Nel mondo degli investimenti la primavera è  associata alla distribuzione dei dividendi offerti dal mercato azionario.
Con l’arrivo della bella stagione infatti inizia il periodo in cui le società quotate riconoscono ai loro azionisti il pagamento di un importo per ogni azione posseduta. La cifra viene decisa dalla società anno dopo anno rispetto ai risultati di bilancio realizzati ed  alle prospettive future.

Questa strategia è utilizzata dall’investitore così detto cassettista, quello cioè che compra le azioni non tanto per rivenderle nel breve periodo, quanto piuttosto perché confida nel potenziale di crescita della società nel lungo periodo e decide quindi di  finanziarla acquistandone, appunto, le azioni per partecipare agli utili anno dopo anno.

Vedersi riconoscere una somma annua, indipendentemente dal valore delle azioni, rappresenta un’ottima gratificazione periodica per aver impegnato il denaro per un lungo periodo, contribuendo ad accrescere l’attrattività nei confronti dell’investimento azionario.

In questo articolo vorrei però analizzare il peso fiscale della tassazione dei dividendi per capire se sia possibile con altre scelte ottenere ancora più profitto magari riuscendo a pagare meno tasse… in modo legale ovviamente!

La Tassazione dei Dividendi

La tassazione del dividendo avviene “alla fonte” nella misura del 26%.

Questo significa che l’intermediario (bancario/finanziario) che ha in custodia le nostre azioni riconosce al proprietario delle azioni la cifra netta spettante e trattiene la percentuale di tassazione da versare poi allo stato.

Questo indipendentemente dal fatto che le azioni possedute in quel momento presentino un valore di mercato superiore o inferiore rispetto all’entità dell’investimento iniziale. Non esiste nessuna possibilità di compensazione su eventuali perdite di capitale.

Efficienza fiscale: il risparmio gestito

Esiste soltanto un’alternativa per evitare l’immediata tassazione dei dividendi e far sì che questi concorrano ad incrementare il valore dei nostri investimenti: l’industria del risparmio gestito consente infatti di rendere più efficiente il processo di imposizione fiscale dilazionando il pagamento delle tasse  al momento del disinvestimento finale.

In termini teorici può sembrare una questione un po’ contorta, ma all’atto pratico si tratta di un consistente risparmio.

Proviamo a fare un esempio del meccanismo  del prelievo fiscale e del suo paradosso rispetto alle oscillazioni del valore di mercato dell’investimento azionario:

Ipotizziamo di aver acquistato 600 azioni  Eni (società abbastanza nota anche per la generosità dei suoi dividendi) nel gennaio del 2013 ad un prezzo di € 17,80.

Per semplicità ometto di considerare costi di negoziazione applicati dagli intermediari finanziari:

600 azioni x € 17,80 =  € 10.680,00 Importo investito

Grafico andamento titolo Eni S.p.A.

La linea rossa rappresenta il livello del prezzo di acquisto (€ 17,80) rispetto all’andamento del titolo nel tempo:

Dall’anno successivo all’acquisto (2015) la quotazione del titolo si è sempre mantenuta al di sotto del prezzo di acquisto.


All’atto del pagamento del dividendo (mediamente € 0,80 per azione) sono state, però, regolarmente pagate le imposte secondo lo schema che segue:

Dividendi percepiti e tasse pagate

Vendendo oggi le azioni ad un prezzo di €15,70 otterrei un controvalore:

600 azioni x € 15,70 = € 9.420,00

Il guadagno complessivo ammonta a:

Controvalore di rimborso: €   9.420,00 +

dividendi netti percepiti:    € 2.131,20 –

importo investito:               € 10.680,00=

Guadagno netto:                  €   871,20.

Pari ad un 8,15% netto complessivo in 6 anni (un rendimento assai modesto per un investimento azionario. Ecco perchè è sconsigliabile focalizzarsi su poche società e preferire portafogli diversificati).

Invece vediamo adesso cosa accadrebbe  nel caso in cui potessimo reinvestire il dividendo nell’acquisto di nuove azioni del titolo (dilazionando il pagamento delle imposte all’atto del disinvestimento finale):

Per semplicità di grafico ipotizziamo che l’azienda stacchi i dividendi solo una volta all’anno (l’ENI in verità lo fa due volte) nella misura di € 0,80 per azione (esattamente come nell’ipotesi precedente).

Dividendi Eni reinvestiti in azioni Eni (al lordo della tassazione)

Al momento della vendita:

805 azioni x € 15,70 = € 12.638,50

Il guadagno complessivo ammonta a:

Controvalore di rimborso: €   12.638,50 –

importo investito:               €   10.680,00

Plusvalenza lorda: €     1.958,50 –

Tasse su Plusvalenza: €   509,21

Guadagno netto:                 €   1.449,29

Guadagno netto del 13,57% netto complessivo in 6 anni.

E questo esempio è stato fatto in una situazione di mercato avversa, cioè con un progressivo  calo del valore delle azioni. Nel caso in cui il valore delle azioni fosse invece aumentato nel tempo allora l’effetto  sarebbe stato ancora più evidente.

Come reinvestire i dividendi e posticipare il pagamento delle imposte

Posticipare il pagamento delle imposte rendendo così il meccanismo di imposizione fiscale più efficiente è possibile ricorrendo ai prodotti del risparmio gestito, come i Fondi Comuni di Investimento.

Si tratta di conferire il proprio patrimonio in gestione ad una società specializzata che provvederà ad investirlo in maniera professionale reinvestendo i dividendi e dilazionando il prelievo fiscale complessivo al momento del disinvestimento.

Fondi comuni di investimento: caratteristiche, virtù e oneri

Gestione professionale:

Con l’investimento in fondi comuni, si delega l’esercizio dell’attività di selezione, studio e monitoraggio a società specializzate (Società di Gestione del Risparmio) che si avvalgono di  competenze e di strumenti di analisi inaccessibili al risparmiatore. Questa caratteristica, unita al monitoraggio continuo del portafoglio investito, rende questo prodotto molto più affidabile della gestione fai da te.

Efficienza fiscale:

Come abbiamo già visto in precedenza, i guadagni da dividendi, cedole ed altre operazioni vengono reinvestiti al lordo delle imposte e tassati soltanto nella fase di liquidazione (disinvestimento) finale da parte dell’investitore. Questo significa che ogni guadagno reinvestito produce ulteriore guadagno al lordo delle tasse. Viene cioè posticipata la liquidazione delle imposte con risultato tanto più virtuoso quanto più lunga sarà la vita dell’investimento.

Elevata diversificazione:

Con un’unica operazione si accede ad un portafoglio diversificato di titoli difficilmente componibile autonomamente dal risparmiatore. Tale diversificazione consente di eliminare il c.d. rischio emittente. Si evita, cioè, di legare le proprie sorti ad un’unica società (come nel caso delle azioni Eni) che potrebbe anche ottenere forti perdite.

Costi:

C’è un prezzo da pagare per il servizio svolto:

L’attività di monitoraggio e di selezione professionale del portafoglio titoli viene pagata dal risparmiatore con il riconoscimento di commissioni che rappresentano il compenso per l’attività di gestione che può portare risultati difficilmente raggiungibili con il “fai da te”. Ecco il motivo principale per cui è estremamente importante imparare a selezionare i fondi comuni di investimento più efficienti (leggi l’articolo specifico)

Questo ultimo grafico evidenzia, appunto, il valore aggiunto di una gestione professionale rispetto ad un investimento  (diversificato) nel mercato azionario italiano:

Fondo azionario Italia vs mercato azionario Italia

In generale, una gestione diversificata (sia grazie ad un fondo di investimento azionario, linea blu, oppure creata in autonomia all’interno del mercato azionario, linea rossa)  è premiante rispetto all’investimento in un singolo titolo azionario (per quanto appetibile) come può essere Eni.

Ma, soprattutto, la capacità di selezione, l’attento monitoraggio e gli strumenti di analisi di una buona società di gestione, riescono ad individuare, nel tempo, quelle azioni che fanno meglio del mercato di riferimento.

Insomma, l’attività di gestione, quando è davvero  professionale, è in grado di ripagare il costo sostenuto e generare valore aggiunto rispetto ad un investimento “fai da te”.

Conclusioni: la potenza della capitalizzazione

E’ comprensibile che il gioco dei dividendi sia entusiasmante per la gratificazione che ne possiamo ottenere annualmente.

Tuttavia, come avrete visto, ci sono strade migliori per ottenere l’obiettivo della valorizzazione del proprio patrimonio. Reinvestire i proventi periodici (attraverso un fondo comune di investimento o un etf) amplifica le potenzialità del patrimonio. E’ il principio di cui spesso si sente parlare: “interesse composto” o coumpunding effect” .
Dividendi e cedole reinvestiti, produrranno a loro volta altre cedole e dividendi. In questo modo è possibile minimizzare il prelievo fiscale ed accrescere il capitale per effetto della capitalizzazione composta.

Nel futuro avremo così a disposizione un patrimonio rivalutato da mettere a frutto e decidere a quel punto quando e come ricercare strumenti che generino una rendita periodica, da cedole o da dividendi.

Leggi anche:

Perché devi investire in azioni e 2 strategie per farlo con successo;

Le origini del prezzo delle azioni;

7 miti da sfatare sul mercato azionario;

E se i mercati non (ri)crollassero?

Breve guida per la scelta di un fondo comune di investimento con l’aiuto di Quantalys;


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