L’oracolo ha parlato!
Warren Buffett è probabilmente il più grande esempio vivente di investitore di successo.
Come ogni anno Buffett pubblica la lettera ai soci/investitori della sua holding Berkshire Hathaway .
Oltre a fornire il resoconto sull’andamento dell’attività aziendale, la lettera è fonte di preziose indicazioni utili a chiunque abbia a che fare con il mondo degli investimenti.
Anche quest’anno la comunicazione è ricca di interessanti riflessioni e analisi (il contenuto delle lettere annuali agli investitori è consultabile a questo link).
In questo articolo vedremo quali siano le preziose riflessioni di Warren Buffet da cui trarre ispirazione e quali siano, invece, le scelte inarrivabili per gli investitori non professionisti.
Indice
Come investe Berkshire Hathaway
Gli investimenti di Buffet vengono realizzati attraverso la sua società Berkshire Hathaway (di cui il presidente è lo stesso Buffett).
E’ interessante notare come nel comunicato l’oracolo tenga a precisare quali siano le tipologie di investimenti detenute.
Warren Buffett e il suo socio Charlie Munger (vicepresidente di Berkshire) perseguono, infatti, due strategie distinte:
- “In primo luogo investiamo in aziende che controlliamo”
Buffett acquista la proprietà di intere aziende, seleziona gli amministratori che le guideranno in modo da rilanciarne il business.
Quindi investe in azioni più con la mentalità da imprenditore attivo che non con quella da investitore passivo. - “In seconda battuta investiamo in azioni di società quotate”
Berkshire investe, inoltre, nei mercati finanziari tradizionali acquistando azioni che le consentono di “possedere passivamente” pezzi di imprese.
Le società vengono selezionate sulla base della sostenibilità del business e della prospettiva di crescita a lungo termine.
Questo passaggio evidenzia un’importante caratteristica della strategia difficilmente replicabile dal singolo: Buffett e Munger investono in primo luogo con una mentalità imprenditoriale ricercando un ruolo attivo nella gestione delle imprese in cui investono (“Charlie e io non selezioniamo azioni, selezioniamo business”).
Previsioni e analisi macro
Nel messaggio non manca un’allusione all’utilità delle previsioni e analisi macroeconomiche.
“Charlie ed io dichiariamo la nostra ignoranza e crediamo fermamente che le previsioni economiche e di mercato a breve termine siano peggio che inutili”.
Questa è una delle più importanti attitudini di Buffett, che ogni investitore dovrebbe riuscire a far propria: la capacità di rimanere saldo ai propri progetti a lungo termine a prescindere da come si mettano le cose nel breve periodo.
Ogni analisi, anche la più convincente e persuasiva, non servirà a migliorare i risultati dei tuoi investimenti nel lungo termine. Questo è il motivo per cui è così difficile battere il mercato.
Buffet aggiunge anche che “E’ fondamentale capire che le azioni spesso vengono scambiate a prezzi davvero folli sia alti che bassi. I mercati efficienti esistono solo nei libri di testo. Il loro comportamento è comprensibile solo in retrospettiva”.
Ciò significa che passeranno periodi, più o meno lunghi, in cui i mercati tratteranno impietosamente gli asset che detieni facendone crollare i prezzi. Altre volte, invece, l’euforia li farà invece lievitare fuori misura.
Tutto sembra chiaro con il senno di poi ma, quando si vivono i mercati con i “soldi reali”, uno dei modi migliori per non farsi sopraffare dal terrore di perdere è quello di non ascoltare le previsioni.
La scelta dei migliori titoli
Come solo i grandi leader sanno fare, Buffett non ha il timore di riconoscere i propri clamorosi errori. L’oracolo fa riferimento alla fortuna che spesso ha avuto un ruolo determinante nel suo successo, mentre ammette che molte delle sue scelte si sono poi rivelate mediocri.
“La fortuna di Berkshire deriva, in realtà, da poche ottime decisioni: Nel tempo bastano pochi vincitori per fare miracoli” .
Questa affermazione ribadisce il celebre concetto “La diversificazione è una protezione contro l’ignoranza”
Qui si pone la questione dell’abisso che separa le capacità di un comune investitore dal mito: riuscire a selezionare i titoli migliori è un’abilità che solo Buffett possiede.
Secondo lo studio dell’economista Hendrik Bessembinder gli strabilianti rendimenti dei mercati azionari vengono da un numero ristretto di titoli.
La rimanente parte restituisce ritorni inferiori a quelli dei titoli di stato.
La creazione di ricchezza prodotta dai mercati può essere attribuita a solo il 4% delle dei titoli mentre il rimanente 96% non riesce a battere il rendimento dei titoli di stato.
In altre parole l’investitore ha il 96% di probabilità sbagliare nella scelta delle singole azioni.
Questo spiega perché le strategie attive, che sono concentrate sui titoli più promettenti, la maggior parte delle volte non riescano a battere il mercato.
I grandi gestori professionisti, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono in grado di individuare i vincenti di domani. Pensare che possa riuscirci un investitore non professionista è pura follia.
Quindi meglio ammettere la propria ignoranza e diversificare quanto più possibile: solo questa scelta dà la matematica certezza di trovare quei pochi vincitori che consentono di fare i miracoli a cui lo stesso Buffett allude.



