Warren Buffett è uno dei miti finanziari viventi più celebri.
Nel tempo, l’oracolo di Omaha (così soprannominato proprio per le sue abilità finanziarie) non si è certo risparmiato nel dispensare insegnamenti attraverso aneddoti, comunicati (prima tra tutti la lettera annuale agli investitori della sua Berkshire) e, soprattutto, i suoi pungenti aforismi.
Tra i tanti suoi preziosi messaggi uno viene spesso utilizzato a sproposito:
“La diversificazione è una protezione contro l’ignoranza. Non ha molto senso per coloro che sanno cosa stanno facendo”.
Il problema, per i comuni mortali che non fanno Buffet di cognome, sta proprio nel capire cosa stiano facendo.
Come questo sventurato lettore de “Il Sole 24 ore”:
Chi di noi non ha mai provato il brivido di riuscire ad identificare, solo grazie al proprio istinto e alla propria arguzia, la prossima promettente azienda su cui investire e riuscire poi a guadagnare almeno un +100%?
Ecco, proprio per sbollire questa spinta autolesionista e dannosa, in questo articolo analizzeremo quali siano i rischi dell’investimento in singole azioni e quali le le probabilità di successo.
Indice
Azioni: i due diversi livelli di rischio
Più o meno tutti sanno che investire in azioni è rischioso.
Più in particolare, quando si parla di azioni, il rischio può essere suddiviso in due categorie:
- Rischio specifico: è quello legato alla vita della singola azienda. Il rischio specifico è legato a specifici avvenimenti della società che faranno oscillare il prezzo delle sue azioni. Ad esempio un calo delle vendite, un avvicendamento nel management che potrebbe portare a errori strategici o, addirittura, il possibile fallimento;
- Rischio sistemico: è, invece, quello legato al contesto economico e di mercato nel suo complesso. Ad esempio una fiammata inflattiva o una recessione coinvolgeranno tutte le imprese (e non soltanto una specifica).
Diversificando accuratamente il proprio portafoglio azionario (attraverso l’utilizzo di strumenti come etf e fondi), il rischio specifico può essere eliminato: gli eventi negativi legati a una singola società diventeranno ininfluenti perché saranno diluiti e compensati dall’andamento di tutte le altre società in cui si è investito.
Il concetto di base è che è sicuramente possibile che una o più società possano fallire, è invece praticamente impossibile che collassi un intero sistema economico composto da migliaia di aziende.
La riflessione ragionevole che un potenziale investitore potrebbe fare è: “perché mai dovrei investire in etf e fondi quando posso autonomamente selezionare accuratamente singole azioni vincenti?”.
Quante sono le chance di successo?
Uno degli errori più frequenti in finanza (a cui neppure consulenti, analisti e gestori sono immuni) è la sovrastima delle proprie capacità, o, per meglio dire, credere che il proprio intuito possa cogliere le opportunità offerte dalle società più promettenti.
Si pensa di poter essere in grado di individuare qualche titolo brillante: una volta selezionato un gruppo di aziende solide, basterà analizzarne il business, la strategia, la solidità patrimoniale e l’andamento, per scegliere quelle più promettenti e creare un portafoglio ad alto potenziale.
La statistica ci dice che le probabilità di successo sono molto più basse di quello che si possa pensare.
Hendrik Bessembinder (che abbiamo già citato in un precedente articolo sull’eccessiva concentrazione del mercato azionario), professore di finanza all’università dell’Arizona specializzato nel funzionamento e nella regolamentazione dei mercati finanziari, ha recentemente pubblicato uno studio sul mercato azionario globale (Long-Term Shareholder Returns: Evidence from 64,000 Global Stocks).
Il professor Bessembinder ha verificato che nel periodo che va dal 1990 al 2020 su un campione di 64.000 azioni globali, oltre la metà ha restituito rendimenti inferiori a quelli dei titoli di stato a breve termine.
La crescita del mercato azionario globale nel suo complesso è attribuibile solo al 2,4% delle azioni.
Questo significa che, statisticamente, investendo in singoli titoli la probabilità di “fare peggio” del mercato azionario globale (investibile, ad esempio, tramite un etf) è del 97,6%.
Puntare sui titoli più promettenti
Si tende spesso a credere che investire sui grandi nomi solidi della finanza dia la certezza di successo: cosa potrebbe mai accadere alle grandi società? Non è forse meglio investire in un’azienda nota, internazionale di cui, magari, siamo anche clienti affezionati e che, sistematicamente, ne utilizzano i prodotti o i servizi all’avanguardia?
Negli anni ‘80 IBM era la prima società dell’S&P500:



