Quando si parla di mercati finanziari, uno dei temi su cui si polarizza l’attenzione di esperti e investitori è quello delle valutazioni.
Secondo la banale logica “compra basso e vendi alto”, basse valutazioni corrispondono a rendimenti futuri elevati e, viceversa: valutazioni elevate determinano rendimenti scarsi o addirittura negativi.
Ciclicamente si contrappongono due scuole di pensiero diverse: chi sostiene che le valutazioni, ormai irragionevoli, siano presagio dell’imminente scoppio di una bolla e chi, invece, sostiene che il mondo sia cambiato e che le metriche del passato non siano più idonee per una misurazione coerente.
Oggi c’è un problema in più: dopo anni i rendimenti obbligazionari sono saliti a dismisura e questo rende le azioni molto meno convenienti o, comunque, decisamente care.
Esistono dei parametri oggettivi per misurare le valutazioni delle azioni?
I mercati azionari sono davvero così cari rispetto a quelli obbligazionari?
E se i mercati sono davvero così cari, quali accorgimenti possiamo prendere?
“Le valutazioni non contano fino a quando non iniziano a contare” (cit). per cui in questo articolo cercheremo di trovare le risposte.
Indice
Come misurare le valutazioni delle azioni
Possiamo dire che, all’atto pratico, le azioni possono essere valutate sulla base di due criteri, uno assoluto e uno relativo che rispondono a due interrogativi diversi relativamente semplici:
- Quanto posso guadagnare investendo in azioni (criterio assoluto)?
Visto che comprando azioni si diventa proprietari (in piccolissima parte) di società reali, si acquisisce automaticamente il diritto di percepire una parte dei guadagni realizzati. Quanto posso ragionevolmente guadagnare rispetto al prezzo che pago? - Quanto posso guadagnare con le alternative disponibili (criterio relativo)?
Le azioni non sono l’unica soluzione di investimento a disposizione. Esistono alternative.
Quanto è conveniente il rendimento offerto da queste alternative rispetto a quello offerto dalle azioni?
Valutazione assolute: dal price earning al CAPE
Il metodo tradizionalmente utilizzato per stimare le valutazioni di un’azione è quello di misurare gli utili che produce rispetto al prezzo a cui la si può comprare.
Il rapporto Price/Earning mette in relazione proprio il prezzo di un’azione con i suoi utili:
- Un’azione che ha un prezzo di € 20 e un utile di € 1 avrà un price earning di 20 (20:1).
- Un’azione che ha un prezzo di € 20 e un utile di € 2 avrà un price earning di 10 (20:2).
Tanto più basso è il price earning di un’azione tanto più questa sarà conveniente.
Il price/earning può essere calcolato anche per interi settori (includendo gli utili e le quotazioni di tutte le azioni appartenenti a un determinato settore) o a intere aree geografiche (Italia, Europa, ecc.).
Il limite del price/earning è rappresentato dal fatto che considera soltanto gli utili realizzati nel recente passato (tipicamente l’ultimo anno), che potrebbero essere stati condizionati dalle circostanze economiche esterne: in periodi di forte crescita economica gli utili (e quindi il price earning) saranno influenzati da condizioni favorevoli mentre in periodi recessivi accadrà il contrario.
Per ovviare a questo inconveniente nel 1998 l’economista Robert Shiller (premio Nobel per l’economia) propose di misurare il price earning utilizzando la media degli utili degli ultimi 10 anni.
In questo modo si considerano nel calcolo sia periodi favorevoli che sfavorevoli e si ottiene un indicatore meno influenzato da fattori esterni.
Questa alternativa al price earning viene detta Ciclically Adjusted Price Earning (CAPE).
Il CAPE è, probabilmente, uno dei parametri più utilizzati per misurare le valutazioni del mercato azionario.
Indice CAPE: quanto sono care le azioni oggi?
Questo è quello che ci dice il CAPE riguardo al mercato azionario più importante al mondo, quello statunitense (che, ricordo, rappresenta il 70% circa del mercato azionario globale):



Non è necessario essere esperti di finanza per capire che una valutazione di 30 rispetto a una media storica di 17 significa che il mercato azionario è piuttosto caro, in termini storici.
Questo, a livello puramente teorico, potrebbe portare alla conclusione che i rendimenti per i prossimi 10 anni saranno più bassi rispetto a quelli medi del mercato azionario.
