DOLLARO E LAZY PORTFOLIO

In questi ultimi mesi, come non succedeva da tempo, emerge la necessità di fare una riflessione sulla fluttuazione dei cambi valutari  e come questi  possano incidere significativamente  sui risultati del nostro Lazy portfolio. 
Dall’inizio dell’anno il dollaro è stata la valuta che meglio ha contribuito ad alleviare l’impatto dei ribassi di azioni e obbligazioni.
Oggi sembra che la forza del biglietto verde sia inarrestabile. Ma è davvero così?

La storia insegna che le oscillazioni del cambio euro/dollaro non sempre si muovono in senso  favorevole all’investitore europeo.

In questo articolo cercheremo di capire quale sia il ruolo del dollaro americano nei portafogli e come gestire in modo corretto l’esposizione alla valuta più importante del mondo.

Il ruolo del dollaro nei mercati globali

Il dollaro è la principale valuta di riserva:
gli Stati  Uniti sono la prima potenza economica mondiale nonché il centro finanziario più grande del mondo.
Gli Stati Uniti hanno progressivamente sviluppato il proprio peso negli scambi internazionali diventando il leader commerciale: il dollaro ha assunto un ruolo sempre più determinante come moneta per regolare le transazioni internazionali e oggi tutti vogliono detenere dollari. 

Il risultato è che i principali asset investibili sono, in larga parte, denominati in dollari:

  • Il mercato azionario globale (MSCI WORLD) è composto per circa il 70% dagli Stati Uniti (e, quindi, dal dollaro);
  • Il mercato obbligazionario globale (GLOBAL AGGREGATE) ha circa il 40% di Stati Uniti;
  • La quotazione dell’oro è espressa in dollari;
  • Le principali materie prime sono denominate in dollari.

Visto che un portafoglio solido dovrebbe essere costruito in ottica globale, è quindi inevitabile assumere un’esposizione più o meno rilevante al dollaro.

Per default siamo portati a pensare al dollaro e agli Stati Uniti come una valuta e un’economia indistruttibili (ne ho parlato in questo post)
E’ senz’altro probabile che sia così, ma non possiamo averne certezza: cosa accadrebbe ai portafogli se il dollaro perdesse il suo status di valuta di riserva?
O più semplicemente, cosa accadrebbe se il dollaro si deprezzasse nei confronti dell’euro nel medio termine?

La copertura del cambio euro/dollaro

Molto semplicisticamente il problema potrebbe essere risolto contenendo l’esposizione al dollaro attraverso la copertura del cambio (cd. hedging):
la maggior parte dei prodotti di investimento globali esiste sia nella versione a cambio cosiddetto “aperto” (cioè esposta al dollaro) che a cambio “coperto” (cioè con possibilità di annullare le oscillazioni della valuta).
Già un precedente post del blog ha analizzato costi e vantaggi della copertura del cambio.

Mi preme puntualizzare un aspetto fondamentale:

la copertura dal rischio di cambio ha un costo che non è facilmente esprimibile in termini di T.E.R. del prodotto che si sceglie.
La spesa  per coprire il rischio di cambio è data dal differenziale di tassi di interesse tra la valuta statunitense e quella europea.
Semplificando al massimo (con una ipotesi puramente accademica) se i tassi di interesse negli Stati Uniti sono al 3% e quelli in Europa sono all’1% il costo da pagare per coprirsi dal rischio di cambio euro/dollaro sarà del 2% (Questo è un costo che non è riportato nel KID dei prodotti).
Visto che i tassi cambiano nel tempo si tratta di un costo non facilmente quantificabile in anticipo. 

A questo onere va, ovviamente, aggiunta l’incidenza del rapporto costo/opportunità che comporta una perdita di guadagno in caso di apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro.
Investire sull’azionario globale con (linea blu) o senza (linea rossa) copertura del cambio euro/dollaro, nell’ultimo decennio avrebbe comportato una differenza di performance di circa il 100%.
In altre parole avrebbe fatto la differenza tra raddoppiare e triplicare il capitale investito.

AZIONI GLOBALI COPERTURA CAMBIO
MSCI WORLD non hedged vs. hedged

Per quanto riguarda la differenza di rendimento su un investimento obbligazionario, scegliere se coprirsi (linea rossa) o meno (linea blu) dal rischio valutario avrebbe significato una differenza di performance di circa 20% (sicuramente non trascurabile trattandosi di investimento obbligazionario):

GOVERNATIVO GLOBALE CON E SENZA COPERTURA VALUTARI
Obbligazionario governativo globale: non hedged vs hedged

Dollaro: una valuta per tutte le stagioni?

