Prendendo spunto dalla richiesta di un mio lettore, che ringrazio per il suggerimento, oggi andremo a vedere le migliori strategie per costruire un lazy portfolio, o portafoglio pigro, che si basa sulla tecnica del Buy and Hold.
Un Lazy portfolio è un portafoglio costruito con fondi ed etf che richiede pochissima manutenzione, e per questo appunto denominato “pigro” (scopri anche gli altri lazy portfolio: All Seasons, 60/40, Swensen, Golden Butterfly, Pinwheel).
Uno dei problemi principali con cui l’investitore si trova a fare i conti nella costruzione di un portafoglio pigro è la complessità: come orientarsi tra i miliardi di soluzioni offerte dall’industria finanziaria per creare ad arte il proprio lazy portfolio?
La fase iniziale della selezione dei prodotti finanziari sarà fondamentale.
Dovranno essere scelti prodotti solidi da poter lasciare “riposare” in attesa che diano i loro frutti senza troppo impegno da parte dell’investitore.
Questo non vuol dire che nel tempo non sia possibile modificare o ribilanciare un portafoglio pigro, ma questa strategia è proprio pensata per chi preferisce prodotti finanziari che svolgano bene la loro funzione nel lungo periodo.
Esiste un’ampia gamma di portafogli modello ispirati alla logica del lazy portfolio tra cui, probabilmente, il Permanent Portfolio creato da Harry Browne (esperto di marketing, consulente finanziario, politico e scrittore americano) negli anni ‘80 è uno tra i più famosi.
In questo articolo cercheremo di capire come si costruisce “un lazy portfolio” permettendoci di riadattare i modelli originali al nuovo contesto di mercato sicuramente molto cambiato rispetto a 20 anni fa.
Indice
Obiettivo del portafoglio pigro
Il portafoglio è ideato per chi intende diversificare i propri risparmi in maniera semplice ed immediata senza preoccuparsi troppo del contesto di mercato, della scelta dei prodotti e dell’attività di manutenzione.
La strategia è basata sulla logica “Buy and Hold” (compra e mantieni) che, infatti, prevede l’investimento iniziale negli strumenti senza l’onere di movimentazione successiva.
Non sottovalutarlo: il principio che sta alla base di questa strategia è assolutamente sacrosanto.
Visto che siamo esseri umani e, in quanto tali, condizionati dalle emozioni e dalle sollecitazioni esterne (mezzi di informazione, dati aggregati, chiacchiere al bar…), le nostre decisioni, spesso, rischiano di non essere razionali e, dunque, controproducenti.
Evitare di decidere e, dunque, non fare nulla, spesso diventa la migliore scelta.
Lazy Portfolio: Il Permanent Portfolio di Harry Browne
Questa è la composizione prevista per il cosiddetto Permanent Portfolio dal suo autorevole ideatore, Harry Browne, che, ricordo, ha creato questa suddivisione negli anni ‘80, per un pubblico americano:


La finalità di questa soluzione è quella di creare un portafoglio che sia meno volatile di un portafoglio azionario o bilanciato (e quindi meno vulnerabile ai crolli di borsa), ma ovviamente anche meno redditizio:


Il grafico mostra l’andamento di un portafoglio “pigro” (permanent portfolio – linea blu) rispetto ad un portafoglio bilanciato (linea verde).
La differenza di rendimento nel tempo (10 anni) è evidente.
Tuttavia credo proprio che per molti investitori sia molto più facile accettare un rendimento inferiore mentre altri gioiscono per i guadagni del bull market , che rimanere investiti in azioni mentre il mercato crolla drammaticamente.
Quindi, appurata l’efficacia di questo modello, la questione si sposta sulla necessità di capire se:
- La soluzione si adatta all’investitore europeo? Il modello infatti nasce negli Stati Uniti ed è pensato per l’investitore americano. In particolare la parte obbligazionaria è investita in titoli di stato americani. Dunque espone gli appassionati del vecchio continente al rischio di cambio;
- Quanto si adatta la consistente esposizione alle obbligazioni all’attuale contesto di tassi eccezionalmente bassi? La metà del portafoglio è composta da obbligazioni che, visto il crollo dei rendimenti, difficilmente sarà in grado di replicare le performance del passato;
- Come interpretare il ruolo dell’oro? Come evidenziato in altri articoli, l’oro costituisce un asset strategico. Oggi più che mai, nonostante la crescita delle quotazioni, rappresenta un’efficace protezione dai rischi e un valido baluardo a difesa della svalutazione monetaria.
Tuttavia il suo andamento è tutt’altro che stabile.
