L’anno che si è appena chiuso è pieno di contraddizioni, eccezioni e incongruenze riguardo all’economia e ai mercati finanziari.
Economisti e analisti finanziari hanno avuto un bel da fare nell’interpretare le tendenze di un periodo così anomalo.
Una cosa è certa: finalmente abbiamo voltato pagina e salutato l’arrivo del 2023.
La domanda naturale che tutti ci stiamo ponendo è: “Quali saranno le sorti dell’economia nel 2023?”
In questo articolo prenderemo in considerazione le diagnosi e gli outlook di analisti e economisti sullo stato di salute dell’economia e dei mercati finanziari.
Sappiamo che seguire le previsioni è tempo perso.
Tuttavia identificare i temi di maggior consenso può essere molto utile per prepararsi agli scenari che i mercati non tengono in considerazione.
Banche centrali: il peggio sui mercati deve ancora venire
Ormai tutti noi sappiamo che la FED, la più importante banca centrale, ha intrapreso un aggressivo ciclo di rialzo dei tassi per contrastare l’inflazione. Il più aggressivo dagli anni 80:





Il grafico mette a confronto i diversi cicli di rialzo dei tassi della FED a partire dagli anni ‘80.
La linea blu mostra l’attuale ciclo che non solo è stato quello che è arrivato più in alto ma è stato anche il più rapido.
La storia dei cicli economici ci dice che gli effetti di questi rialzi hanno sulla crescita economica non sono immediati, ma si fanno sentire con un ritardo di 12 – 18 mesi.
Alla fine, tassi di interesse più elevati avranno un impatto sul comportamento dei consumatori (che, dovendo pagare costi di finanziamento più elevati, ridurranno i consumi) e sulle imprese che taglieranno investimenti e assunzioni.
Le prospettive per i mercati finanziari si fanno quindi poco rosee (analizzeremo nei paragrafi successivi).
Il verdetto degli economisti
Il calo dei consumi e l’aumento della disoccupazione sono gli ingredienti principali per una recessione economica (il cosiddetto hard landing dell’economia).
Non stupisce, quindi, che le probabilità di recessione siano nettamente aumentate, come dimostra questo sondaggio condotto dalla FED di Philadelphia:





Secondo gli economisti le probabilità che l’economia statunitense entri in recessione sono ai massimi degli ultimi 50 anni.
Il verdetto della storia economica
Anche l’analisi dei dati storici ci dice che una recessione è inevitabile: l’unico modo con cui si riesce a riportare l’inflazione sotto controllo è con una recessione (che implica un calo dei consumi e, quindi, una flessione dei prezzi di beni e servizi).





Il grafico mostra l’andamento dell’inflazione statunitense nel corso degli anni. Sullo sfondo le colonne grigie indicano i periodi recessivi: dopo ogni picco superiore al 5% (evidenziato in rosso), la discesa dell’inflazione è stata seguita da una recessione. Perché dovrebbe essere diverso questa volta?
Infine anche il fenomeno dell’inversione della curva dei rendimenti punta in direzione di una recessione. Si parla di “inversione della curva” quando i rendimenti dei titoli di stato a lungo termine diventano minori di quelli dei titoli di stato a breve termine.
Si tratta di un’anomalia (i titoli a lungo termine dovrebbero offrire rendimenti maggiori) che si verifica prima di una recessione.
Gli asset manager si preparano all’Hard Landing
Già abbiamo analizzato le conseguenze di una recessione sui mercati finanziari.
Non stupisce quindi che gli asset managers abbiano un posizionamento decisamente cauto:





Il grafico mostra le preferenze di investimento degli investitori istituzionali nel corso del tempo.
In particolare vengono evidenziate le preferenze (cd. OverWeight) per le obbligazioni:
per la prima volta dal 2009 gli asset manager sono concordi nell’affermare di preferire le obbligazioni alle azioni.
Il grafico mostra come il disprezzo per le azioni sia ancora eccezionalmente alto:
a fronte del significativo rialzo dei rendimenti, le obbligazioni sono decisamente più interessanti rispetto al ben più rischioso mercato azionario.
Inoltre il bear market che ha colpito le azioni nel 2022 è principalmente imputabile alla stretta monetaria (rialzo dei tassi) delle banche centrali (cioè al cosiddetto fenomeno della contrazione dei multipli). L’attuale livello delle quotazioni non incorpora, quindi, il calo degli utili aziendali che, inevitabilmente, si manifesta durante una recessione.
In altre parole le quotazioni azionarie sarebbero destinate a scendere ulteriormente.
Consenso Vs buonsenso
Come se non bastassero le convincenti argomentazioni di economisti e analisti, anche la storia e gli indicatori anticipatori confermano l’inesorabile arrivo di una recessione.
Quindi il consenso pressoché unanime ci dice che:
- Le obbligazioni faranno meglio delle azioni,
- L’Europa subirà le maggiori conseguenze per il peso della crisi energetica e per la modesta reattività della BCE,
- Si allungheranno i tempi di recupero per i portafogli.
Difficile non essere d’accordo alla luce di quanto condiviso fino a ora: sembrano tutte considerazioni di assoluto buonsenso.
Il punto è proprio che è così che funziona l’effetto del consenso sui mercati finanziari: sembra assolutamente ragionevole quando si forma ma molto spesso non viene rispettato.
Una delle trame più ricorrenti nella storia economica è il ruolo dei colpi di scena.
Per molti aspetti il 2022 è stato l’anno del “non era mai successo”:
- mai avevamo visto ribassi di oltre il 10% in modo simultaneo su azioni e obbligazioni;
- mai avevamo visto nei tempi moderni banche centrali ostili ai mercati finanziari;
- mai avevamo assistito a una pandemia globale a cui sono seguiti i lockdown e gli imponenti programmi di stimolo pubblico dei governi (causa dell’attuale ondata inflattiva).
Se è vero che non esiste un precedente storico di “atterraggio morbido dell’economia” (il soft landing che consentirebbe di evitare la recessione) è altrettanto vero che non esistono precedenti storici dei fenomeni che abbiamo vissuto dal 2020 fino a oggi.
Cercare di interpretare le evoluzioni del ciclo economico e dei mercati con modelli matematici e conoscenze storiche che non tengono conto dell’eccezionalità dell’attuale fase può portare a conclusioni ragionevoli ma inappropriate.
I temi di consenso si formano intorno alla percezione di scenari che possono verificarsi con un’elevata probabilità. Spesso accade che quando il buonsenso comune si concentra su una determinata visione, il mercato diventa sempre più predisposto ad andare nella direzione opposta.
Il detto “L’unica certezza è l’incertezza e dovresti aspettarti l’inaspettato” vale nel bene e nel male.
Molto probabilmente lo scenario meno considerato è quello di un’inflazione che si stabilizza su livelli più contenuti (pur mantenendosi più alta rispetto al passato), una crescita dei salari che resta al di sotto dell’inflazione e un’economia che, nonostante tutto, riesce a mantenere una certa forza grazie alla tenuta dei consumi e alla riduzione dei costi.
In un contesto del genere le asset class favorite finirebbero per essere proprio quelle che oggi sono le più disprezzate.
Certo è improbabile, ma stiamo vivendo una situazione eccezionale per cui i precedenti storici potrebbero non essere una guida affidabile.
Conclusioni
Lo scopo di studiare economia non è quello di acquisire una serie di risposte alle domande economiche, ma di imparare come evitare di essere ingannati dagli economisti
Joan Robinson
Anche se avessimo la possibilità di conoscere in anticipo l’andamento dell’economia, non potremo sapere con certezza quale sarà la reazione dei mercati:
a volte il mercato azionario è condizionato dall’economia, altre volte accade l’esatto contrario, altre ancora entrambi si muovono in modo indipendente (proprio perché i mercati non sono l’economia).
Nonostante ciò, ci affanniamo a seguire gli scenari che gli economisti e gli analisti finanziari dipingono con tanta accuratezza sperando di ricavarne preziose indicazioni di investimento.
Abbiamo tentato, invano, di interpretare l’andamento dell’inflazione, delle banche centrali e dell’economia per tutti il 2022 e, adesso, ci ritroviamo a farlo per il 2023.
E’ giusto rimanere informati ed essere coscienti di quello che ci sta accadendo intorno.
Meno giusto è, invece, cercare di anticipare gli eventi.
Molto saggio è prepararsi a ciò che è noto ma anche a ciò che non lo è, compresa un soft landing e un’inaspettata evoluzione dei mercati finanziari.
Quindi meglio rinunciare a prevedere le tempistiche della prossima recessione ed accettare che, prima o poi, ne arriverà una indipendentemente dalle previsioni e analisi economiche che, in questo periodo, sono particolarmente ricercate.
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Nella vita l’altra faccia della povertà è la solitudine, in finanza la certezza di diventare povero è la fretta… buon nno David!!!
Una curiosità: mediamente, dopo che negli USA si è raggiunto il 5 % di inflazione,
si sa dopo quanto tempo è iniziata una fase recessiva?
Generalmente pochi mesi anche se ci sono casi in cui l’economia è entrata in recessione dopo qualche anno rispetto al raggiungimento del livello del 5% di inflazione. Puoi verificare tu stesso a questo link :
si tratta del grafico sull’andamento dell’inflazione (in blu). Sullo sfondo ci sono delle are in grigio che indicano i periodi recessivi (il sito è quello della FED di St. Louis).
A questo punto credo che l’interrogativo fondamentale sia: “può scendere l’inflazione senza che l’economia cada in recessione?”<. In passato non è mai accaduto e, quindi, l'evoluzione più probabile è che non accada di nuovo. Bisogna tuttavia tenere in considerazione che ci troviamo in una situazione che non ha precedenti storici: mai avevamo avuto una pandemia globale, mai avevamo avuto un coordinamento di misure di sostegno economico da parte di banche centrali e governi dell'entità che abbiamo visto post-covid. Non possiamo sapere come reagirà l'economia questa volta. Un caro saluto