Nel paragrafo precedente l’analisi degli  ultimi 10 anni sembra provare inequivocabilmente  i vantaggi derivanti dall’esposizione al dollaro.
Questo stesso 2022 avvalora l’efficacia del dollaro come asset diversificativo.
La performance dei tanto amati etf Vanguard Life Strategy ne è la conferma:
gli strumenti di Vanguard prevedono la copertura del cambio per l’esposizione obbligazionaria quindi non hanno beneficiato dell’apprezzamento della valuta statunitense registrando drawdown significativi (Lifestrategy 20: – 14%; Lifestrategy 40: -15%, Lifestrategy 80: – 15%). 

Attenzione a convincersi che i cambi vadano sempre in questa direzione.
Chi avesse, ad esempio,   deciso di esporsi al dollaro nel periodo a cavallo della grande crisi finanziaria del 2008 (quando, appunto, il sistema capitalista americano sembrava prossimo all’implosione) avrebbe senz’altro un opinione diversa.
Il grafico mostra l’apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro tra il 2000 e il 2008: il dollaro ha perso circa il 40 % del suo valore:

CAMBIO EURO DOLLARO 2008
Koyfin: cambio euro/dollaro 2000 – 2009

Esporsi al dollaro comporta l’assunzione di un rischio aggiuntivo. Questo rischio significa maggiore incertezza sui risultati futuri, nel bene e nel male
E’ corretto e per certi versi indispensabile esporsi al dollaro.
E’ altrettanto indispensabile comprendere le conseguenze dell’assunzione del rischio di cambio per valutare strategie in grado di mitigare i rischi.

Se e quando coprirsi dal rischio di cambio

Difficile dare indicazioni valide a livello generico: le scelte dipendono sicuramente dal profilo di rischio e dalle esigenze personali.
Tuttavia possiamo individuare alcuni principi di buonsenso riferiti all’orizzonte temporale e all’asset class in cui si va a investire.

Orizzonte temporale

Il rapporto di cambio tra valute di paesi sviluppati (ad esempio Europa e Stati Uniti) tende a rimanere costante nel lungo termine.
Questo grafico mostra l’andamento del cambio euro dollaro dal 2000:

EUR/USD 2000 - 2022
Koyfin: cambio euro/dollaro 2000 – 2022

Si parte sulla parità e dopo un periodo di oscillazioni sicuramente importanti si torna sulla parità.
Per chi ha un orizzonte temporale di lungo termine, la copertura del cambio comporta ben pochi benefici con aggravio di costo.
L’importante è definire correttamente il concetto di lungo termine: per quanto sia vero che le valute sono storicamente cicliche e tendono a tornare alla media nel lungo termine, i cicli valutari sono generalmente più lunghi rispetto all’orizzonte temporale dell’investitore medio (7-10 anni fonte: Vanguard).

Asset class e dollaro

Le azioni  tendono per natura ad essere molto più volatili dei bond.
Questo significa che le oscillazioni valutarie, per quanto importanti, tendono ad avere un impatto poco rilevante sulle performance finali.
Per quanto la valuta possa influenzare le performance, ha poco senso coprire il dollaro su una asset class rischiosa.

Per le obbligazioni  il discorso è, invece, diverso.
La funzione principale dei bond dovrebbe essere quella di diversificare il rischio azionario.
Un eccessivo peso del dollaro, soprattutto nel breve termine, potrebbe provocare drawdown anche importanti su una asset class che dovrebbe offrire protezione.
Questa immagine mostra come la valuta può aumentare la volatilità di un portafoglio obbligazionario. Il grafico confronta la volatilità delle obbligazioni coperte dal cambio (in blu) rispetto a quelle non coperte (in grigio):

CAMBIO EURO DOLLARO BREVE E MEDIO TERMINE
Vanguard: volatilità annuale obbligazioni

Ecco perché dell’investimento obbligazionario è preferibile coprire una parte dell’esposizione valutaria.
Nel prossimo paragrafo vedremo alcuni principi da seguire per gestire correttamente l’esposizione al dollaro.

contatta David Volpe

Consigli pratici: gestire il cambio euro/dollaro in modo efficiente

Il rischio di cambio tra euro e dollaro non necessariamente deve essere sterilizzato attraverso l’utilizzo di strumenti con copertura valutaria.
E’ possibile mitigare in modo efficiente eventuali impatti negativi della valuta seguendo alcuni principi di buon senso.