Dunque? Come dovrebbe approcciarsi l’investitore europeo moderno a questa soluzione?
Un Lazy Portfolio rivisitato per l’Europa post-covid
Cerchiamo dunque di trovare una soluzione che mantenga la semplicità del permanent portfolio ma che si adatti all’investitore europeo permettendoci di apportare qualche correttivo.
Prediligeremo sempre, come indicato dall’autore, l’utilizzo di fondi ed etf a basso costo:
- Dollaro: la valuta e i titoli di stato statunitensi rappresentano, da sempre, uno degli asset in grado di offrire efficace protezione durante le fasi di turbolenza: l’investimento governativo americano e il dollaro svolgono un ottimo ruolo di investimento rifugio e costituiscono, perciò, un elemento indispensabile nella costruzione del portafoglio (link alla selezione di strumenti utilizzabili).
Al tempo stesso non possiamo trascurare gli inconvenienti di un’eccessiva esposizione al rischio valutario per l’investitore europeo. Dunque per la parte obbligazionaria a breve termine rimoduleremo l’esposizione ai bond inserendo obbligazioni europee (link alla selezione di strumenti utilizzabili); - Ulteriore integrazione dell’esposizione obbligazionaria: prevediamo l’inserimento di strumenti obbligazionari globali legati all’inflazione con copertura dal rischio di cambio (link alla selezione di strumenti utilizzabili).
Dobbiamo infatti considerare che oggi i rendimenti sono crollati rispetto agli anni in cui il Permanent Portfolio è stato concepito. Questo consentirà di difendere il portafoglio da possibili rialzi dei tassi e fiammate inflattive che non possiamo escludere a priori.
Inoltre, proprio per contrastare il problema dei bassi rendimenti, inseriremo anche obbligazioni cinesi. Questo asset, oltre a presentare capacità di copertura dai ribassi dei mercati azionari, offre rendimenti a scadenza ancora estremamente interessanti (ne parlo in questo articolo); - Parte azionaria: il modello originario prevede esclusivamente l’esposizione al mercato azionario americano. Sebbene gli USA siano stati il mercato più performante dell’ultimo decennio, il buon senso suggerisce sempre di diversificare. Oltretutto storicamente la sovraperformance degli USA rispetto agli altri mercati si alterna a periodi di sottoperformance (ne parlo in questo articolo).
Quindi prevederemo un adeguata diversificazione geografica attaverso strumenti del mercato azionario globale (link alla selezione di strumenti utilizzabili) strumenti dei mercati emergenti (link alla selezione di strumenti utilizzabili) caratterizzati da tassi di crescita maggiori rispetto a quelli dei paesi sviluppati e strumenti focalizzati sull’Europa (link alla selezione di strumenti utilizzabili); - Oro: utilizzeremo esclusivamente fedeli replicanti delle quotazioni del lingotto cioè etf su oro fisico. Pur trattandosi di un “bene rifugio” le quotazioni del metallo giallo possono essere estremamente instabili. Proprio per questo motivo evitiamo costi di copertura dal rischio di cambio: ha poco senso pagare un costo per coprirsi da oscillazioni che poco incidono sulla volatilità dell’asset sottostante (link alla selezione di strumenti utilizzabili).
Questa, dunque, sarebbe la nuova impostazione per l’investitore europeo con minor esposizione al dollaro e con una componente obbligazionaria meno vulnerabile ad un eventuale rialzo dei tassi:


- Obbligazioni Euro B.T. 15%
- Obbligazioni Inflazione 10%
- Obbligazioni Cina 10%
- Obbligazioni USA M.T. 15%
- Azioni globali 10%
- Azioni Emergenti 10%
- Azioni Europa 5%
- Oro 25%
Le performance passate non sono indicazione o garanzia di performance future
Ricorrente avvertenza dell’industria finanziaria
Un portafoglio di questo tipo, avrebbe, fino ad oggi, realizzato performance inferiori rispetto al modello di Browne.
Ma nel 2020 non possiamo non considerare che le prospettive di rendimento della parte obbligazionaria sono, purtroppo, sensibilmente ridimensionate rispetto a 10 anni fa.
E quelle attività di investimento che fino ad oggi sono andate molto bene rispetto ad altre (obbligazioni medio lungo termine rispetto alle obbligazioni indicizzate all’inflazione) hanno una prospettiva di rendimento drasticamente ridimensionata: oggi ogni portafoglio che, per contenere i rischi, sia basato su una significativa esposizione alle obbligazioni, deve prevedere strumenti in grado di difendere dall’inflazione e dal rialzo dei tassi.
Non possiamo trascurare questi rischi.
