Ci avviciniamo alla conclusione del 2023 con un bilancio finale che non può certo dirsi soddisfacente: dopo ormai quasi due anni di turbolenze i portafogli bilanciati sono ancora ben lontani dai livelli  raggiunti alla fine del 2021.
Inutile dire che la marcia verso il recupero continua ad essere rallentata proprio dalle obbligazioni, che avrebbero dovuto garantire la stabilizzazione del portafoglio.

A quanto pare le prospettive sono tutt’altro che rassicuranti: aumentano le voci di coloro che sostengono sia necessaria una radicale rivisitazione della tradizionale diversificazione azioni/obbligazioni.

In questo articolo faremo un quadro della situazione per capire meglio cosa stia veramente accadendo sui mercati e ai portafogli, al di là del frastuono mediatico.

Lo strano caso della capitolazione dei bond

A lungo, negli ultimi 18 mesi, abbiamo spesso sentito parlare di “capitolazione”.
Si tratta di quella fase del mercato ribassista in cui gli investitori privati, estenuati dai ribassi, si arrendono: decidono di vendere le proprie azioni (generalmente sui minimi di mercato) per porre fine all’angoscia.
Tipicamente si tratta della fase conclusiva di un bear market che determina l’ultima gamba di ribasso per lasciare spazio al successivo recupero.
Questo grafico mostra l’alternanza dei diversi cicli di mercato con l’indicazione dello stato emotivo degli investitori:

E’ curioso come ai mercati piaccia farsi beffa delle ragionevolissime analisi predittive di analisti e gestori: la capitolazione c’è stata, ma non sul mercato azionario.
A capitolare sono stati gli investitori obbligazionari.

Dopo il 2022 con le prospettive di recessione (e quindi ribassi delle azioni) le obbligazioni, a seguito del rialzo dei rendimenti, erano considerate un’affare.
Così gli operatori hanno pensato di uscire dalle azioni (per evitare gli imminenti ribassi) e posizionarsi sui bond.

Questa immagine mostra il posizionamento dei gestori di fondi all’inizio del 2023 e allo scorso mese di settembre.
In blu le asset class su cui è stata incrementata l’esposizione, in rosso quelle in cui è stata diminuita:

Se non che le obbligazioni hanno continuato a scendere a dispetto delle più attente analisi:

TREASURY USA RIBASSO 2023
Treasury USA – Fonte: Koyfin

Dopo aver continuato a comprare, vedendo nei bond un ottimo affare, adesso gli investitori obbligazionari hanno capitolato spaventati dal rischio di ulteriori ribassi.

Portafogli bilanciati: prepararsi al peggio?

Chi contesta la validità dei portafogli bilanciati tradizionali adduce motivazioni assolutamente convincenti.
Siamo entrati in una nuova era caratterizzata da tassi e inflazione strutturalmente più alti.

L’acuirsi delle tensioni geopolitiche tra oriente (Cina e Russia) e occidente (Stati Uniti ed Europa) avrebbe dato il via a un processo di progressiva de-globalizzazione:
la produzione delocalizzata nei paesi orientali per sfruttare i minori costi verrà gradualmente riportata in patria o spostata in “paesi amici”.
Questo comporterà maggiori costi e, quindi, maggiori pressioni sull’inflazione, portando ulteriori difficoltà per i portafogli bilanciati a causa del protrarsi dei ribassi simultanei di azioni e obbligazioni.

Alla luce delle recenti notizie sul fronte della politica e delle relazioni internazionali oggi questo sembra essere uno scenario più che realistico.
Tuttavia bisogna considerare che riportare la produzione in patria o comunque spostarla nei paesi non ostili non sarebbe certo un processo facile e indolore: quanto tempo richiederebbe e quale sarebbe il prezzo da pagare in termini di aumento dei costi di produzione?
Per le grandi aziende statunitensi ed europee la Cina è un importante mercato di riferimento: sarebbero pronte a rinunciarci?
Allo stesso modo la Cina, alle prese con un’economia in rallentamento e con le difficoltà del mercato immobiliare, sarà disposta a sacrificare l’occupazione offerta dalle imprese occidentali?
Sarà in grado di trovare degni sostituti alla partnership commerciale con i paesi occidentali?

Personalmente non sono in grado di trovare risposta certa a questi difficili interrogativi (a questo link un’analisi più dettagliata sull’argomento).

Oggi gli investitori sono preoccupati per il movimento correlato di azioni e obbligazioni che, nelle ultime settimane, hanno ripreso a scendere simultaneamente.
Negli ultimi dieci anni siamo stati abituati a vedere una relazione inversa pressoché costante tra azioni e obbligazioni: durante le fasi di ribasso le obbligazioni salivano prontamente fornendo un adeguato “airbag” ai portafogli bilanciati.
In realtà, questa relazione inversa non è affatto  la norma: in passato ci sono stati periodi relativamente lunghi in cui le obbligazioni si sono mosse al ribasso in tandem con le azioni.
La variabile principale che unisce le sorti di azioni e di obbligazioni è proprio l’inflazione:
in periodi di elevata inflazione i ribassi coinvolgono entrambe le asset class (si dice, cioè, che la correlazione è positiva), in contesti di bassa inflazione le obbligazioni proteggono dai ribassi dei bond (la correlazione diventa negativa. Ne abbiamo già parlato dettagliatamente in questo articolo sul futuro del portafoglio classico 60/40).