  • Preferire l’Europa come area geografica dell’investimento obbligazionario.
    Nella composizione della parte obbligazionaria, è preferibile dare la priorità a strumenti  che investano in obbligazioni europee.
    Un buon compromesso è quello di concentrare l’esposizione ai bond tra strumenti global aggregate e strumenti euro aggregate per realizzare un’efficace diversificazione;
  • Considerare anche le azioni europee.                                                      
    Per quanto sia corretto investire in chiave globale, non dovremmo mai trascurare la nostra natura di investitori europei. Dare il giusto peso alle azioni dell’area euro contribuisce a migliorare la diversificazione e a ridurre l’esposizione al dollaro;
  • Diversificare l’esposizione valutaria.
    Per i portafogli di importo più rilevante, il peso del dollaro può essere bilanciato utilizzando altre valute come lo yen e il franco svizzero (safe haven currency) con la funzione di protezione dai drawdown dell’azionario.
    Anche il ricorso alle valute emergenti (che, a differenza delle precedenti, sono asset rischiosi) che tendono  a essere inversamente correlate al dollaro, può contribuire a aumentare i benefici della diversificazione.
    Bisogna sempre ricordare che l’utilizzo di un maggior numero di strumenti implica una maggiore difficoltà in fase di ribilanciamento. Quindi questa opzione va valutata attentamente soprattutto in relazione alle dimensioni del portafoglio;
  • Diversificare con asset reali
    Anche se è molto difficile stabilire correlazioni affidabili tra dollaro e asset reali, le materie prime e l’oro tendono ad avere una certa correlazione inversa con il dollaro (la discesa del dollaro favorisce le quotazioni dell’oro e delle commodity);
  • Ribilanciare l’esposizione al dollaro
    La componente valutaria dovrebbe essere ribilanciata esattamente come si ribilancia tutto il resto del portafoglio.
    Ad esempio dopo un rally del 20%, ha senso scaricare un po’ del dollaro ripiegando, magari, sui bond europei. Quindi si riduce il rischio evitando di coprire il cambio e pagarne il relativo costo.

Conclusioni

Date un luogo comune a un fanatico e ne farà un dogma.

Roberto Gervaso

Quando si parla di investire le proprie risorse finanziarie, gli estremismi sono sempre un po’ pericolosi, anche in tema di esposizione valutaria.
Il pericolo è rappresentato sia dalla possibilità di incorrere in perdite inaspettate che dall’eventualità di perdere potenziali guadagni.

Sicuramente diversificare investendo in ottica globale è la scelta che consente di commettere meno errori possibili (e, dunque, la migliore).
Questo comporta inevitabilmente una presenza significativa del dollaro nei portafogli che, soprattutto nel breve termine, non sempre è un vantaggio.
Gestire l’esposizione al dollaro attraverso una parziale copertura del cambio e/o accorgimenti come una corretta attività di ribilanciamento, una giusta considerazione delle azioni e delle obbligazioni europee, e un’adeguata diversificazione valutaria può aiutare a costruire portafogli più solidi.

Leggi anche:

Il portafoglio 60/40 è morto?

La fine della strategia Buy & Hold;

Golden Butterfly: il portafoglio adattato per l’investitore europeo;

Lazy portfolio: performance a confronto;

Proteggere il tuo lazy portfolio: resistere alle tentazioni.

Ricevi gratuitamente tutti i nuovi articoli via mail, insieme ad aggiornamenti esclusivi!

Iscriviti

* indicates required
Potrebbero interessarti anche

1 Comment

  1. …iniziamo a modificare il nostro approccio verso il cambio EUR/USD come una caratteristica e non un rischio, poi selezioniamo strumenti a base EUR e non USD, oggi esistono sia ETF che FONDI, questo ci permette di limitare l’esposizione USD hai soli componenti negoziati in dollari. I risultati a confronto espressi nell’articolo infatti sono dovuti al COSTO COMPOSTO, giustamente sottolineato OCCULTO nel KIID, inutile parlare a noi comuni risparmiatori delle potenzialità di un rendimento composto se poi si viene, INCONSCIAMENTE, costantemente sottoposti a subire gli effetti opposti del costo di covering del NAV, se non ricordo male nella storia moderna, XXI SEC d.C., ci sono stati solo brevi lassi temporali che la copertura è stata un beneficio. Oggi si trovano anche strumenti PARZIALMENTE HDG, ma credo solo su base USD, magari un domani l’industria della finanza ci metterà a disposizione anche qualche base EUR!!! Buona domenica grande David e grazie come sempre per le tue qualificate riflessioni con noi apertamente condivise.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *