TETTO AL DEBITO STATI UNITI

La trattativa sull’innalzamento del tetto al debito negli Stati Uniti sta tenendo sotto scacco i mercati finanziari ormai da settimane.
L’accordo sembra essere stato raggiunto ma manca ancora l’approvazione definitiva del parlamento mentre il tempo stringe.
Si inizia addirittura a parlare di possibile fallimento della prima economia mondiale.
Lo stesso Jamie Dimon, Ceo di JP Morgan  ha dichiarato che la sua  banca  si sta preparando all’eventualità di  un default.

Cosa si intende per “innalzamento del tetto al debito”?

Cosa sta accadendo ai vertici della politica statunitense?

Gli Stati Uniti rischiano davvero il default?

In questo articolo cercheremo le risposte a queste domande.

Cosa è il tetto al debito

Come ogni nazione, gli Stati Uniti percepiscono delle entrate (rappresentate principalmente dalla riscossione delle tasse) e sostengono delle uscite per pagare stipendi pubblici, servizi sociali, opere pubbliche ecc.
Le entrate non sono sufficienti a coprire le spese, per cui, per compensare la differenza (deficit) gli Stati Uniti (come ogni stato) chiedono soldi in prestito tramite l’emissione di titoli di stato.
Visto che sistematicamente (o quasi) le uscite di uno stato sono superiori alle entrate, anno dopo anno il livello del debito pubblico incrementa.

Gli Stati Uniti sono uno dei pochi stati che, periodicamente, fissa un limite alla quantità di denaro che è possibile prendere in prestito attraverso l’emissione di titoli di stato.
Ogni volta che si rende necessario innalzare questo limite (detto, appunto, tetto al debito – debit celing -) è necessario ottenere una formale autorizzazione da parte del parlamento statunitense (il congresso) che dovrà fissare un nuovo limite più alto.
Quindi i due partiti (repubblicani e democratici) che compongono il parlamento dovranno accordarsi per votare l’autorizzazione all’innalzamento di questo limite.

Questa mappa mostra (in rosso) quali sono gli stati che impongono un tetto al debito.
Gli Stati Uniti sono rimasti uno dei pochi paesi sviluppati soggetto a questa procedura:

Qual è il problema

Il tetto al debito è stato raggiunto già lo scorso mese di gennaio.

Da allora il Tesoro degli Stati Uniti  (più o meno l’organizzazione corrispondente al nostro ministero delle finanze) per far fronte alle diverse esigenze di spesa (stipendi pubblici, pagamento interessi, pagamento pensioni ecc..) sta utilizzando misure straordinarie come, ad esempio, il ricorso al denaro accumulato con le emissioni di titoli di stato passate e con gli introiti delle tasse..
Janet Yellen (attuale segretario al tesoro e ex presidente della FED) ha dichiarato che in mancanza di un innalzamento del tetto al debito, i fondi disponibili finiranno presto e, a quel punto, gli Stati Uniti non saranno più in grado di far fronte ai propri impegni .
La “data X” sarebbe stata individuata nella prima settimana di giugno.

I precedenti storici

Non è la prima volta che si presenta la necessità di innalzare il livello del tetto al debito pubblico.
Questa grafica di Charles Schwab mostra il progressivo aumento del debito pubblico statunitense (in celeste) e il parallelo aumento del tetto al debito (in blu):

Negli anni il processo di autorizzazione  è sempre passato attraverso una trattativa piuttosto conflittuale che si è conclusa con il raggiungimento di un’intesa in extremis:
le due fazioni politiche ritengono di partire da una posizione di forza ma, mano a mano che il rischio di default aumenta lo stress sui mercati, repubblicani e democratici comprendono che non possono farsi carico della responsabilità di un dissesto (difficilmente giustificabile all’elettorato) e dunque si giunge a un accordo.
Quindi, puntualmente la discussione è associata a un aumento della volatilità  sui mercati.
Ultimamente si fa riferimento alle analogie con il 2011 quando, in occasione della trattativa, i mercati azionari accusarono discese nell’ordine del 17%.
Quello che segue è il grafico dell’S&P500 durante la travagliata trattativa del 2011:

s&p500 TRATTATIVA TETTO AL DEBITO 2011
Fonte: Koyfin

Vale comunque la pena ricordare che in quel periodo ci fu la sovrapposizione della crisi del debito sovrano nell’eurozona scatenata dai timori sulla sostenibilità del debito pubblico dei paesi europei che fu motivo di forte instabilità (la celebre frase di Mario Draghi “Whatever it takes” si riferisce proprio a quel periodo).

La situazione attuale

Una volta che i rappresentanti dei due schieramenti politici hanno trovato l’intesa, questa deve essere sottoposta all’approvazione del parlamento statunitense (il congresso).
Oggi la situazione a livello politico è un po’ più complicata perché le due camere del congresso (che deve approvare l’accordo) presentano maggioranze contrapposte: una è a maggioranza repubblicana, l’altra a maggioranza democratica.
Inoltre queste due maggioranze sono piuttosto esigue; una maggior frammentazione implica inevitabilmente un processo autorizzativo più tortuoso.

L’accordo per innalzare il livello del debito deve prevedere un impegno alla disciplina fiscale per contenerne la crescita futura e evitare sprechi.
Le posizioni dei due schieramenti sono, ovviamente, contrapposte: I repubblicani chiedono tagli alla spesa pubblica che i democratici non vorrebbero concedere prediligendo, invece, un aumento delle tasse.
Il rischio è che in una trattativa che deve mettere insieme maggioranze rivali e risicate l’incidente diplomatico sia dietro l’angolo.

contatta David Volpe

Gli Stati Uniti rischiano il default?

