che meglio ha resistito alle turbolenze del 2022 è il Golden Butterfly (in questo articolo puoi trovare un’analisi dettagliata delle performance e dei ribassi storici dei più famosi lazy portfolio).
Le motivazioni di performance così divergenti sono chiaramente dovute al peso delle singole componenti che hanno fatto o particolarmente bene o particolarmente male.
Come già esaminato nel paragrafo principale, il 2022 è stato un anno difficile soprattutto per la parte obbligazionaria. In particolare le obbligazioni a lungo termine (massicciamente presenti nell’ All Seasons) sono state le più penalizzate dal rialzo dei tassi delle banche centrali. A poco è servito il contributo positivo di oro e materie prime nel portafoglio per tutte le stagioni.
All’opposto, il dollaro quest’anno ha svolto egregiamente la sua funzione di safe asset: il biglietto verde si è apprezzato di circa il 9%. I portafogli esposti al dollaro (attraverso fondi o etf che investono in bond a breve scadenza) come il Golden Butterlfy hanno tratto un significativo beneficiato dal cambio favorevole.
L’interazione tra le varie asset class e il comportamento di questi “modelli” di portafoglio stimola alcune riflessioni.
Lazy portfolio: come prepararsi al futuro
Il 2022 ha messo a dura prova i portafogli e i nervi degli investitori.
Proviamo adesso a mettere gli eventi nella giusta prospettiva per prepararsi ad affrontare il futuro nel migliore dei modi.
Obbligazioni
In questo 2022 molti investitori sono sicuramente rimasti delusi dall’efficacia della diversificazione.
I ribassi correlati di azioni e obbligazioni pongono, legittimamente, alcuni dubbi sull’opportunità di inserire bond in portafoglio: “Se i titoli di stato offrono rendimenti inferiori alle azioni e, oltretutto, non forniscono protezione dai ribassi azionari, per quale motivo dovrei inserirli in portafoglio?”
La risposta a questa domanda, che certamente sta tormentando molti lettori, può essere trovata in uno studio attento della storia.
A ben guardare non è la prima volta che azioni e obbligazioni scendono simultaneamente.



Questo grafico nella parte alta mostra la correlazione tra azioni e obbligazioni: i periodi contrassegnati in verde evidenziano una correlazione negativa (azioni e obbligazioni si muovono in direzione opposta: scendono le une, salgono le altre).
I periodi contrassegnati in rosso indicano una correlazione positiva (azioni e obbligazioni si muovono nella stessa: scendono entrambe e i titoli di stato non offrono protezione).
Come puoi vedere l’ultimo decennio è stato caratterizzato da una correlazione negativa (verde): le obbligazioni hanno fornito un’adeguata protezione contro i ribassi azionari.
Tuttavia la storia è stata caratterizzata da lunghi periodi di correlazione positiva (rosso) in cui i titoli di stato sono scesi (o saliti) insieme alle azioni.
Perché ci sono periodi in cui i bond riescono a proteggere (correlazione negativa) e periodi in cui falliscono miseramente (correlazione positiva)?
La risposta è nella parte bassa del grafico che mostra l’andamento dell’inflazione: quando l’inflazione sale in modo importante (come è accaduto nel 2022 e negli anni ‘70), i bond perdono la loro efficacia. Viceversa quando l’inflazione è bassa e si mantiene stabile le obbligazioni diventano un safe asset efficace.
Fino a quando l’inflazione resterà elevata è lecito aspettarsi che azioni e titoli di stato continueranno a muoversi nella stessa direzione. Nel momento in cui l’inflazione si stabilizzerà, i bond torneranno a svolgere la propria funzione.
Dunque che atteggiamento tenere verso le obbligazioni?
Con mercati nervosi e possibilità di recessione sempre più concrete, i bond restano un asset class irrinunciabile. E’ ormai evidente che il pericolo più grande sia quello di una recessione favorita anche dalle politiche delle banche centrali che nel tentativo di reprimere l’inflazione rischiano di soffocare la crescita economica (leggi il post dedicato). Con una prospettiva del genere, abbandonare i bond potrebbe rivelarsi un grosso errore.
Senza considerare che questa asset class oggi offre anche rendimenti inimmaginabili fino appena ad un anno fa.
Inflation linked
E’ difficile credere che con il livello di inflazione più alto degli ultimi 40, l’asset class che meglio dovrebbe fornire copertura abbia fatto registrare ribassi a doppia cifra.
Le obbligazioni inflation linked sono uno strumento estremamente interessante ma, al tempo stesso, molto difficile da comprendere.
Le obbligazioni indicizzate non coprono dall’inflazione attuale bensì dall’inflazione futura (cd. aspettative di inflazione).
Un rialzo repentino dei tassi a opera delle banche centrali penalizza le obbligazioni indicizzate al pari di quelle tradizionali (ne parlo dettagliatamente in questo post).
Il punto è che in questo momento l’opinione comune è che le banche centrali riusciranno a riportare l’inflazione sotto controllo.
Il grafico mostra l’andamento delle aspettative di inflazione:



L’opinione è che il prossimo anno l’inflazione scenderà in area 3% (come evidenziato dalla parte terminale del grafico).
Se ciò non dovesse verificarsi, (e l’inflazione futura dovesse sorprendere al rialzo) i bond indicizzati all’inflazione sarebbero l’asset class ideale.
Azioni
Il 2022 è stato l’anno della rivincita dei titoli energetici. Dopo anni di sottoperformance l’energia ha regalato grandi soddisfazioni agli investitori grazie alla complicità (tutt’altro che gradita) delle tensioni geopolitiche e della crisi energetica.
Tutt’altra storia per la tecnologia e per il real estate che, sotto i colpi dei rialzi delle banche centrali, sono stati tra i settori che più hanno sofferto.
Gli Stati Uniti continuano a mantenere il ruolo di leadership indiscussa (non è detto che sarà sempre così).
La raccomandazione, come sempre, è quella di mantenere la massima diversificazione geografica e settoriale senza avventurarsi in facili scommesse: non è assolutamente che ciò che è sceso di più salga prima, né che ciò che è salito continui a farlo.