Una società solida, innovativa che tra il 1980 e il 1987 vide il proprio valore più che raddoppiato:



Erano gli anni alle porte del progresso tecnologico, dell’innovazione e dell’era di internet.
Quali ulteriori ambiziosi traguardi avrebbe potuto raggiungere la prima società tecnologica dell’S&P500?
Nei 10 anni successivi (circa) IBM restituì un guadagno dello 0,50% annuo mentre la performance dell’intero mercato azionario (S&P500) fu dell’8,5% annuo circa.



Certo, negli anni successivi il titolo IBM colmò gran parte di questo divario ma il punto centrale è che dopo 10 anni di alti e bassi senza nessun risultato concreto non esiste uomo sulla terra capace di prorogare ulteriormente la sua attesa per il rendimento (ad eccezione di Warren Buffett che, immagino, non starà leggendo questo articolo).
Anche i più esperti sbagliano rovinosamente
Per quanto possa essere attenta e minuziosa l’analisi a monte della scelta di pochi singoli titoli azionari, le probabilità di successo non sono sufficienti a giustificare i rischi di fallimento finanziario.
Il danno di una sola scelta sbagliata può compromettere tanti singoli successi rovinando irrimediabilmente le performance dell’intero portafoglio.
Questa grafica mostra alcuni dei i più grandi fallimenti della storia finanziaria degli Stati Uniti:



Nomi più o meno celebri su cui oggi, ex-post, nessuno si sarebbe mai sognato di investire.
Eppure General Motors, per le sue dimensioni, nel 1985 era la quinta società dell’S&P500.
Aziende come Google, Nvidia, Tesla oggi occupano, più o meno, la stessa posizione che occupava General Motors nel 1985.
Adesso ci sembra impossibile che queste società possano dichiarare bancarotta. Esattamente come lo sembrava nel 1985 per General Motors.
Ecco un altro esempio eloquente: forse molti hanno dimenticato lo scandalo Enron.
All’inizio degli anni 90 era una società energetica in forte sviluppo.
In poco meno di 10 anni Enron diventò una delle multinazionali statunitensi più importanti e la quotazione delle sue azioni decuplicò.
Nel 2001 si manifestarono i segnali di difficoltà finanziaria, tuttavia l’azienda continuava ad essere considerata solidissima.
Gli analisti di Goldman Sachs (che sicuramente hanno tutti i mezzi e tutte le conoscenze per fare analisi e valutazioni accurate) nell’ottobre del 2001 pubblicarono un documento in cui definivano l’azienda “Il meglio del meglio”.
Dopo due mesi Enron dichiarò bancarotta per frode contabile.



Se istituzioni finanziarie e professionisti dopo studi approfonditi e anni di esperienza alle spalle non riescono a scegliere con sufficiente accuratezza i migliori titoli azionari, come può pensare di farlo un consulente, un investitore o una qualsiasi persona che si occupa di altro nella propria vita?
Il mercato seleziona i migliori titoli per te
L’alternativa all’investimento in titoli singoli è investire contemporaneamente in tutte le principali aziende che compongono l’intero mercato azionario.
Questo è possibile grazie a strumenti di investimento come etf e fondi ampiamente diversificati che consentono, a partire da piccoli capitali, di investire in tutti i titoli azionari principali.
Investire in tutti i titoli significa possedere le aziende migliori ma, ahimè, anche quelle peggiori.
Nonostante ciò, questa è l’unica strategia che dà la certezza di successo nel lungo periodo.
Vediamo perché.
Secondo i dati di S&P Global dal 2010 al 2022 le aziende che hanno dichiarato bancarotta negli Stati Uniti sono state oltre 7.000:



Questo non ha impedito all’S&P500 di crescere a un ritmo di circa il 10% annuo:



Certo la statistica sui fallimenti comprende anche società non necessariamente quotate sul mercato azionario (e, quindi, non investibili) ma il numero dà comunque un’idea di quanto rischiosa possa essere la roulette delle singole azioni.
Il punto su cui porre attenzione è che nonostante molte aziende sistematicamente siano destinate a uscire di scena, il mercato azionario, nel suo complesso, riesce a produrre ricchezza.
Il mercato azionario rappresenta l’economia reale dove le aziende competono per vendere i propri prodotti e i propri servizi. Le aziende più forti e più dinamiche progrediscono, quelle più fragili soccombono.
Ogni volta che un’azienda dichiara bancarotta viene sostituita da una nuova azienda: ciò significa che investendo nell’intero mercato azionario (tramite un etf o un fondo) dal tuo portafoglio azionario sistematicamente saranno eliminate le aziende perdenti e inserite le nuove potenziali vincitrici.
L’S&P500 rappresenta le principali 500 società statunitensi. Dal 1995 al 2021 la sua composizione è cambiata drasticamente. In tutto sono state eliminate 711 società e ne sono state inserite 715. Ciò significa che, in media ogni anno 26 società vengono sostituite..
La competizione continua anno dopo anno e solo possedendo tutte le principali società avrai la certezza di detenere quella manciata di eccellenze che, come abbiamo visto nel secondo paragrafo, produce la performance dell’intero mercato.
Conclusioni
Tutto ciò di cui hai bisogno per una vita di investimenti di successo sono alcuni grandi vincitori, e i vantaggi di questi supereranno gli svantaggi delle azioni che non funzionano
Peter Lynch
Buffett sostiene che diversificare non ha senso per coloro che sanno quello che stanno facendo.
Il vero problema è che quando si tratta di scegliere singoli titoli azionari è davvero difficile capire quello che si sta facendo. Nessuno (o quasi) è in grado di selezionare azioni come lo sa fare Buffett.
Per quanto accurata, l’attività di selezione di singoli titoli azionari non può eliminare la probabilità di sbagliare. Basta un unico piccolo sbaglio per compromettere i risultati di un intero percorso di investimento.
Quindi l’unica soluzione percorribile è quella di diversificare quanto più possibile.
Soltanto diversificando il proprio portafoglio azionario si avrà la matematica certezza di aver investito anche nelle migliori aziende le cui performance ricompenseranno ampiamente quelle delle società meno profittevoli.
Chi pensa di stravincere cercando i pochi titoli vincenti finisce irrimediabilmente per perdere.
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Il mercato azionario continuerà a crescere?
E chi ha fatto una scelta vincente per fortuna una volta nella sua vita su un titolo, sarà più facilmente portato a esporsi a errori nel futuro. Alla fine vince e sempre il banco, anche nel mercato azionario meglio stare dalla parte del banco.
Ottimo David come sempre..
…direi rischio o pericolo, con la differenza che il pericolo genera una distruzione di valore totale, in quanto la citata opportunità qualora fatta propria, cosa non scontata soprattutto nella sua totalità, crea illusione di essere capaci a leggere i mercati e pertanto si trasforma in pericolo. Domanda: quanti investitori hanno le capacità, gli strumenti e sopratutto la volontà di sostenere costi vivi per lo studio dei titoli da acquistare? Da qui meglio affidarsi al mercato con un etf o ai fondi per la gestione attiva accettando i relativi costi delle commissioni. Buona domenica