Il dato positivo è che l’inflazione sta progressivamente scendendo (per quanto ultimamente la sua discesa stia rallentando)
Questo grafico mostra l’andamento dell’inflazione negli Stati Uniti (fonte: Fed St. Louis):

La narrativa e i mercati finanziari

A prescindere dalle analisi macroeconomiche, ogni tanto vale la pena ricordare che sono sempre i prezzi degli asset a guidare l’elaborazione degli scenari futuri che vengono prontamente disegnati da economisti e gestori.

Quando le diverse  asset class (azioni, obbligazioni, materie prime ecc..) si sono mosse per un periodo di tempo più o meno prolungato in una direzione, si tende naturalmente a elaborare teorie che giustificano il proseguimento del trend.
Nel momento in cui vengono formulate, queste “narrative” sono assolutamente convincenti perché riflettono gli effetti degli ultimi avvenimenti a cui siamo diventati particolarmente sensibili.

Mi capita spesso di leggere commenti e analisi che propongono analogie tra l’attuale periodo e il 2007: anche al tempo i tassi delle banche centrali erano saliti.
Di lì a poco i mercati furono travolti dalla più grande crisi finanziaria della storia moderna.

Cosa si diceva al tempo?

2023 VS 2008

Gli esperti non brillarono certo per tempismo: abbondante ottimismo prima del crollo ed eccessivo pessimismo prima del rimbalzo.

Al di là delle notizie economiche e delle  previsioni, l’andamento dei mercati è guidato da come la realtà dei fatti si confronta con le aspettative degli investitori.
Quando gli operatori sono ottimisti e confidano in un rialzo delle quotazioni, i mercati diventano vulnerabili a potenziali sorprese negative.
Viceversa quando domina il pessimismo è difficile sorprendere ulteriormente in negativo chi è già preparato al peggio. Diventa, invece, più probabile lo stupore per sorprese in positivo.
Ecco perché si dice che i mercati (tanto quelli azionari quanto quelli obbligazionari) salgono quando le notizie smettono di peggiorare.

Raggiunto un certo livello, le condizioni di negatività sono già tutte state recepite e gli investitori perdono la capacità di  sorprendersi delle cattive notizie.
Giunti a questo punto è sufficiente  un piccolo miglioramento, (anche all’interno di un contesto ancora difficile) per innescare un’inversione di tendenza.

Qual è il livello di negatività che è già stato recepito dagli operatori?

Le aspettative degli investitori come potranno confrontarsi con l’effettiva realtà?

contatta David Volpe

Aspettative vs Realtà

Proviamo a vedere adesso quale sia l’atteggiamento degli investitori per quanto riguarda il futuro delle due principali asset class alla base dei portafogli bilanciati.

Azioni

Le aspettative  degli investitori rispetto al futuro dei mercati azionari principalmente si misurano attraverso due indicatori: l’umore (il cd. “sentiment”) degli investitori privati e l’esposizione azionaria (cd. “posizionamento”) degli investitori istituzionali (i gestori dei fondi).

Investitori privati

Negli Stati Uniti settimanalmente viene rilevato l’atteggiamento degli investitori privati attraverso un sondaggio condotto dall’American Association of Individual Investori (AAII).

Questo grafico mostra la variazione nel tempo della percentuale degli investitori privati che si dicono ottimisti sul futuro dei mercati (la linea nera rappresenta la media storica):

Fonte: AAII

Quello che si nota è che la fiducia è durata ben poco: dopo un barlume di speranza,  alimentato dai rialzi della prima parte dell’anno, la percentuale di ottimisti è tornata a scendere.

Investitori istituzionali

Il lavoro degli asset manager (cioè i gestori di fondi) è quello di modificare la propria esposizione alle azioni in modo da migliorare le performance: l’idea di fondo è quella di riuscire a ridurre la quota azionaria prima dei ribassi e provare a incrementarla prima dei rialzi.
Questo grafico mostra la variazione della quota azionaria nei portafogli dei gestori negli ultimi 12 mesi:

Anche per i gestori esperti la fiducia nella tenuta dei mercati azionari non è durata granché:
negli ultimi due mesi la loro esposizione azionaria si è sensibilmente ridotta.
Si tratta del maggior calo dal 2022. Come dargli torto, viste le prospettive ancora decisamente incerte.

In realtà, l’umore degli investitori e il posizionamento degli asset manager sono segnali da interpretare in ottica “contrarian”.
Questo grafico mette in relazione l’andamento dell’S&P500 (in verde) con l’esposizione azionaria degli asset manager (in blu):

S&P500 vs NAAIM Exposure Index
Fonte: NAAIM

Quello che si nota è che i gestori dei fondi tendono a schiacciare l’acceleratore del rischio (incrementando le azioni) quando il mercato è già sui massimi mentre tendono a rallentare (scaricando azioni) quando le quotazioni sono prossime ai minimi.

Quando il pessimismo è elevato significa che una larga maggioranza degli investitori ha venduto le proprie azioni ed è uscita dal mercato.
Questo significa che diminuisce il numero di potenziali ulteriori venditori (visto che molti hanno già venduto) e aumenta quello di potenziali acquirenti (usciti dal mercato in attesa di prospettive migliori).
Un aumento degli acquisti contribuisce a sostenere le quotazioni.

Obbligazioni

Abbiamo già detto nei paragrafi precedenti che gli investitori hanno progressivamente comprato bond considerandoli molto più convenienti delle azioni in vista di un’imminente recessione (che, sappiamo, non essersi ancora materializzata).

Le obbligazioni sono state un’ottima occasione di acquisto per tutta la prima parte dell’anno ma ora che sono scese ulteriormente (e, dunque, sono diventate ancora più convenienti) iniziano a essere percepite come rischiose. Si teme che il bear market obbligazionario possa protrarsi a tempo indeterminato.

Questa immagine mostra il cambio di atteggiamento delle grandi case di investimento rispetto all’investimento obbligazionario: un’ottima opportunità fino a qualche mese fa, oggi un pericolo da cui stare in guardia:

Certo resta difficile dire quanto ancora possano scendere le obbligazioni.
Tuttavia il fatto che gli operatori si siano incupiti assume oggi una certa rilevanza: esattamente come accade per le azioni, un aumento del pessimismo è presagio dell’approssimarsi dell’inversione di un trend.

Conclusioni

Investire a lungo termine non è mai facile. Immagina quante notizie negative devi ignorare per mantenere la rotta.

D. Muthukrishnan

Anche per gli investitori più esperti è difficile rinunciare a cambiare strategia quando il portafoglio che hanno scelto  non accenna a crescere, come avevano previsto.

Modificare qualcosa sembra essere una scelta di buonsenso:
per la maggior parte dei prodotti che utilizziamo è giusto preoccuparsi quando si riscontrano delle inefficienze.
Un frigorifero, un’auto, uno smartphone che non funzionano come dovrebbero, non inizieranno a funzionare a patto che non vengano aggiustati.
Questo approccio, tuttavia, non è applicabile al mondo degli investimenti:
devi essere in grado di accettare che il tuo portafoglio potrebbe richiedere del tempo prima di dare i risultati sperati.

La diversificazione è importante ma non è necessariamente detto che funzioni come ci si aspetta nel breve termine:
azioni e obbligazioni sono le due principali asset class che dovrebbero rappresentare il cuore di ogni strategia di investimento.
Certo è ragionevole pensare di utilizzare anche altre attività di investimento per migliorare la diversificazione di un portafoglio e rendere più confortevole il viaggio (ne abbiamo parlato in questo articolo), tuttavia, sostenere che la combinazione azioni/obbligazioni non sarà più valida per l’investitore di medio lungo periodo è eccessivo.

Uno degli errori principali che si commettono in ambito finanziario è quello di credere che il recente passato sia destinato a ripetersi:
eravamo convinti che la classica combinazione azioni/obbligazioni fosse la soluzione vincente quando i tassi dei bond erano prossimi allo zero perché le obbligazioni provenivano da anni di rialzi.
Oggi che i rendimenti sono saliti (e, dunque, le obbligazioni hanno un maggior potenziale di rendimento) sembra che il portafoglio bilanciato tradizionale si sia definitivamente rotto.
E’ bene ricordare che la fase in cui tornerà a funzionare non sarà anticipata da nessun proclama. 
L’unica strada per sfruttarla al meglio è quella di mantenere la pazienza.

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2 Comments

  1. …”devi essere in grado di accettare che il tuo portafoglio potrebbe richiedere del tempo prima di dare i risultati sperati”. Partiamo da qui: per fare si che questo possa concretizzarsi devi conoscere gli strumenti che acquisti, in questo modo puoi apprezzare, valorizzare e fare “effetto ancoraggio” circa le caratteristiche intrinseche che ora il mercato permette di esprimere allo strumento in uso. Visto che nel titolo si è creato allarmismo sui bond chiedo:
    – quanti conoscono il proprio rendimento a scadenza attuale rispetto al 2021?
    Pertanto, se si è costruito il portafoglio in linea con l’esigenza soggettiva che permette di mantenere le posizioni, le diverse duration detenute ora, a parità di tempo prospettico rispetto al 2021, possono restituire un rendimento futuro nominale maggiore e direi quasi attraente, ma bensì anche un ritorno reale positivo se si sono incluse le tanto incomprese obbligazioni inflation linked. Tutto questo senza che sia cambiato il rischio di fondo degli asset detenuti, visto che il rating delle obbligazioni in corpo è e mantenuto in quanto il gestore deve adempiere al prospetto, ovvero se compro corporate non posso detenere HY.
    Facciamo cultura che il cliente, come lo scrivente, conosca il valore e non il prezzo…
    Buona domenica David e complimenti come sempre!!!

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