Oro & Materie prime
Oro e materie prime sono le asset class che oggi tutti vorrebbero aver voluto in portafoglio.
Certo si tratta di componenti che dovrebbero essere sempre presenti in un asset allocation strutturata.
Tuttavia credo che in pochi siano consapevoli di quanto possa esser difficile gestire questi due elementi a dir poco instabili.
L’oro, un bene rifugio insostituibile, può riservare sorprese ben più amare di quella regalataci dai bond quest’anno.
Dopo il 2021 il lingotto ha imboccato un trend discendente che lo ha portato a perdere fino al 30%. Sono occorsi 7 anni per recuperare il terreno perduto:



Per le materie prime le sorprese possono essere addirittura più spiacevoli. Il trend ribassista delle materie prime è iniziato nel 2008 con un drawdown massimo di oltre il 50% e ben 14 anni per recuperare i livelli iniziali.



Per quanto un asset class possa essere importante, non ha senso inserirla in portafoglio se poi non si è in grado di gestirla e ribilanciarla correttamente.
(Leggi la guida per un corretto uso dell’oro – leggi la guida per un corretto uso delle materie prime).
Dollaro
Il dollaro è la valuta più diffusa al mondo che esprime la forza della prima economia mondiale.
Per l’investitore che intenda costruire un portafoglio “globale” non esporsi al dollaro è praticamente impossibile: gran parte delle asset class sono denominate in dollari e la copertura del rischio di cambio non sempre è una strategia ottimale.
Esporsi al dollaro, oltre ad essere praticamente inevitabile, può essere anche funzionale al contenimento dei rischi. Il dollaro è una safe currency cioè una valuta che tende ad apprezzarsi nelle fasi di instabilità finanziaria ed economica.
Tuttavia sarebbe un errore credere che il dollaro non possa scendere: i cicli valutari sono difficili da decifrare e la storia insegna che il biglietto verde non è sempre una scommessa vincente.
Il dollaro ha salvato (o comunque migliorato) le performance di molti portafogli in questo 2022.
Negli anni 2000, ad esempio, le cose sono andate molto diversamente.
Questo grafico mostra l’andamento del cambio dollaro/euro tra il 2000 e il 2009: in quel periodo l’apporto negativo della valuta più forte sarebbe stato del -40%:



Ecco perché, soprattutto dopo le performance stellari del 2022, è opportuno iniziare a preoccuparsi su come gestire il dollaro all’interno del proprio portafoglio (una guida in questo articolo).
Conclusioni
Nei prossimi 7, 10, 20 anni ci sarà una sola allocazione ideale a posteriori che, col senno di poi, vorremmo aver avuto.
William J. Bernstein
L’unico problema è che adesso non abbiamo alcun indizio che ci dica di quale portafoglio si tratti.
Perciò la cosa più sicura è detenere quante più asset class riesci: in questo modo puoi star certo di evitare la catastrofica eventualità di possedere un portafoglio focalizzato sulle asset class peggiori.
Per molti aspetti l’anno che si avvicina alla conclusione può indurre dubbi più o meno legittimi sull’efficacia della diversificazione.
Molte delle asset class difensive non hanno fornito protezione.
E allora? Quanti investitori impiegano il proprio capitale a gennaio per disinvestirlo a dicembre dello stesso anno?
Il tempo è l’asset class più importante: un orizzonte temporale di medio lungo periodo è l’unico che dà la ragionevole certezza di successo.
Dunque è importante che la diversificazione funzioni bene nell’arco degli anni. Non ha senso misurarne l’efficacia in giorni o in mesi.
L’aspetto su cui soffermarsi è che nessun investitore sa con certezza quando un asset class esprimerà il proprio valore all’interno del portafoglio di cui fa parte. Riuscire a tollerare il malfunzionamento nel breve periodo di alcune componenti del portafoglio e seguire una corretta attività di ribilanciamento richiede costanza e disciplina.
Dunque la riflessione finale è che un anno deludente non è un buon motivo per abbandonare il portafoglio scelto. Ci sarà sempre un’alternativa che, nel momento presente, sembra offrire migliori potenzialità.
Ecco perché è fondamentale individuare un asset allocation con cui ci si senta a proprio agio in qualsiasi condizione di mercato evitando di seguire le mode e i trend del momento.



Ti ricordo che giovedì primo dicembre alle ore 18:00 sarò ospite del webinar gratuito organizzato da Ascofind in cui, insieme ad altri professionisti, parleremo di costruzione di portafoglio, incertezza e orizzonte temporale.
Saremo lieti di rispondere alle tue domande che potrai porre durante la diretta.
Questo è il link per la registrazione: REGISTRATI
Questo è il link per partecipare alla diretta (previa registrazione): PARTECIPA ALLA DIRETTA
…il comune investitore non deve guardare il rendimento complessivo del portafoglio, lasciamolo fare agli statistici o “venditori”, ma concentrarsi a non perdere di vista il funzionamento del “bilanciere” dove sono collocati i “satelliti”per i singoli obiettivi stabiliti. Quando non hai problemi di liquidità e la struttura è solida, i ribassi si trasformano in opportunità per migliorare il risultato finale, infatti i suddetti “satelliti” sono ottimali se formati con il semplice “PAC”. Difficile? No, serve solo disciplina. Parere personale non qualificato. Buona domenica David