Tuttavia, partire da questo tipo di valutazione per prevedere i movimenti dei mercati azionari nei prossimi mesi non ha un gran senso: il CAPE non è un predittore dell’andamento del mercato azionario nel breve termine.
Inoltre, chi avesse saggiamente deciso di investire in azioni soltanto quando le valutazioni fossero state convenienti in termini di CAPE sarebbe rimasto investito soltanto negli anni ‘80 e tra il 2008 e il 2010, perdendosi praticamente la maggior parte dei rialzi.
Questo grafico mette a confronto CAPE e S&P500.
La linea orizzontale nera è la media storica del CAPE mentre le aree verdi contraddistinguono i periodi in cui il CAPE si è attestato al di sotto delle medie storiche indicando “valutazioni convenienti”:



Certo il mercato azionario (statunitense) è caro e lo è da molto tempo, anche se non ci troviamo sui livelli folli degli anni 2000.
In ogni caso nel passato valutazioni elevate non hanno impedito alle azioni di restituire rendimenti molto buoni.
Questo grafico, di sicuro, ci dice che nel corso degli ultimi 40 anni, decidere di investire o meno in azioni basandosi soltanto sulle valutazioni è stata una scelta perdente.
Lo stesso professor Shiller, infatti, ha ammesso che non necessariamente un livello del CAPE elevato si traduce in risultati scarsi.
Il principio da tenere presente è che le azioni non sono necessariamente care o a buon mercato in senso assoluto ma lo sono rispetto alle alternative disponibili.
La principale opzione alternativa all’investimento azionario è l’investimento obbligazionario.
Valutazioni relative : meglio azioni o obbligazioni?
Le due principali asset class investibili sono azioni e obbligazioni.
Al di là delle esigenze e dei profili di rischio soggettivi, le azioni sono più rischiose delle obbligazioni. Quindi, il ragionamento logico da trarne è che per decidere di investire in azioni gli investitori pretendano un rendimento superiore (detto “premio al rischio” o Equity Risk Premium) rispetto a quanto possano ottenere dall’alternativa obbligazionaria.
Da un po’ di tempo c’è chi fa notare che con il rialzo dei rendimenti obbligazionari la convenienza a investire in azioni sia praticamente svanita.
Questo grafico mostra il rendimento offerto dal titolo di stato degli Stati Uniti (in rosso) con il rendimento offerto dai dividendi dell’S&P500 (in verde):



Sulla base di questo grafico le cedole offerte da un sicuro titolo di stato sono ben superiori rispetto ai dividendi pagati dalle azioni quindi l’investimento obbligazionario, oltre ad essere meno rischioso, è anche più remunerativo.
Questo significa che non c’è più nessuna convenienza a investire in azioni e che, dunque, progressivamente, i capitali si sposteranno dai mercati azionari verso i titoli di stato con un conseguente collasso delle quotazioni delle azioni.
Tecnicamente molti analisti spiegano che il premio (in termini di maggior rendimento rispetto ai bond) per compensare il rischio azionario è sui minimi di sempre.
Le azioni (rischiose) oggi offrono quindi un rendimento inferiore rispetto alla ben più sicura alternativa obbligazionaria.
Quindi anche in termini di valutazioni relative, a quanto pare, le azioni sono destinate a capitolare.
E’ davvero così?
Valutazioni relative: limiti del confronto dividendi/tassi
Le variabili da tenere in considerazione per misurare correttamente le valutazioni dei mercati sono molteplici e complesse. Molto spesso una conclusione che può sembrare di buon senso perde ragionevolezza nel momento in cui si va a inserire un elemento che si era omesso di considerare.
Il limite della considerazione: “i rendimenti sono saliti = le obbligazioni sono più convenienti delle azioni” consiste nel fatto che non prende in esame altre variabili fondamentali.
Ci sono, ad esempio, due aspetti che il grafico del paragrafo precedente (e chi lo utilizza per l’elaborazione di tesi sui prezzi) non prende in esame:
- Il rendimento prodotto dalle azioni non si limita ai soli dividendi:
Oltre alla ricchezza distribuita agli azionisti sotto forma di dividendi, il rendimento totale delle azioni è alimentato da altri fattori. Ad esempio dagli utili non distribuiti agli azionisti e che vengono reinvestiti nell’azienda per sostenerne la crescita futura.
