Una delle tante domande a cui gli investitori cercano risposta è come realizzare un’efficace diversificazione dell’esposizione azionaria.
Come bilanciare correttamente un portafoglio azionario tra le diverse aree geografiche?
Quanto value e quanto growth?
E che dire dell’esposizione ai diversi settori?
In questo articolo condivideremo alcune idee per trovare un corretto equilibrio tra le principali possibilità di diversificazione dell’esposizione azionaria.
Azioni: i diversi livelli di diversificazione
Diversificare correttamente l’esposizione azionaria può diventare un bel rompicapo.
Per rendere le cose un po’ più semplici cercheremo di scomporre la questione in più parti, le affronteremo singolarmente e poi daremo una visione di insieme.
L’obiettivo di una corretta diversificazione è quello di ricercare rendimenti sostenibili e, possibilmente, più stabili evitando di concentrare troppo l’esposizione sui vincenti del passato che, spesso, finiscono per diventare i perdenti del futuro.
Iniziamo quindi con lo stabilire quali sono i tre principali livelli di diversificazione:
- Diversificazione geografica:
Il primo problema da affrontare è come distribuire il portafoglio azionario tra le diverse aree geografiche.
Per quanto il mondo finanziario ed economico sia diventato estremamente interconnesso e globalizzato, le diverse regioni geografiche possono attraversare cicli economici non perfettamente sincronizzati.
Ad esempio, l’economia di una determinata area geografica occidentale potrebbe essere prossima alla recessione mentre quella di un’area orientale potrebbe vivere un ciclo di espansione. Quindi quando le azioni di una specifica area geografica vanno in una direzione, quelle di un’altra vanno da un’altra (o, almeno, non ci vanno così dietro); - Diversificazione fattoriale:
I fattori di investimento sono specifiche caratteristiche dei titoli che ne determinano il rendimento nel corso del tempo.
La ricerca accademica ha dimostrato che questi fattori, nel lungo periodo, consentono di ottenere un rendimento superiore rispetto a quello di mercato.
Inoltre anche per l’investimento fattoriale vale la logica di quello settoriale: alcuni fattori (che vedremo nei prossimi paragrafi) riescono a ottenere risultati migliori di altri in determinate fasi del ciclo economico.
Un opportuno mix di fattori consente quindi di migliorare l’efficienza del portafoglio (parlo dettagliatamente dell’investimento fattoriale in questo articolo); - Diversificazione settoriale:
L’economia e i mercati finanziari percorrono cicli in cui si susseguono fasi di crescita, di consolidamento e di declino.
Generalmente un ciclo economico termina con una recessione a cui segue un nuovo ciclo di espansione.
Alcuni specifici settori azionari riescono a realizzare le performance migliori nella iniziale fase di crescita economica mentre altri nella fase più avanzata (ne parlo in questo articolo).
Diversificare tra diversi settori può aiutare a superare meglio le fasi di mercato più difficili e a cavalcare meglio quelle più favorevoli;
Adesso vediamo più nello specifico come poter declinare queste tre direttive di diversificazione.
Azioni: diversificazione geografica
E’ convinzione diffusa (e giusta!) che investire su un indice globale sia la scelta più ragionevole: una volta che si è esposti all’intero mercato si possiedono tutte le aree geografiche contemporaneamente.
Il problema è che dei tanti paesi che compongono un indice globale, ce n’è uno che ha assunto nel tempo uno spazio sempre più rilevante: nel corso degli ultimi 25 anni il peso degli Stati Uniti negli indici globali è passato dal 35% al 70% circa.
Questo grafico mostra come la composizione dell’indice MSCI world si sia progressivamente sbilanciata verso gli Stati Uniti (rappresentati dall’area blu mentre l’area gialla rappresenta il resto del mondo avanzato):





Il Paese che rappresenta il 70% dell’indice MSCI World contribuisce per il 15% circa alla produzione globale misurata dal pil:
Ora, è assolutamente probabile che il predominio degli Stati Uniti prosegua anche per gli anni a venire, tuttavia l’esperienza passata ci dice che non è detto che le cose vadano necessariamente così:





Questo tabella mostra come in passato si siano alternati periodi in cui gli Stati Uniti hanno sovraperformato il resto del mondo sviluppato (evidenziati dalle aree grigie) a periodi in cui è accaduto il contrario (evidenziati dalle aree viola).
La ragione ancora più forte per cercare una maggior diversificazione geografica anche al di fuori degli Stati Uniti emerge osservando i rendimenti per periodi “più brevi” rispetto al tradizionale orizzonte di lungo termine (a cui, spesso, diventa difficile rimanere fedeli):
negli ultimi 14 anni gli USA hanno senz’altro stravinto.
Non è andata così nei 7 anni tra il 2001 e il 2007, né, tantomeno, negli anni ottanta.
Visto che non sappiamo con certezza quale sarà l’area geografica vincitrice di domani, nell’incertezza, meglio diversificare l’esposizione geografica (proprio per non rischiare di “puntare tutto” sui vincitori del passato. Ho approfondito la questione del ruolo degli Stati Uniti nei portafogli in questo articolo).
Ecco alcune idee:
Azionario globale
Nella costruzione dell’esposizione azionaria, dovrebbe essere data la massima priorità al mercato globale.
Per quanto, come precedentemente evidenziato, sovraesposto agli Stati Uniti, l’ indice MSCI World permette di detenere tutti i principali paesi, settori, e fattori con un unico investimento.
Il mercato azionario globale rappresenta il faro per l’esposizione azionaria non soltanto per la semplicità con cui consente di coprire tutto (o comunque gran parte) l’universo investibile, ma anche perché ci consente di non sottoperformare il mercato nel suo complesso.
Deviare eccessivamente dall’MSCI World significa correre il rischio di ottenere performance anche sensibilmente inferiori rispetto a quelle della media dei nostri amici, colleghi e conoscenti.
Già è abbastanza complicato dover gestire un mercato ribassista, trovarsi a confrontarsi con chi gioisce dei propri guadagni mentre il tuo portafoglio “arranca” potrebbe addirittura toglierti il sonno;
Azionario europeo
L’Europa rappresenta circa il 50% dell’indice MSCI EAFE cioè dei paesi sviluppati escludendo gli Stati Uniti (per intendersi stiamo parlando dell’area viola del grafico precedente).





Quindi inserire Europa in portafoglio rappresenta un buon modo per ribilanciare i pesi azionari in favore delle altre economie avanzate.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è che inserire l’azionario europeo in portafoglio aiuta a ridurre l’esposizione al rischio di cambio senza dover pagare fastidiosi costi di copertura (ne ho parlato approfonditamente in questo articolo).
Azionario Paesi emergenti
Le economie emergenti sono quelle che offrono tassi di crescita sensibilmente più elevati rispetto ai paesi avanzati.
La differenza di passo tra emergenti e sviluppati è motivabile da diversi fattori: un trend demografico più favorevole, l’affermazione della classe media, maggiori investimenti pubblici in infrastrutture e istruzione.
Tuttavia, nel recente passato, tutte queste grandi potenzialità non si sono tradotte in performance azionarie all’altezza delle aspettative.
Bisogna comunque considerare che sono proprio i paesi emergenti che tendono ad avere cicli economici asincroni rispetto a quelli dei paesi industrializzati.
Dunque inserire emergenti in portafoglio serve, tra l’altro, a stabilizzare le performance di medio termine.
Un recente articolo di AQR propone un’analisi approfondita sul tema offrendo interessanti spunti di riflessione.
Ad esempio, viene empiricamente confermata la poca correlazione con l’andamento delle economie sviluppate.
Questo grafico mostra i rendimenti annuali su diverse decadi per emergenti (in nero), Stati Uniti (in celeste) e per gli altri paesi avanzati (in blu).
Negli anni 2000, mentre le aree sviluppate soffrivano, gli emergenti hanno ottenuto performance brillanti.