E’ davvero possibile che non si giunga a una ratifica dell’accordo prima della “data X”?
Quali sarebbero le conseguenze di una mancata intesa tra repubblicani e democratici?


Mentre sul web e su molta stampa più o meno specializzata scorrono i titoli che mettono in guardia contro i rischi di un sempre più probabile default, qualche analista illuminato affronta la questione in modo decisamente più pragmatico.
L’ipotesi di mancata ratifica dell’accordo dell’accordo rimane, di fatto,  molto improbabile. 
Se, tuttavia, questo scenario dovesse malauguratamente materializzarsi esistono diverse opzioni per evitare il default.
La più probabile è quella di stabilire delle priorità privilegiando il pagamento degli interessi e il rimborso dei titoli di stato.
Verrebbero invece sospesi pagamenti quali le pensioni, l’assistenza sanitaria e gli stipendi pubblici.
Inoltre Biden potrebbe appellarsi a particolari norme costituzionali che consentirebbero comunque al governo USA di onorare i propri impegni.

Bisogna inoltre considerare che la cosiddetta “data X” di fatto è difficile  da identificare.
Si parla della prima settimana di giugno ma bisogna considerare che proprio il mese di giugno è quello in cui il governo statunitense riceve ingenti flussi di denaro relativi al pagamento delle imposte.
Questi flussi potrebbero consentire di reperire nuovi fondi lasciando ulteriore tempo per la trattativa.

Quello che ragionevolmente deve essere messo in conto è che il nervosismo sui mercati potrebbe essere destinato a proseguire ancora.
L’aspetto positivo della vicenda è che la storia ci dice che l’instabilità tende a riassorbirsi senza conseguenze e abbastanza velocemente dopo il raggiungimento dell’accordo.

Il vero tema intorno al Debit Celing

Piuttosto che concentrarsi sulle conseguenze di un default decisamente improbabile e su come prepararsi all’impensabile , vale la pena riflettere su quale significato abbia davvero l’innalzamento del tetto.

Quando si fa ricorso al debito fondamentalmente si anticipa oggi il reddito di cui disponiamo domani. Oggi, grazie al debito, abbiamo una maggior disponibilità di denaro.
Tuttavia la disponibilità futura sarà gravata dal pagamento dei debiti che abbiamo contratto.
Il debito può avere valenza positiva quando viene utilizzato a fini produttivi, ma se viene contratto esclusivamente per aumentare il consumo nel presente, comprometterà le nostre possibilità di spesa domani.

Per gli stati vale lo stesso principio: a periodi di aumento significativo del debito improduttivo seguono periodi di bassa crescita economica.
E’ quindi importante fare sforzi concreti per contenere la crescita di questo debito

Conclusioni

La probabilità che un evento raro si verifichi è semplicemente impossibile da calcolare

Nassim Nicholas Taleb

Tanto per restare in tema di tetti, da un pezzo a questa parte le tegole non smettono di cadere sui mercati e sui portafogli.
Più cadono queste tegole e più aumenta la percezione che le cose non possano che peggiorare.
I portafogli che scendono danno una percezione della realtà sempre più negativa, così il pessimismo si autoalimenta trovando sempre nuova forza dai ribassi. 
Ed è proprio il pessimismo che, in fasi come quella attuale, sembra così ragionevole e convincente: tra possibili default, recessioni, guerre, inflazione e banche centrali chi dispensa ottimismo viene preso per folle.

Ovviamente non ho idea di cosa accadrà nel breve termine ma c’è un fatto che, a mio avviso, è degno di attenzione.
La Germania è entrata ufficialmente in recessione. Il mercato azionario tedesco negli ultimi 8 mesi ha messo a segno un rialzo di oltre il 30%.
Visto che viene riconosciuta ai mercati una certa capacità predittiva sulle sorti dell’economia, evidentemente i mercati sanno qualcosa che forse a noi sta sfuggendo.

Cosa c’entra con il tetto al debito? 

Il debt celing è l’ennesima questione negativa che va ad aggiungersi a una mole di pessimismo così diffuso e così profondo da non riuscire più a penalizzare il mercato azionario di un paese entrato ufficialmente in recessione.
Forse siamo così assuefatti al pessimismo che, ormai, le cose non possono che migliorare.

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2 Comments

  1. Domanda: esiste un individuo che il 19 febbraio 2020 immaginava di rimanere chiuso in casa? Niente è impossibile, ma a tutto, almeno fino ad oggi, si è sempre trovato una soluzione!!! Se vuoi mantenere il valore devi accettare la volatilità del mercato che è solo una CARATTERISTICA di esso e non un RISCHIO… buona domenica grande David!

    1. Tutti noi ambiamo agli ottimi rendimenti di lungo termine ma siamo spaventati dalla volatilità del breve periodo. Abbiamo imparato che, nella vita, tutto ha un prezzo. Negli investimenti il prezzo da pagare per il successo è rappresentato dal rimorso, dal rimpianto per non “aver venduto” in tempo e dall’incertezza sul futuro. In altre parole proprio dalla volatilità a cui fai giustamente riferimento.
      Cercare di ottenere il rendimento sfuggendo alla volatilità può essere paragonato al furto di un bene senza pagarne il relativo prezzo (impresa che raramente finisce bene).
      Dunque non dovremo cercare di non pagare questo prezzo quanto, piuttosto, renderlo il più equo possibile gestendo il rischio e la volatilità (e non sfuggendovi).

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