Oppure il fatto che una parte degli utili possano essere utilizzati per finanziare operazioni di buyback che aumenteranno il rendimento per gli azionisti. Il dividendo, cioè, rappresenta soltanto una parte del rendimento azionario complessivo; - Impatto dell’inflazione sui rendimenti futuri di azioni e obbligazioni:
Nel momento in cui si investe in un’obbligazione si “compra” un rendimento che rimarrà tale per tutta la durata dell’investimento.
Viceversa investendo in azioni il rendimento prospettico tende ad adeguarsi all’inflazione: sappiamo bene che le società (rappresentate dalle azioni) hanno la possibilità di aumentare i prezzi dei beni prodotti in caso di rialzo dell’inflazione. Questo contribuisce a gonfiare gli utili futuri.
Quindi confrontare il rendimento dei titoli di stato con gli utili azionari non è propriamente corretto: il titolo di stato non si adegua all’inflazione mentre gli utili delle aziende (e delle azioni) sì.
A questo punto la domanda da porsi è: è possibile effettuare una valutazione che tenga conto di tutte queste variabili e consenta di avere un quadro relativamente completo?
Meglio Azioni o obbligazioni? L’Excess CAPE Yeld
Sempre Robert Shiller ha messo a punto un altro indicatore che consente di effettuare una valutazione più completa dell’attrattività delle azioni rispetto alle obbligazioni.
Infatti nell’ottobre del 2020 il prof. Shiller ha pubblicato uno studio in cui ha integrato l’utilizzo del CAPE con un ulteriore parametro definito Excess CAPE Yield.
Sostanzialmente si tratta di un indicatore che consente di misurare in modo più corretto se esista un’effettiva convenienza dell’investimento azionario rispetto a quello obbligazionario.
Quindi stiamo parlando di una sorta misura di valutazione del premio al rischio che considera anche l’inflazione: dal rendimento azionario viene sottratto il rendimento dei titoli di stato al netto dell’inflazione (la formula con la spiegazione dettagliata è reperibili a pagina 4 di questo documento).
L’ Excess CAPE Yield, quindi, serve a stimare (ammesso che esista) l’extra rendimento futuro delle azioni rispetto alle obbligazioni. (stiamo sempre parlando del mercato statunitense).
Cosa ci dice l’Excess Cape Yield?
Meglio azioni o obbligazioni?



Questo grafico mostra in blu l’andamento storico dell’excess CAPE yield (il rendimento aggiuntivo delle azioni rispetto ai bond).
La linea verde tratteggiata mostra invece quale è stato l’effettivo rendimento aggiuntivo nei 10 anni successivi a quanto rilevato dall’excess cape yield.
Le conclusioni che si possono trarre dal grafico sono:
- L’excess cape yield è un buon predittore del rendimento aggiuntivo delle azioni rispetto alle obbligazioni:
livelli elevati dell’excess CAPE yield (blu) hanno anticipato elevati sovrarendimenti delle azioni rispetto alle obbligazioni (verde).
Viceversa livelli bassi dell’excess cape yield sono stati seguiti da extrarendimenti bassi o addirittura negativi. Ad esempio nel 2000, all’apice della bolla delle dot.com, l’excess cape yield era negativo. Infatti l’extrarendimento rispetto alle obbligazioni nei 10 anni successivi è stato negativo; - Oggi l’excess CAPE yield continua a evidenziare una convenienza delle azioni rispetto alle obbligazioni:
secondo il modello del professor Shiller, sulla base delle valutazioni e dei rendimenti attuali, le azioni sono in grado di offrire un rendimento superiore alle obbligazioni.
Stiamo chiaramente parlando di un modello che non è infallibile ma che, comunque, in passato, ha mostrato una certa attendibilità nello stimare l’extrarendimento delle azioni rispetto alle obbligazioni.
Valutazioni: che fare?
Ricapitolando:
- Sulla base dei parametri più attendibili (CAPE)le valutazioni sono care ormai da tempo;
- A fronte di valutazioni più elevate rispetto alla media storica, è probabile che i rendimenti a lungo termine saranno più bassi rispetto a quelli medi del mercato azionario;
- Il passato più o meno recente ci dice che usare le valutazioni per cronometrare il mercato azionario, per quanto ragionevole, non è una strategia premiante: le azioni hanno restituito rendimenti molto buoni anche in presenza di valutazioni elevate;
- Nonostante il rialzo dei rendimenti, l’excess CAPE yield (che considera anche l’inflazione) continua a evidenziare una convenienza delle azioni rispetto ai bond.