Conclusioni
Quale metodo usare? Quello che corrisponde di più alle vostre necessità.
William Edwards Deming
Un portafoglio pigro come il Permanent Portfolio rappresenta ovviamente un’ottima base di partenza per chi intenda approcciarsi all’investimento in maniera efficiente, senza curarsi troppo della situazione finanziaria e delle decisioni operative.
Il segreto, come per tutte le ricette efficaci, sta negli ingredienti.
Ecco perché, oggi, è altamente consigliabile apportarvi qualche modifica e adattarlo ad uno scenario profondamente cambiato.
Non è una soluzione universale: non esiste un portafoglio valido per tutti. Per quanto celebri ed efficaci, i modelli dei grandi investitori dovrebbero essere adattati alle esigenze di ogni investitore.
Il Permanent Portfolio rappresenta comunque un’ottima soluzione certamente migliore di molti portafogli “bilanciati”.
Leggi anche:
Golden Butterfly: il portafoglio adattato per l’investitore europeo;
Il portafoglio 60/40 per l’investitore europeo del nuovo millennio;
Il portafoglio All Seasons 2.0: la strategia rinnovata da Ray Dalio;
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La strategia di investimento per chi ha paura di investire.
Buongiorno, da circa un mese sto studiando i mercati, gli strumenti finanziari, etc… purtroppo oggi è molto difficile districarsi in un mondo pieno di finti guru, venditori di corsi e truffatori vari. Sono capitato in questo blog ed è stato illuminante come un faro nella nebbia. Già dall’esposizione e dalla forma si capisce la qualità dei contenuti, leggendo viene tutto confermato dalla “sostanza”. Complimenti ottimo lavoro. Mi sono iscritto alla news e farò di questo blog un punto di riferimento. Grazie
Grazie Luca!
Mi fa molto piacere che i contenuti siano di tuo interesse.
Salve David,
alla luce della situazione degli ultimi mesi rivedrebbe questo portafoglio Lazy? Chiaramente non esiste un portagli per tutti e per sempre ma forse qualche spunto a distanza di oltre 1 anno dall’articolo può esserci. Grazie
Ciao Mirko,
nei prossimi 10 anni avremo 2,3 o forse più regimi economici e, ovviamente, non ci è dato sapere in anticipo quale sarà il portafoglio che si comporterà nel modo migliore.
Detto questo, un portafoglio “robusto” correttamente costruito dovrebbe proprio essere per sempre .
Certo è che diventa molto difficile tener fede all’asset allocation individuata per la vita con tutti gli input che arrivano dall’esterno: è il momento di vendere i bond? O di comprare oro? E’ finita l’era del growth?
L’aspetto basilare da considerare nella costruzione del portafoglio è che ci troviamo nel periodo storico con il livello di tassi più basso mai visto. E’ quindi molto più probabile che da qui i tassi possano salire piuttosto che scendere. Eliminare o sottopesare la parte bond a lungo termine è una scelta che oggi può avere senso rispetto a 20 anni fa. Eliminare l’obbligazionrio completamente assolutamente no: l’obbligazionario ben diversificato non è mai una zavorra per i portafogli.
Il punto vero è che per investire correttamente non è, purtroppo, sufficiente individuare un lazy portfolio ideale: bisogna avere le idee statisticamente chiare su come si comportano le varie asset class nelle diverse fasi del ciclo economico. Solo in questo modo si potrà costruire un portafoglio con pesi e contrappesi ideali per navigare qualsiasi condizione di mercato e riportare “la pelle a casa” (cioè rendimento positivo in termini reali).
Il primo passo per costruire correttamente il portafoglio è comprendere quale sia il max drawdown e il max time to recovery tollerabili.
Un caro saluto.
Buongiorno, mi sono appena iscritto alla sua newsletter e ho visto il suo blog che trovo molto istruttivo e interessante, soprattutto per quanto riguarda i suggerimenti sulle nuove tendente dei portafogli classici (Golden B., all weather, harry brown, ecc.). Tuttavia sono rimasto un po’ sorpreso dall’elevato numero di ETF/ETC che prevedono gli upgrades; mi è parso che si tratti mediamente di 10 ETF (o giù di lì) a portfolio. Ho capito bene? non sono un po’ troppi soprattutto in vista dei costi dei ribilanciamenti?
Buongiorno Pasquale,
un buon portafoglio può essere costruito semplicemente con due soli etf: un azionario globale e un obbligazionario globale secondo il modello del portafoglio 60/40.
Questa sarà una soluzione che, in tutta probabilità, restituirà ottime performance in futuro. E’ la filosofia dello stesso John Bogle: la semplicità alla base di tutto.
Il problema di fondo resta quando vogliamo che sia comodo il nostro viaggio di investimento: un portafoglio semplice ma efficace (stile 60/40) oggi ha registrato ribassi a doppia cifra.
Per rendere il viaggio confortevole è necessario aumentare la diversificazione: il contributo di materie prime, oro, bond cinesi, dollaro e, ovviamente, di un opportuna attività di ribilanciamento oggi avrebbe restituito all’investitore rendimenti positivi da inizio anno.
I benefici della diversificazione aumentano fino a un massimo di 20 strumenti Andare oltre significa soltanto complicarsi la vita.
E’ ovvio che questo rende più complessa l’attività di manutenzione e ribilanciamento ma i benefici in termini di contenimento dei ribassi, riduzione dei tempi di recupero sono evidenti.
Per quanto riguarda, invece, l’aspetto costi, l’aumentare degli strumenti in portafoglio non deve snaturare la filosofia lazy che prevede un’attività di ribilanciamento contenuta.
La priorità è ovviamente quella di utilizzare piattaforme che limitino i costi di negoziazione (ad esempio, per i portafogli che seguo il costo per la trasmissione degli ordini è 0,020% con un minimo di € 2,70).
Infine per quanto riguarda l’impatto fiscale (che ha un peso rilevante) bisogna considerare che il prelevamento fiscale viene trattenuto soltanto sulla parte relativa alla plusvalenza: se disinvesto € 5.000 da un etf che ha guadagnato il 20%, dovrò pagare le imposte sul 20% di € 5.000. Dunque su € 1.000 (e non su € 5.000 come a volte si presuppone).
A mio modesto avviso i portafogli proposti si adattano meglio a patrimoni a partire da € 100.000. Viceversa convengo con lei che sia necessario semplificare (rinunciando, ahimè, ai benefici della diversificazione).
Ciao io dopo varie simulazioni ho cercato di sviluppare un portafoglio con pochi strumenti di facile gestione e bassi copsti con rendimenti buoni/accettabili annuali e sopportabili drowdowns (in base al mio rischio). Ho valutato con un semplice etf lifestrategy 60/40 o viceversa con l’aggiunta di un 20% DI ETF ORO poteva andarmi bene. Sicuramente ha fatto meglio del 90% degli investitori medi italiani e anche di portafogli attivi gestiti. bassi costi (lifestrategy si autoribilancia) di gestione accettabile rischio. Io sto valutando se aggiungere un etf inflazione ma per il resto dal 1970 ad oggi passando per tutte le situazioni economiche ha sempre retto bene e con buoni rendimenti (rispetto al solo sp500 o 50/50 ha avuto piu contenuto drowdawns)….. grazie per la tua opinione.
Buongiorno Maurizio,
convengo con te sul fatto che la semplificazione sia una delle migliori strategie di investimento:
un portafoglio costruito secondo la logica del 60/40 in tutta probabilità darà nel lungo termine ottimi risultati.
Per l’investitore “fai da te” che non vuole complicazioni in termini di ribilanciamenti e numero di strumenti in portafoglio, la base del Vanguard life strategy resta un’ottima soluzione.
Tuttavia sono fermamente convinto dell’importanza della “comodità” del viaggio di investimento.
Un portafoglio come quello che hai individuato (base 60/40 implementato con un 20% di oro) ha un recovery period di circa 9 anni (fonte: portfolio charts)
Per la mia esperienza professionale è alquanto improbabile che l’investitore medio riesca a tenere fede ai suoi buoni propositi sul lungo termine dopo essere rimasto 9 anni sott’acqua.
E, soprattutto, bisogna sempre ricordare che i backtest sono di fondamentale importanza ma i soldi veri sono un’altra cosa. Qualcuno direbbe che i backtest “rappresentano la mappa su cui ci si muove. Ma non sono il territorio”.
Lo studio del passato non serve a prevedere il futuro ma può darci un’idea di ciò che ci potrebbe riservare. Nessuno sa se dovremo tornare ad affrontare periodi come il decennio 2000 – 2010 . Per sbagliare il meno possibile c’è soltanto una strategia: diversificare il più possibile con asset class decorrelate che consentano di ridurre drawdown e tempi di recupero.
Mediamente nei portafogli utilizzo circa 15 strumenti.
Concordo con te che per un privato (che non abbia tempo sufficiente da dedicare allo studio) sia un numero improponibile.
La semplicità del LS (proposto da Vanguard o da altre società – Vaneck, Xtrackers) è un buon compromesso, che, tuttavia, implica la sopportazione di time to recovery decisamente lunghi.
Un caro saluto.