MASSIMI MERCATO AZIONARIO

Ormai non c’è molto da girarci intorno: le valutazioni delle azioni sono elevate (per non dire care) se rapportate alle medie storiche.
Giunti a questo punto molti investitori si domandano (in realtà già da un po’ di tempo) se sia giunto il momento di consolidare mentre altri si chiedono se davvero sia un buon momento per iniziare ad investire.

Visto che indovinare il tempismo di ingresso e di uscita perfetto (il tanto rincorso “market timing”) è impossibile, ho pensato di condividere alcuni spunti operativi per adattare il portafoglio all’attuale situazione.
O, comunque, pianificare una corretta strategia di ingresso.

Quanto sono cari i mercati azionari

Uno degli indicatori più attendibili per valutare quanto le valutazioni siano elevate è l’indice CAPE (Cyclically-Adjusted Price-Earnings ratio) ideato dall’economista e premio nobel Robert Shiller.

Si tratta di un’evoluzione del Price Earning (ne spiego il concetto in questo post) cioè del rapporto tra prezzo di un’azione ed utile per azione. 

Si tratta di un dato molto più attendibile del semplice Price Earning in quanto il CAPE mette in relazione il prezzo dell’azione con gli utili degli ultimi 10 anni al netto dell’inflazione . Il dato che ne risulta è meno influenzato dal livello dei tassi di interesse e da alterazioni di breve termine.

Questo grafico mostra l’andamento storico del CAPE per il mercato azionario americano:

Escludendo la bolla tecnologica del 2000, i prezzi delle azioni rapportati ad utili ed inflazione sono oggettivamente sui massimi di sempre.
Questo non significa che i mercati debbano essere prossimi ad un nuovo tracollo come, ormai da tempo, in molti stanno profetizzando.
L’unica conclusione davvero sensata che se ne può trarre è che in questa situazione l’investitore dovrà aspettarsi rendimenti “attesi” (cioè plausibilmente raggiungibili) più bassi, maggiore instabilità e ribassi (drawdown) più consistenti. In altre parole la volatilità degli ultimi mesi non è stata che un semplice antipasto.

Queste tre tabelle analizzano appunto i rendimenti, la volatilità e i massimi ribassi registrati rispettivamente nei periodi in cui il CAPE si trovava al di sopra o al di sotto della media  (31.5):

Le tre tabelle mostrano come i rendimenti, (S&P 500 Average Forward Total Return) la volatilità (S&P 500 Average Forward Annualized Volatility) e i ribassi massimi ( S&P 500 Average Forward Maximum Loss) si siano evoluti in modo diverso in funzione al livello dell’indice CAPE. Quando l’indice CAPE si posiziona al di sopra della media (31,5) negli anni successivi aumenta la volatilità e la profondità dei ribassi mentre diminuiscono i rendimenti annualizzati.

Queste considerazioni rappresentano un buon motivo per liquidare i propri investimenti o per non investire?

Assolutamente no!

I mercati potrebbero infatti proseguire inesorabili nel rialzo. Inoltre il fisiologico incremento degli utili aziendali potrebbe riportare il CAPE su livelli più ragionevoli.
Quello che invece si dovrebbe fare è, piuttosto, seguire alcuni accorgimenti nell’allocazione dei propri investimenti.

contatta David Volpe

Diversificare: non soltanto America

Gli Stati Uniti sono il mercato azionario che negli ultimi 15 anni ha dato le maggiori gratificazioni.
Questa considerazione dovrebbe indurre l’investitore a due ordini di considerazioni:

  • Se il mercato USA è quello che è cresciuto di più, significa che è anche il più caro.
    Questo grafico mostra l’andamento dell’indice CAPE rispettivamente per Stati Uniti (linea celeste), Europa (arancione) e Paesi Emergenti (blu scuro):
  • Per il banale principio della “regressione verso la media” in forza del quale dopo periodi di sovra o sottoperformance le asset class si riportano sui valori medi, non è assolutamente detto che gli USA proseguano nella loro supremazia.

Oggi sembra assodato che gli Stati Uniti siano sempre stati il mercato più performante.
Questo tabella mostra come nel tempo la sovraperformance del mercato azionario USA rappresentata dalle onde grigie  si sia periodicamente alternata alla sovraperformance degli altri Paesi sviluppati racchiusi nell’indice EAFE (Europe, Australasia, Far East) e rappresentata dalle onde viola.

AZIONARIO USA E AZIONARIO PAESI SVILUPPATI
Fonte: JP Morgan

Mi capita spesso di imbattermi in analisi che propongono analogie tra la situazione attuale e lo scoppio della bolla dei titoli tecnologici degli anni 2000 che segnò un decennio non proprio ideale per il mercato azionario.
Proprio in quel decennio mentre il mercato americano (linea arancione) capitolava del 10% (a dispetto di chi crede che 10 anni siano un orizzonte temporale adeguato per investire solo in azioni), gli emergenti (linea verde) guadagnavano circa il 160%:

AZIONARIO USA E AZIONARIO EMERGENTI
Fonte MSCI

Questo non significa che gli Stati Uniti siano un’area geografica da eliminare dal portafoglio.
Tuttavia uno strumento a vocazione globale (fondo o etf che sia) è investito per oltre il 50% negli Stati Uniti. Volendo costruire un portafoglio “gestibile” con un numero di strumenti relativamente limitato, sarebbe molto più saggio affiancare Emergenti ed Europa ad un prodotto azionario globale piuttosto che inserire ancora America.

In questo post analizzo le potenzialità del mercato azionario europeo proponendo una selezione di strumenti, mentre in questo post analizzo come e perché investire nei Paesi Emergenti.

Diversificare gli stili di investimento

Le considerazioni che abbiamo appena fatto per la diversificazione geografica, possono essere riportate anche per gli stili di investimento.
Gli ultimi 10 anni hanno privilegiato lo stile growth (cioè la selezione delle società caratterizzate da forti prospettive di crescita), a scapito dello stile value che predilige, invece, società mature con utili stabili ma con basse prospettive di crescita (in questo post analizzo le differenze tra growth e value).

Il grafico mostra il divario tra i due stili nell’ultimo decennio (growth linea verde, value linea arancione):

GRAFICO CONFRONTO GROWTH & VALUE
Fonte: MSCI

Certo questo divario potrebbe proseguire. 
Tuttavia l’investitore dovrebbe comprendere che la predominanza di uno stile di investimento o di un area geografica rispetto ad un’altra si ripercuote inevitabilmente nella composizione degli indici e dei prodotti di investimento:

se l’America performa meglio degli altri Paesi, aumenterà il suo peso negli indici globali e, di conseguenza, nei fondi e negli etf.
Se lo stile growth sovraperforma il value, aumenterà la sua importanza a livello globale e, di conseguenza, nei portafogli degli investitori.

Ecco perché è importante inserire strumenti specifici su stili ed aree geografiche sottopesate a livello globale.
Oggi nel portafoglio di un etf o di un fondo azionario globale, ci sarà molto spazio per lo stile growth e molto poco per il value.

Tuttavia è proprio lo stile value che oggi presenta valutazioni più attraenti. Ed è ancora lo stile value che nel decennio a cavallo tra il 2000 ed il 2010 ha salvato i portafogli degli investitori più avveduti:

GRAFICO CONFRONTO GROWTH E VALUE

Mentre lo stile value si apprezzava del 50%, il growth scendeva di oltre il 10%.
Già da tempo su questo blog si parla dell’importanza dell’utilizzo delle strategie value.
Oggi diventa indispensabile considerarle nelle proprie scelte di investimento.

Ancora una volta: non trascurare le obbligazioni

Mi sento spesso dire che con gli attuali rendimenti investire in obbligazioni non ha più senso.
A maggior ragione viste le prospettive di crescita dell’inflazione e di rialzo dei tassi (ne parlo dettagliatamente in questo post).

Pensare di attendere rendimenti più generosi per considerare l’investimento obbligazionario equivale a credere di poter aspettare il prossimo crollo per investire in azioni.
L’andamento di inflazione, tassi e mercato obbligazionario non è prevedibile esattamente come non lo è quello del mercato azionario.

E, soprattutto, non è stato ancora inventata un asset class in grado di svolgere la stessa funzione che svolgono le obbligazioni.

Quando le azioni crollano, le obbligazioni offrono una valida protezione al portafoglio oltre a costituire una risorsa da utilizzare per l’attività di ribilanciamento.

Questa tabella mostra i risultati di un portafoglio obbligazionario di elevata qualità (Aggregate Bonds) durante le fasi di forte ribasso del mercato azionario:

Sebbene oggi le obbligazioni non offrano gli stessi rendimenti del passato, mantengono un valore fondamentale nel proteggere dai ribassi e nelle attività di ribilanciamento .

Considera l’utilizzo di asset class alternative

L’utilizzo di strategie di investimento alternative può contribuire a ridurre la volatilità del portafoglio ed aumentare i rendimenti attesi.
Gli strumenti di investimento “alternativi” puntano a ricercare rendimento al di fuori delle tradizionali attività di investimento come azioni e obbligazioni.

Le strategie alternative si suddividono in due categorie:

  1. Strategie liquide: cioè investibili e smobilizzabili in qualunque momento. Si tratta di strumenti dove la società di gestione ha un ampio margine di azione. Questo, da un lato, ne amplia le possibilità di successo ma , dall’altro, ne incrementa il margine di errore. Ecco perché non dovrebbe essere destinato a questo tipo di soluzioni oltre il 5% del proprio portafoglio (ne parlo dettagliatamente in questo post);
  2. Strategie illiquide: che prevedono, cioè, l’immobilizzazione del capitale per un lungo periodo di tempo (dai 7 ai 12 anni).
    Una delle più importanti e diffuse è il Private equity che nel corso degli anni è stato in grado di offrire ritorni addirittura superiori di quelli del mercato azionario (ne parlo in questo post).

Conclusioni

A differenza di altri, non suggerisco di acquistare indipendentemente dalle valutazioni. Ma se si dà troppa importanza alle valutazioni, è difficile acquistare grandi imprese

D.Muthukrishnan

Le valutazioni sono uno dei tanti indicatori che vengono utilizzati per interpretare i movimenti del mercato. 

Ovviamente il fatto che oggi siano oggettivamente elevate non fornisce nessuna certezza sul futuro degli indici azionari. Le azioni potrebbero tranquillamente proseguire ancora la corsa al rialzo come potrebbe aprirsi un periodo di consolidamento o una brusca correzione.

Tuttavia la storia ci dice che quando le quotazioni si trovano sui livelli attuali, i rendimenti futuri tendono ad essere più bassi mentre l’instabilità tende ad aumentare. In altre parole la “festa” degli ultimi dodici mesi che ha visto una crescita indistinta per tutti i settori è davvero finita.

Diversificare con criterio il proprio portafoglio significa esporsi ad una pluralità di scenari aumentando significativamente le probabilità di successo e gestendo la volatilità.
L’obiettivo non è quello di individuare l’asset o il settore migliore ma piuttosto evitare di puntare soltanto su quello che sarà il peggiore.
In altre parole diversificare di più e meglio ma senza frammentare il portafoglio.

Leggi anche:

Mercati: in arrivo tempi duri?

Investire nel 2021: le trasformazioni chiave da cogliere.

Quando ribilanciare il portafoglio.

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1 Comment

  1. Alter ego di prezzo & valore lo si trova nel binomio pago & compro, ad esempio un servizio si paga un bene voluttuario lo compro. Dove sta la differenza? In generale pagare significa poter fruire di un bene primario mentre comprare soddisfare un istinto. Da qui scatta il fattore Mr. Market che forma i prezzi sulla irrazionalità di chi vi partecipa, esseri umani che seguono il trend di pagare pur di avere senza valutare cosa comprano. Questo vale anche nel debito, compro un passivo altrui con spread allettante, ma poi perdo il capitale, infatti il debito è da sempre sano e sostenibile se produce utili e non se aumenta la propria esposizione debitoria magari a leva come ad esempio i subprime. Ergo invece di chiedersi risposte impossibili quali le valutazioni di un qualunque asset, almeno per un risparmiatore alias investitore, molto meglio perseverare nel percorre la strada della costruzione di una propria asset allocation, sempre aggiornata e plasmata con i crismi cardine:
    – necessità;
    – obiettivi;
    – tempo
    …solo dopo partecipo ai mercati affidandomi alla maestra dei professionisti che avvalendosi di prodotti prevalentemente direzionali, sia attivi che passivi, il loro connubio possa utilizzare le capacità di gestione, sia umana che quantistica, con specifici strumenti fondi o etf o strategie come ad esempio uno piano dì accumulo “palestrato” Smart Pac da utilizzare per obiettivi ambiziosi ma lontani…
    Le azioni sono care ma certamente con esse detengo qualcosa che ambisce a creare valore, le obbligazioni sono sicure? Dipende… mentre gli alternativi sia liquidi che non, solo con un uso chirurgico e non di medicina generale per fare un eufemismo alla sfera della sanità, quindi non per tutti.
    A presto

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