Un quadro non certo particolarmente ottimistico, ma neppure catastrofico come molti grafici vogliono lasciare intendere.
In un contesto di questo tipo che iniziative può intraprendere l’investitore?
- Diversificare:
“Meglio azioni o obbligazioni?” è una domanda che non ha un gran senso.
Visto che oggi, come sempre è stato, il futuro è incerto, il modo migliore per gestire l’imprevedibilità degli eventi è, neanche a dirlo, diversificare adeguatamente il portafoglio in modo che possa raccogliere i rendimenti prodotti dal mercato e reagire abbastanza bene anche a scenari inattesi; - Non tutte le azioni sono uguali:
Le valutazioni espresse dal CAPE e dall’Excess CAPE Yield che abbiamo visto sono riferite agli Stati Uniti.
Questo sito di Barclays consente di verificare il livello delle valutazioni per altre aree geografiche.
Europa e Paesi Emergenti oggi hanno valutazioni decisamente più attraenti.
Inoltre un’adeguata diversificazione fattoriale può contribuire a intercettare quei segmenti del mercato azionario che oggi sono più a buon mercato. - Minori valutazioni = maggior rischio:
Uno degli errori più grossolani che si possono commettere è ricercare spasmodicamente i mercati più sottovalutati (come, ad esempio, i mercati emergenti).
In questo modo si sottostimano i rischi.
E’ un po’ come giungere alla conclusione che un obbligazione high yield con un rendimento dell’8% è migliore di un titoli di stato con un rendimento del 3%.
Le azioni che hanno valutazioni più attraenti hanno rischi maggiori (il CAPE della Cina è circa un terzo quello degli Stati Uniti) e, quindi, rendimenti attesi (non garantiti) maggiori.
Questo è il motivo per cui è fondamentale comporre l’esposizione azionaria dando la prevalenza al mercato globale a cui affiancare altre aree geografiche e altre direttive di diversificazione (ne parlo dettagliatamente in questo post).



Conclusioni
Non avete mai ragione o torto perché gli altri sono d’accordo con voi. Avete ragione perché i vostri dati sono esatti e il vostro ragionamento è corretto
Warren Buffett
Le valutazioni dei mercati azionari sono un potente catalizzatore dell’attenzione. Chi ne sottolinea i livelli elevati sembra saggio e previdente, viceversa l’invito a non dare eccessiva importanza alle valutazioni viene interpretato come incuranza del rischio.
Se da un lato valutazioni sopra la media sono presagio di rendimenti futuri sotto la media, nel passato abbiamo visto che anche a fronte di valutazioni elevate le azioni hanno restituito rendimenti molto buoni.
L’unica verità è che non esiste nessuna relazione diretta tra le valutazioni e le performance di breve termine: certo è possibile che i mercati azionari debbano scendere, ma non sarà certo perché si è verificata l’intersezione di due linee o per qualche altra diavoleria grafica.
Per quanto i rendimenti obbligazionari siano saliti, alcune misure di valutazione più complete (come il l’excess CAPE yield) continuano a mostrare una certa convenienza dell’investimento azionario.
Viso che ogni indicatore e ogni modello non può prevedere con certezza la direzione di azioni e obbligazioni, una corretta diversificazione è l’unica scelta per rimanere a proprio agio nel disagio di breve termine dei mercati finanziari
Chiarissimo come sempre…
Grazie per essere tornato a farci ragionare David! Il tuo quesito è come al solito molto stimolante, ma da una spinta gentile a guardare i mercati e non al tuo portafoglio. Nello specifico se nella mia asset allocation ho obbligazionario sono ben felice di avere questo ritorno futuro, conscio che una parte sarà restituito dalla chiusura dello spread e il rimanente dal flusso cedolare. Senza contare che il nuovo obbligazionario che andrò a sottoscrive avrà già analogo premio. L’azionario continua ad avere il suo imprescindibile ruolo di crescita valore con la propria volatilità, nulla di più. Buona domenica
Il New York Times qualche anno fa titolava: “Buy Stocks to Prosper. Buy Bonds to Sleep at Night“