I buyback non sono necessariamente dannosi
Una prassi estremamente diffusa a Wall Street negli ultimi anni è quella dei buyback
Si tratta dell’attività con cui una società quotata acquista azioni proprie.
L’effetto finale dei buyback è quello di aiutare a far salire la quotazione delle proprie azioni, visto che aumenta la domanda sul mercato.
Questo tipo di pratica è oggetto di critiche diffuse perché stimolerebbe le aziende a utilizzare la liquidità con finalità speculative, anziché destinarla al business caratteristico e all’economia reale.
Inoltre i buyback contribuirebbero ad alimentare l’avidità dei manager di Wall Street i cui premi sono spesso corrisposti con l’assegnazione di azioni.
Ecco perché i riacquisti di azioni proprie possono rappresentare una potenziale insidia che crea un ingiustificato aumento delle quotazioni alimentando potenziali bolle speculative.
Nella sua lettera, Buffett giustifica con convinzione l’attività di buyback di Berkshire Hathaway sostenendo che “chi afferma che i buyback sono dannosi o vantaggiosi soltanto per i manager, è un’analfabeta economico o un demagogo dalla lingua lunga (o entrambe le cose)“.
Mi sembra un punto di vista interessante: i buyback non sono necessariamente una pratica speculativa ma possono rappresentare uno strumento per accrescere nel tempo il valore di una società.
Buffett pone questo esempio:
“Immaginate, tre soci di una concessionaria di auto locale. Uno dei tre gestisce l’attività, gli altri due, invece, contribuiscono solo con il proprio capitale investito. Immaginate, inoltre, che uno dei due soci di capitale desideri rivendere la sua partecipazione alla società ad un prezzo attraente. Una volta completata, questa transazione ha danneggiato qualcuno? Il manager è in qualche modo favorito rispetto ai proprietari passivi continui ? Il pubblico è stato ferito?“.
Mai scommettere contro l’America
Come sempre, Buffett non manca di esprimere la propria incrollabile fiducia nell’economia statunitense: “L’America sarebbe andata bene anche senza Berkshire Hathaway. Non è vero il contrario (…) Devo ancora vedere un momento in cui abbia senso fare una scommessa a lungo termine contro l’America. E dubito fortemente che qualsiasi lettore di questa lettera avrà un’esperienza diversa in futuro.
Per quanto riguarda il futuro, Berkshire avrà sempre una barca piena di denaro e Stati Uniti”
Se si guarda la storia degli ultimi 50 anni è difficile non essere d’accordo con Buffet: i rendimenti dell’S&P500 hanno ampiamente superato quelli degli altri mercati sviluppati.
Il fatto è che le leadership economiche e politiche non sono mai definitive.
La storia insegna che i grandi imperi economici si sviluppano fino ad arrivare al massimo splendore per poi declinare progressivamente e lasciare il posto ad altri contendenti.
E’ questo che è accaduto con l’impero romano, con quello cinese, e con quello coloniale olandese.
La storia si è ripetuta nel passato più recente, quando, ad esempio, l’Inghilterra ha progressivamente passato lo scettro di potenza mondiale agli Stati Uniti.
Nessuno sa quando gli USA perderanno il loro primato in favore di un altro contendente.
Potrebbero volerci decenni o forse secoli (il ciclo di ascesa e declino delle grandi nazioni è spiegato in modo magistrale nell’ultimo libro di Ray Dalio).
Ma se non sei Buffett, diversificare la tua esposizione geografica è la scelta più saggia.
A dire il vero sostituire gli Stati Uniti con il resto del mondo non sarebbe costato poi così tanto in termini di minori performance.
Questa immagine mette a confronto i rendimenti realizzati dalle principali asset class (azioni, titoli di stato a medio e breve termine) negli Stati Uniti e nel resto del mondo:



Viste le eccezionali performance di lunghissimo termine si è erroneamente portati a pensare che gli Stati Uniti siano sempre stati il miglior mercato azionario su cui investire.
In realtà non è affatto così.
E’ bene ricordare che il lungo termine e la somma di periodi più brevi in cui la forza dell’America spesso tende a svanire.
Questo grafico di JP Morgan evidenzia i periodi di sovraperformance degli Stati Uniti (in grigio) e quelli degli altri paesi sviluppati (in viola):



Non sempre gli Stati Uniti hanno la meglio.
Considerando che un indice globale è già, comunque, esposto per circa il 70% al mercato azionario statunitense, evitare di concentrare tutta l’esposizione azionaria nella corporate America è una scelta che Buffett probabilmente non condividerebbe ma il buonsenso sì (ne parlo dettagliatamente in questo post).
Conclusioni
Siamo tutti investitori di lungo termine fino a quando i mercati salgono.
Buffett è il mito vivente per tutti coloro che si interessano al mondo della finanza e quello degli investimenti.
Chi non vorrebbe riuscire a emularlo anche solo in minima parte?
E’ naturale che tutti noi comuni mortali cerchiamo ispirazione dalle sue parole e dalle sue decisioni di investimento.
Il patrimonio di Buffett è oggi stimato in circa 100 miliardi di dollari. Molti ignorano che 80 di questi 100 miliardi sono stati creati da Buffett dopo i suoi 65 anni.
Il suo successo non è dovuto solo alle sue innate doti e al suo inarrivabile fiuto per gli affari ma anche al fatto che sia sempre stato un buon investitore praticamente fin da quando era bambino.
Nessuno di noi si sofferma sul fatto che quest’uomo investe da oltre 75 anni.
Ed è in archi temporali così lunghi che la capitalizzazione composta dà il meglio di sé.
Ma per raccoglierne i frutti bisogna resistere agli alti e i bassi di mercato.
Questa è la vera dote di Buffett che ognuno di noi dovrebbe riuscire a far propria.