Dall’inizio dell’anno gli eventi e i mercati finanziari suonano come un disco rotto:
l’inflazione sembra non voler mollare la presa, le banche centrali continuano ad alzare i tassi e i listini (azionari e, ahimè, obbligazionari) scendono.
Eppure, dopo aver inanellato una lungo record di ribassi, qualcosa potrebbe star iniziando a cambiare: la banca centrale inglese è stata costretta a un drammatico intervento di emergenza per salvare i fondi pensione.
Per quanto preoccupante, questa manovra è un evento che potrebbe lasciar presagire un cambio nel corso degli eventi.
In questo articolo esamineremo le motivazioni alla base dell’intervento della BoE (Bank of England). L’obiettivo è quello di interpretare il segnale che questa iniziativa dà ai mercati e ai nostri investimenti (sarà un post un po’ tecnico 🤓).
Rialzo dei tassi: una spirale che si autoalimenta
Sappiamo che le banche centrali hanno avviato una massiccia serie di rialzi dei tassi per contrastare l’inflazione (spiego il meccanismo in questo post).
Questo ciclo di rialzi è stato il più rapido degli ultimi 35 anni.
Il grafico che segue mette a confronto la velocità dei vari cicli di rialzo dei tassi intraprese dalla FED dagli anni ‘90 ad oggi:





Quello attuale (la prima linea blu sulla sinistra) è stato il più rapido ed è arrivato a un livello maggiore rispetto all’ultima progressione del 2015 -2018 (l’ultima linea turchese sulla destra).
Quando parliamo di tassi, la FED, in un certo senso, detta legge:
tassi più alti negli USA significano rendimenti dei titoli di stato più elevati.
Rendimenti più elevati attirano capitali esteri alla ricerca di rendimento. In altre parole aumenta la domanda di asset in dollari che spinge verso l’alto il biglietto verde (chi acquista asset in dollari acquista anche dollari).
Il dollaro è la valuta di riserva globale: molte materie prime (e molte delle transazioni internazionali) sono regolate in dollari. Se il dollaro aumenta, aumenta il costo di approvvigionamento per i paesi esteri e questo mette ulteriore pressione all’inflazione.
Quindi gli altri paesi si muovono “a ruota della FED”: alzano i tassi per rendere più attrattivi i titoli di stato e difendere la propria valuta.
Un’inflazione persistente e tassi delle banche centrali in ascesa sono i principali fattori che hanno determinato i ribassi dei mercati azionari e obbligazionari.
Tassi in rialzo sì, ma quanto?
I banchieri centrali non perdono occasione per confermare l’intenzione di procedere ancora oltre. A quanto pare i tassi continueranno a salire e si manterranno alti ancora “per un po’”.
Powell è diventato il nuovo Volcker, il banchiere centrale che domò l’inflazione monstre degli anni 70 portando i tassi di interesse al 20%.





Dopo anni di tassi eccezionalmente bassi e di poderosi sostegni a favore dei mercati finanziari, alzare i tassi in modo così rapido può diventare molto pericoloso.
Oggi l’ammontare del debito globale è significativamente più alto rispetto al periodo che rese famoso Volcker.
Questo grafico mostra la crescita del debito statunitense rispetto agli anni ‘70:





Tassi di interesse portati a livelli così elevati, in modo così rapido, rischiano di rendere insostenibile il pagamento di questo debito: tassi più alti aumentano il peso degli interessi.
Si dice che le banche centrali potranno continuare ad alzare i tassi finché qualcosa non si romperà nell’economia.
La recente vicenda inglese ci dice che potremmo essere molto vicini a quel punto.
La Banca d’Inghilterra salva i fondi pensione
La banca centrale inglese è stata costretta a intervenire per evitare un possibile collasso del sistema previdenziale privato.
Il suo supporto è arrivato in seguito alle difficoltà manifestate da alcune tipologie di fondi pensione: i defined benefit pension plan (fondi a prestazione definita).
I fondi pensione così come li conosciamo, pagano una rendita proporzionale al capitale che è stato accumulato nel tempo.
I defined benefit pension plan, invece, pagano un importo fisso calcolato generalmente sulla base dell’ultimo livello di retribuzione dell’aderente.
Questa tipologia di strumenti é ormai preclusa ai nuovi sottoscrittori ma in Inghilterra una buona fetta del sistema pensionistico privato è regolato secondo questo sistema in forza di accordi stipulati nel passato (secondo reuters circa 2.000 miliardi di dollari).
I fondi pensione a prestazione definita investono gran parte delle loro risorse in titoli di stato a lungo termine. Questo permette di far fronte al pagamento delle rendite nel corso degli anni di pensionamento degli aderenti.
Visto che devono essere in grado di garantire lo stesso ammontare di rendita a prescindere dall’andamento dei rendimenti degli investimenti sottostanti, i defined benefit pension plan adottano particolari strategie di copertura per difendersi da un eventuale ribasso dei rendimenti. Questo consente di far fronte agli impegni con gli aderenti anche quando il portafoglio investimenti del fondo pensione viene rinnovato con titoli meno redditizi.
Questa copertura viene realizzata attraverso complesse operazioni (swap) concluse con società finanziarie specializzate.
Semplificando un po’ il meccanismo, il fondo pensione ottiene un pagamento di un importo fisso dalla controparte e si impegna a corrispondere un pagamento variabile originato dai titoli di stato in cui il fondo stesso ha investito. La controparte chiede, come garanzia, una parte dei titoli di stato detenuti dal fondo pensione.
Il vistoso rialzo dei tassi degli ultimi mesi ha progressivamente fatto crollare le quotazioni dei titoli di stato inglesi che sono arrivati a perdere oltre il 30%:





Il crollo delle quotazioni ha fatto diminuire vistosamente il valore della garanzia.
Le società che offrono copertura ai fondi pensione hanno quindi chiesto di reintegrare il valore della garanzia sottostante l’impegno reciproco.
Come hanno fatto i fondi a reintegrare queste garanzie? hanno venduto parte dei propri asset (cioè titoli di stato) il più in fretta.
La vendita massiccia da parte di questi fondi pensione ha ulteriormente fatto scendere i prezzi avvitando una spirale ribassista incontrollabile: le richieste di reintegro delle garanzie fanno scattare nuove vendite con nuovi ribassi e nuove richieste di reintegro.
Secondo Bloomberg dietro a questi fondi pensione ci sono, tra l’altro, società del calibro di Blackrock e Schroder. Questo dà un’idea della portata del fenomeno.
Il paradosso dietro al salvataggio
La BoE (Bank of England), per evitare il collasso dei fondi pensione, ha avviato un piano straordinario di acquisti illimitati di titoli di stato in modo da farne risalire le quotazioni e interrompere la spirale ribassista.
Le contraddizioni dietro a questa decisione sono decisamente evidenti.
Vediamo la successione degli eventi:
- La banca centrale alza i tassi per contrastare l’inflazione;
- Allo stesso tempo fissa una data per la riduzione del proprio bilancio (quantitative tightening) che, sostanzialmente, significa vendita dei titoli di stato detenuti dalla stessa banca centrale;
- Vista l’emergenza la BoE rinuncia alla riduzione del bilancio e, all’opposto, lo incrementa avviando un nuovo programma di acquisti di titoli di stato. Questo per favorire il recupero delle quotazioni (e, quindi, abbassare i tassi).
Da un lato si alzano i tassi di interesse per reprimere l’inflazione, dall’altro si tenta di mantenerli bassi acquistando titoli di stato.
Il motto delle banche centrali in questo momento è “hike until something in the economy breaks” cioè alzare i tassi di interesse fintanto che il funzionamento dell’economia e dei mercati sarà compromesso.
La vicenda inglese dimostra come le onde d’urto di rialzi forsennati possano danneggiare la stabilità dei mercati partendo da aree inimmaginabili.





Conclusioni
È perverso comunque tutto ciò che è troppo
Lucio Anneo Seneca
Le banche centrali e soprattutto la FED si sentono, comprensibilmente, responsabili della valanga inflattiva che ci sta travolgendo: i tassi sono stati tenuti a zero per troppo tempo confidando nella transitorietà dell’inflazione.
Una volta compreso che l’inflazione era un problema reale, hanno sovracorretto la rotta aumentando i tassi al ritmo più veloce della storia moderna.
I membri della FED, della BoE e delle altre banche centrali sono così imbarazzati da non aver saputo controllare l’inflazione, che adesso sono disposti a tutto pur di riconquistare la propria credibilità.





A quanto pare sembra che i banchieri centrali non abbiano l’umiltà di ammettere quanto sia difficile comprendere il contesto attuale.
La lotta all’inflazione è decisamente importante, ma il collasso dei mercati potrebbe avere costi inimmaginabili, come ci ha insegnato l’esperienza del 2008.
Il caso inglese è un primo segnale che potrebbe dare alle banche centrali il pretesto per moderare i toni senza perdere la propria credibilità.
L’aumento del costo del denaro è come l’uso dell’antibiotico in medicina, duro da assorbire, ma se utilizzato sotto la prevista prescrizione medica e monitorato clinicamente, ha effetto risolutivo. Non guardiamo sempre al male di breve, ma concentriamoci a non perdere di vista i nostri obiettivi di periodo. Grande David dai!
Luca, la tua riflessione è impeccabile: “se utilizzato sotto prescrizione medica e monitorato clinicamente”.
Parto dal presupposto che il supporto delle banche centrali (allentamento monetario) degli ultimi 15 anni, servisse, tra l’altro, a dare ai governi il tempo necessario per varare le riforme necessarie (riduzione del debito e aumento della produttività).
Un compito non certo facile che, a quanto pare, non è affatto riuscito (per mancanza dei governi e non dei banchieri).
Neppure quello dei banchieri centrali è un mestiere facile: comprendere le dinamiche inflattive in un contesto totalmente nuovo è molto complesso se non impossibile.
Ora Powell ha assunto i toni da nuovo Volker determinato a salvaguardare la credibilità della banca centrale.
Credibilità in questo momento per le banche centrali dovrebbe significare non solo alzare i tassi ma anche trovare coordinamento con i governi. Il caso inglese è un evidente dimostrazione dell’esatto contrario: la banca centrale che “stringe” alzando i tassi e il governo che “allenta” con i tagli fiscali.
La contraddizione tra politiche fiscali e politiche monetarie è il peggior segnale che si possa mandare ai mercati.
Io credo che la credibilità di una banca centrale significhi anche capire che diventa molto pericoloso alzare i tassi così rapidamente dopo che si è contribuito in maniera sostanziale a far crescere la finanziarizzazione del sistema economico. Essere credibili dovrebbe significare capire che oggi il livello di debito globale (300.000 miliardi) è talmente elevato rispetto all’era Volker che un approccio rialzista (sui tassi) ad ogni costo è pericoloso e meriterebbe almeno una pausa.
Vedremo se torneremo a una “giusta prescrizione” 🤓
Un caro saluto Luca e grazie, come sempre, per il tuo intervento.