Inoltre, oggi il premio al rischio per le azioni dei paesi emergenti si colloca in prossimità dei massimi storici (cioè la sovraperformance attesa rispetto ai paesi avanzati).
Questo grafico mostra l’andamento dell’extra rendimento degli emergenti.
La linea verde che sale corrisponde a un aumento dell’aspettativa di rendimento per gli anni successivi.
Nel 1999 il grafico si collocava sui massimi e, seguì effettivamente un periodo favorevole per gli emergenti (come mostrato dal grafico precedente):





Azioni: diversificazione fattoriale
Abbiamo detto che i fattori di investimento sono particolari caratteristiche di un insieme omogeneo di titoli che ne determina le performance.
Semplificando molto il concetto, potremmo dire che l’obiettivo dell’investimento fattoriale è quello di cogliere i rendimenti “nascosti” nei mercati finanziari. I vari “fattori di premio” (value, momentum, quality, size e low volatility) contribuiscono a generare un extra-rendimento nel tempo ma, soprattutto, a migliorare la diversificazione del portafoglio.
Per semplificare un po’ le cose, in questa sezione prenderemo in considerazione soltanto alcuni dei fattori principali.
Value
E’ forse il fattore più conosciuto (già specificatamente trattato in questo articolo) che identifica le aziende sottovalutate dal mercato rispetto al loro effettivo valore.
Per sottovalutazione si intende che il prezzo delle azioni non tiene in adeguata considerazione gli utili che queste aziende producono.
La misura più diffusa per la valutazione di un’azione è il price/earning cioè il rapporto tra prezzo di un’azione e il suo utile.
Tanto più questo rapporto è basso, tanto più l’azione è sottovalutata.
Si tratta di un fattore decisamente attraente: chi non vorrebbe investire in aziende sottovalutate?
Il punto è che se un’azienda è sottovalutata dal mercato, molto spesso c’è una ragione e la “sottovalutazione” può durare molto a lungo.
Nel lungo termine il fattore value (verde) ha espresso maggiore potenziale rispetto al mercato di riferimento (arancione):





Restringendo il campo di azioni agli ultimi 10 anni (arco temporale comunque non brevissimo) le cose sono andate diversamente:





Quindi la conclusione è che si può puntare ad ottenere un rendimento aggiuntivo, a patto di accettare una sottoperformance nel breve periodo.
Size
Il fattore “size” si riferisce alle dimensioni delle aziende in funzione della loro capitalizzazione di mercato (cioè numero di azioni x prezzo di mercato).
Il principio in forza del quale le small cap offrono un rendimento aggiuntivo rispetto alle “cugine più grandi” risiede proprio nella loro maggiore potenzialità di crescita.
Il processo di sviluppo di un’azienda, infatti, prosegue sempre più lentamente: l’aumento delle sue dimensioni e la conquista di nuove quote di mercato rende sempre più difficile ripetere i ritmi di crescita del passato.
La curva della crescita di un’azienda tende naturalmente ad appiattirsi con il suo ciclo di vita.
All’opposto le realtà più piccole hanno ancora ampi margini di crescita.
A una maggiore potenzialità di crescita corrisponde, ovviamente, una maggiore rischiosità:
le small cap, infatti, soffrono in misura più marcata il rallentamento del ciclo economico anche se tendono a recuperare più velocemente delle large cap.
Questo grafico mette a confronto il rendimento delle small cap rispetto al mercato azionario globale:





Vale sempre il principio che il prezzo da pagare per un rendimento di lungo periodo è una sottoperformance nel breve/medio termine.
Gli ultimi anni nei mercati azionari sono stati caratterizzati dal dominio indiscusso delle megacap che hanno letteralmente schiacciato le small cap.
Proprio perché nel corso degli anni le grandi società come Amazon, Apple, Meta ecc. hanno acquisito un peso sempre più importante negli indici globali, le small cap oggi rappresentano un ottimo strumento di diversificazione.
A questo proposito diventa particolarmente interessante “incrociare” questi primi due fattori (size + value) attraverso le small cap value.
L’evidenza empirica dimostra che le small cap value hanno un ottimo potenziale diversificativo (ne parlo dettagliatamente in questo articolo).
Momentum
Il fattore “momentum”, invece, cerca di individuare le azioni con maggiore “slancio” per intercettarne il trend rialzista.
Il momentum, infatti, va a identificare i titoli che hanno accelerato al rialzo e si basa sull’assunto che ciò che è già salito continuerà a salire mentre ciò che è sceso continuerà a scendere.
E’ probabilmente il meno intuitivo di tutti i fattori perché va contro il “comune buonsenso” che suggerisce di comprare basso e vendere alto.
Il fattore momentum, al contrario, suggerisce di comprare i titoli che già sono saliti.
Da un punto di vista razionale può apparire folle.
Il senso di questo fattore può essere spiegato dal cosiddetto “effetto gregge”: gli investitori sono attratti dalle performance passate. I titoli che più sono saliti attraggono l’interesse degli investitori e dei capitali contribuendo a sostenere ulteriormente le quotazioni.
Ovviamente questa “leva” vale anche quando il vento si gira in senso opposto: quando inizia un mercato ribassista i titoli con elevato momentum saranno i più venduti e i più penalizzati.
Ecco il grafico di contrapposizione della strategia momentum rispetto all’azionario globale:





Azioni: diversificazione settoriale
E’ ovviamente possibile diversificare l’esposizione azionaria anche in funzione dei diversi settori che lo compongono: banche, lusso, energie rinnovabili ecc.
A dire il vero, non vale tantissimo la pena porsi troppo il problema: una volta che sei investito nell’intero mercato globale li possiedi già tutti.
Migliorare le performance cercando di individuare il settore con i migliori rendimenti futuri richiede tanta fortuna.
Possiamo tuttavia individuare alcuni settori su cui vale la pena concentrare l’attenzione:
Reit
I Reit (Real Estate Investment Trust) sono società che possiedono e gestiscono proprietà immobiliari.
Queste aziende investono il proprio capitale in immobili che producono reddito tramite i canoni di affitto (leggi l’articolo dedicato).
Attraverso i Reit è, dunque, possibile investire in società immobiliari quotate che gestiscono un’ampia gamma di immobili (uffici, condomini, magazzini, centri commerciali, strutture mediche, hotel…).
I rendimenti dei Reit sono paragonabili a quelli del mercato azionario e, soprattutto, in determinate circostanze, i Reit possono riuscire a fare decisamente bene anche quando le azioni globali cadono rovinosamente.
E’ il caso del decennio perduto tra il 2000 e il 2021:





Purtroppo, non sempre le cose vanno così: ci sono anche periodi in cui i reit scendono al pari del mercato azionario.
Tuttavia un’analisi statistica su periodi più lunghi dimostra una certa capacità diversificativa dei Reit.
Potremo quindi interpretare i Reit come un asset class capace di restituire rendimenti paragonabili a quelli del mercato azionario (come conferma la tabella sottostante) che, al tempo stesso, è in grado di apportare un valido contributo in termini di diversificazione:





Tecnologia
Uno dei settori a cui è praticamente impossibile non dedicare la propria attenzione è la tecnologia.
Siamo tutti affascinati dalle performance che la tecnologia ha restituito nel passato.
Allo stesso tempo sembra impossibile che in un mondo dove il progresso tecnologico aumenta la produttività delle aziende e domina la vita delle persone, questo settore non possa esprimere ancora un elevato potenziale.
Il tema dell’opportunità di considerare la tecnologia all’interno dell’esposizione azionaria è stato trattato in un recente articolo.
L’importante è dedicare il giusto peso a questa imprescindibile componente del portafoglio: fatta 100 l’esposizione azionaria complessiva, dedicare oltre il 10% a questo settore può rischiare di diventare una scommessa più che una scelta di asset allocation.
Soprattutto perché già oltre il 20% di un indice globale (MSCI world) è già investito in tecnologia:





Un esempio pratico
Adesso che abbiamo visto come può essere composta l’esposizione azionaria di un portafoglio, quali pesi attribuire ad ogni singolo componente?
Come sempre la risposta è “dipende”, tuttavia, possiamo individuare alcune regole generali per tradurre in pratica i concetti fin qui condivisi.
- Una corretta diversificazione non può basarsi soltanto sulla componente azionaria (fatto salve poche rarissime eccezioni).
Dovranno dunque essere considerate anche altre asset class fondamentali; - Non possiamo sapere cosa il futuro ha in serbo per noi e per il nostro portafoglio: ci aspetta un altro decennio d’oro per l’azionario USA, oppure vedremo una rotazione verso altre aree geografiche? La tecnologia continuerà a guidare i rialzi dei mercati azionari oppure è iniziata l’era del settore energetico?
Una corretta diversificazione è l’unico modo per difendersi dall’incertezza e avere la sicurezza di non aver affidato le sorti del proprio portafoglio ai perdenti di domani; - Una regola di buon senso dice che esporsi troppo a singoli settori o temi, molto spesso, diventa controproducente. Inoltre, un portafoglio eccessivamente concentrato su singole buone idee può fare peggio della media molto a lungo. Già è abbastanza difficile tollerare i capricci dei mercati, meglio risparmiarsi lo sgomento di fare peggio della media dei nostri amici, colleghi, conoscenti.
Sulla base di queste considerazioni, l’universo globale (indice msci world) dovrebbe rappresentare la parte più consistente dell’esposizione azionaria a cui abbinare le componenti accessorie esaminate nei paragrafi precedenti.
Questa è un’ipotesi di portafoglio azionario, strutturato sulla base di questi principi e così suddiviso:
- 60% azionario globale;
- 10% azionario momentum;
- 10% azionario small cap value;
- 10% azionario paesi emergenti;
- 10% Reit.
Il grafico che segue mostra la comparazione di questo ipotetico portafoglio azionario diversificato (ribilanciato annualmente) con un portafoglio azionario globale a partire dal 2000:





- Portafoglio azionario diversificato:
Valore iniziale: € 100.000
Valore finale: € 385.000
Rendimento annuo: 6,02% - Portafoglio azionario globale:
Valore iniziale: € 100.000
Valore finale: € 308.000
Rendimento annuo: 5%
Al di là della differenza in termini di rendimento annuo (poco più di un punto percentuale), il portafoglio diversificato avrebbe contenuto i drawdown e i tempi di recupero (se solo un 6% annuo ti sembra poco, dovresti valutare anche i risultati di una diversificazione basata non solo su azioni ma anche su altre asset class).
Conclusioni
“Eccellente” per alcuni anni non è così potente come “abbastanza buono” per molto tempo”
Morgan Housel
Il vero motore di rendimento di un portafoglio è rappresentato dalle azioni a cui, ovviamente, vanno sempre abbinati opportuni contrappesi per superare le fasi di turbolenza.
Nella legittima ricerca di rendimento, diventa fondamentale comporre l’esposizione azionaria in modo che che il portafoglio sia in grado di generare rendimenti sostenibili nel tempo: la storia dei cicli economici e dei mercati finanziari ci insegna che i leader indiscussi del recente passato spesso deludono ampiamente le aspettative nel successivo futuro.
E’ il fenomeno della regressione alla media che, oltre la finanza, domina tutti gli ambiti della nostra vita: a un risultato eccezionalmente buono (come la conclusione di un ottimo affare lavorativo, una magnifica esperienza di vita o un’eccellente performance azionaria), segue un risultato molto meno buono (una giornata lavorativa negativa, una delusione in ambito sentimentale o un risultato scarso di un fondo/etf azionario). Mediamente la sequenza di tutti questi risultati si riporterà in prossimità della media.
Dopo anni di performance straordinarie per il mercato statunitense, il primato per i prossimi anni potrebbe essere vinto, ad esempio, dai paesi emergenti.
Non ci è dato sapere in che sequenza si alterneranno vincitori e vinti. Ma sappiamo che più correttamente diversifichiamo il portafoglio, più sostenibili e durature saranno le performance che questo restituirà.
Inoltre, un’adeguata diversificazione ci consentirà di sfruttare a nostro vantaggio il fenomeno di regressione alla media tramite una corretta attività di ribilanciamento.
Per una corretta diversificazione diventa di fondamentale importanza limitare l’esposizione a singoli temi e rimanere coerenti con le scelte pianificate: il rischio è quello di subire le rotazioni del mercato, vale a dire vendere ciò che poi salirà per comprare ciò che poi scenderà.
…ottima analisi e scomposizione come sempre, ma mi permetto di non condividere l’inserimento dei REIT nella parte azionaria di portafoglio, essi infatti sono molto legati ai tassi reali e con sottostante beni fisici, qui inserisco due esempi:
. per il mercato europeo PICTET:
“Il mercato immobiliare europeo sta cambiando. Il modo e i luoghi in cui viviamo, lavoriamo e facciamo acquisti si stanno evolvendo a una velocità senza precedenti Un’attenzione tutta nuova per edifici più sostenibili, intelligenti e a misura di utente sta inoltre creando opportunità di investimento. All’interno di questo universo, la strategia cerca di generare rendimenti stabili (redditi da locazione) da attività residenziali, uffici e logistica dell’ultimo miglio di alta qualità nelle principali città. La crescita del capitale viene creata anche migliorando le attività e continuando a dedicare un’attenzione particolare alla sostenibilità.”
. per il mercato globale JANUS:
“* Attualmente esiste un profondo scollamento dei prezzi tra i REIT quotati che guardano al futuro e gli immobili privati che guardano al passato. I REIT quotati hanno subito forti ribassi nel 2022 e non sono riusciti a svolgere la funzione di copertura dall’inflazione in un contesto di incremento dei prezzi elevato e costante.
* L’immobiliare pubblico è attualmente scambiato con uno sconto di oltre il 20% rispetto al NAV, il che potrebbe rappresentare un momento opportuno per investire – in quanto l’asset class ha storicamente sovraperformato l’immobiliare privato in presenza di simili valutazioni.
* Un approccio attivo e bottom-up all’investimento immobiliare consente di individuare società di alta qualità che stanno capitalizzando i vantaggi derivanti da temi di crescita secolare.”
Personalmente vedo questo settore un investimento tipo l’oro, ovvero correlato a se stesso, non dovrebbe mai mancare anche nei portafogli più piccoli, infatti il portafoglio patrimoniale tipo teorico comprende: MOBILIARE/IMMOBILIARE/ASSICURATIVO/PREVIDENZIALE, la parte immobiliare in una società verticale e mobile come l’odierna spinge per sostituire l’immobile di proprietà con questa asset class. Nello specifico ritengo da preferire sicuramente la gestione attiva, visto il track record storico, meglio se in forma di PAC, e se possibile abbinare una soluzione globale a base dollaro USA con una Europa, che deve comprendere esposizione alla parte nordica e Gran Bretagna, con base euro. Cosa ne pensi? Buona domenica
Grazie Luca come sempre per il tuo contributo.
Sono assolutamente d’accordo sul principio di classificazione dei Reit che sono da considerarsi un “asset reale” al pari di oro e materie prime: in un precedente articolo dove trattavo più ampiamente la diversificazione del portafoglio ho inserito i Reit proprio tra gli asset reali.
Si tratta, quindi, di un asset class con funzione di decorrelazione da azionario e obbligazionario.
Tuttavia, visto che stiamo parlando sempre di azioni di società quotate, mi è sembrato opportuno trattarli in questo post (del resto anche W. Bernstein nel suo “strategie di investimento per il lungo termine” tratta i Reit come asset class azionaria 🤓).
Riguardo all’estratto dell’analisi di Janus Henderson (che gestisce un fondo attivo sul settore con ottimo track record) , in questo momento uno dei trade più affollati dagli asset manager è “lungo tecnologia, corto immobiliare” (fonte Bofa): il pessimismo sui Reit è sui massimi proprio per i timori delle conseguenze di una stretta creditizia e del rialzo dei tassi.
Quando ci sono prese di posizione così forti molto spesso il mercato va dalla parte opposta. Alla luce della situazione (posizionamento e ribasso dell’asset class) mi sembra ragionevole valutare ribilanciamenti in favore di questa attività di investimento.
Infine per quanto riguarda la gestione attiva, mi sembra che l’industria spesso punti a convincere l’investitore con affascinanti story telling sul futuro.
Personalmente preferisco rimanere con i piedi per terra privilegiando strategie passive o, eventualmente, fondi con basso tracking error.
…in merito attivo/passivo suggerisco di confrontare questi due ISIN IE00B0M63284 (passivo) e LU0196034317 (attivo), ad 1/2/3/5/8/10 anni oltre che lo storico comune. Inoltre da osservare la diversificazione geografica di portafoglio molto più limitata nel primo. Raramente prediligo pagare commissioni, ma in determinate esposizioni di nicchia poco liquide, secondo il mio non qualificato giudizio, può essere necessario spendere per avere poi un risultato pagante! Grazie ancora