Il 29 ed il 30 ottobre si è svolta a Milano la manifestazione “Ali Expo” organizzata da Azimut per promuovere l’incontro tra il mondo imprenditoriale e i risparmiatori italiani, e aprire le porte all’era dell’investimento in economia reale .
Ultimamente si sente sempre di più parlare di questo strumento, proprio perché da iniziale possibilità elitaria a disposizione esclusivamente dei grandi investitori, adesso è diventata una opzione alla portata di tutti, attraverso un importante processo di democratizzazione.
Per poter approfondire tutte le tematiche che vertono intorno all’ampio concetto di economia reale Azimut ha voluto organizzare quello che è stato a tutti gli effetti un grande palcoscenico su cui si sono avvicendati autorevoli esponenti dell’imprenditoria, delle start up italiane, della finanza e del mondo intellettuale.
Ecco alcuni dei nomi di spicco che hanno partecipato all’evento: Corrado Passera, (Ceo Illimity); l’economista Carlo Cottarelli, Oscar Farinetti (fondatore di Eataly); Pietro Ferrari (vicepresidente Ferrari); Matteo Marzotto (presidente Dondup), Tito Boeri (professore ordinario Università Bocconi ed ex presidente Inps) nonché l’alta dirigenza della società organizzatrice dei suoi gestori unitamente ad altri marchi celebri del mondo finanziario (Schroders, Natixis, Aberdeen, Alliance Bernstein, Mamacrowd, Borsa del Credito, StartupItalia).
Obiettivo principale: stimolare scelte sostenibili, innovative e remunerative in campo finanziario e imprenditoriale.
Cerchiamo di analizzare, soprattutto per chi non è potuto essere presente, quali siano gli scenari che si sono aperti per il mondo dei risparmiatori e quali le tendenze che sosterranno gli investimenti del prossimo futuro.
Il risparmio gestito incontra l’economia reale
Come spiegato da Marco Belletti AD di Azimut Libera Impresa, organizzatrice dell’evento, l’obiettivo della manifestazione è stato duplice: da una parte dare l’opportunità agli investitori di scoprire questo nuovo canale di investimento che permette di finanziare le aziende del territorio italiano, promettenti ma ancora non quotate in borsa.
Dall’altro, dare agli imprenditori l’opportunità di sviluppare il proprio business ottenendo un sostegno economico da altri canali che non siano i soli istituti di credito.
Le imprese
Circa il 90% del tessuto imprenditoriale italiano è rappresentato da piccole e medie imprese non quotate sui mercati azionari.
Queste imprese contribuiscono alla formazione dell’80% del PIL italiano e costituiscono la principale fonte di occupazione del Paese. Globalizzazione, mancanza di supporto da parte del sistema finanziario e del sistema pubblico rendono sempre più esposta questa importante risorsa ad acquisizioni straniere.
Anche L’economista Carlo Cottarelli, intervenuto alla conferenza d’apertura della convention, ha sottolineato le attuali difficoltà per le imprese ad accedere sia al credito che a piani di sviluppo ed investimenti che sono frenati, tra le altre cause, da eccessiva burocratizzazione.
Per le imprese, oltre a conferenze specifiche che hanno approfondito il canale dell’economia reale, sono stati organizzati momenti di incontro con importanti incubatori di aziende quali Gellify, che seleziona, investe e fa crescere startup innovative connettendole con aziende consolidate.
Lo stesso ex ministro Corrado Passera, attualmente CEO di Illimity, ha evidenziato l’importanza dell’innovazione come spinta propositiva ad un nuovo sviluppo economico.
I risparmatori
Dall’altro lato troviamo i risparmiatori italiani le cui ricchezze sono dimenticate sui conti correnti ed esposte a costi amministrativi, di imposizione fiscale ed all’effetto erosivo dell’inflazione (seppur ridotto rispetto al passato – leggi l’articolo di approfondimento – ).
L’incontro tra questi due attori renderà possibile, da un lato la crescita e lo sviluppo del mondo produttivo nazionale e dall’altro conseguire rendimenti interessanti per i risparmiatori, grazie alla partecipazione agli utili ed alla crescita delle aziende non quotate.
Sostanzialmente viene presentata al risparmiatore la possibilità di “comprare” quota parte delle aziende italiane. Quelle stesse aziende che vengono spesse conquistate da capitali e investitori stranieri.
E’ sempre Corrado Passera ad illustrarci come sia un’opportunità fondamentale quella di coinvolgere i risparmi degli italiani per sviluppare un circolo virtuoso che porti benessere a tutti gli attori.
Di fatto viene aperta una possibilità che fino a ieri era riservata esclusivamente ai grandi capitali con soglie minime di accesso pari ad € 500.000.
Investire nell’economia reale: potenzialità e precauzioni
Gli investimenti in economia reale hanno offerto storicamente rendimenti superiori rispetto ad alternative obbligazionarie e agli investimenti nelle società quotate:
La tabella riporta (prima riga) i rendimenti annualizzati registrati nel 2018 conseguiti per questa tipologia di investimento rispettivamente in un arco temporale di 3, 5 e 10 anni.
A fronte dell’appetibilità in termini di rendimento, bisogna considerare che non sarà possibile svincolarsi dall’investimento prima della scadenza pattuita come invece accade nei mercati finanziari tradizionali, in cui in ogni momento è possibile vendere le proprie azioni. Questo è il motivo per cui l’orizzonte temporale proposto è sempre di lungo periodo (mediamente 10 anni – approfondisci leggendo l’articolo dedicato).
Gli strumenti per investire in economia reale
Le alternative con cui un investitore privato può “finanziare” ed acquistare quote di una società sono state presentate attraverso le molte conferenze organizzare durante i due giorni dell’’Expo.
Queste modalità di investimento nell’economia reale, seppur legate da una matrice comune, presentano caratteristiche diverse e diverso profilo di rischio/rendimento:
Equity crowdfunding
Si tratta di piattaforme on line che consentono al risparmiatore di investire direttamente in startup innovative e piccole imprese acquistandone quote societarie.
L’investimento si realizza attraverso portali dedicati autorizzati dalla Consob. Ad esempio è intervenuto alle conferenze Dario Giudici, Co-Founder di Mamacrowd, la piattaforma italiana al primo posto per capitale raggiunto con oltre 31 Milioni Raccolti, 210 progetti realizzati e 6500 investitori.
In questo caso si investe in cambio di quote; si diventa, cioè, soci di imprese acquisendo il diritto di partecipare agli utili ed al processo di sviluppo: se l’impresa avrà successo, la partecipazione acquisita si rivaluterà.
L’investimento espone al rischio tipico d’impresa: in caso di insuccesso si rischia di perdere parte o addirittura la totalità del capitale investito.
Inoltre bisogna considerare che fino ad un’ipotetica quotazione piuttosto che ad una futura acquisizione da parte di altra società, sarà difficile trovare un potenziale compratore a cui rivendere la propria partecipazione.
Nel corso della conferenza sul crowdfunding il prof. Giancarlo Giudici, (Direttore osservatori sul crowdinvesting e docente di Corporate Finance presso il Politecnico di Milano), ha anticipato che è in fase di studio la realizzazione di un sistema di scambio che consenta ai privati di cedere e acquistare autonomamente le quote di queste aziende.
Mentre l’equity crowdfunding prevede l’investimento diretto da parte del risparmiatore che dovrà, autonomamente, selezionare le società di suo interesse, le alternative seguenti consentono di investire in piccole e medie imprese avvalendosi di società di investimento specializzate che si occuperanno della selezione delle migliori opportunità:
Private equity
Prevede l’investimento in imprese non quotate collocate in una fase di crescita significativa. In questo caso il capitale conferito dal risparmiatore alla società di gestione verrà diversificato tra più aziende ed ogni partecipazione sarà attentamente presidiata: la società che ha raccolto i capitali da investire partecipa, infatti, all’attività delle imprese in cui investe e alle decisioni strategiche apportando conoscenze ed esperienze e lasciando all’imprenditore la parte operativa.
La durata di questa forma d’investimento (un tempo appannaggio dei grandi capitali) è, tipicamente, di circa 10 anni entro i quali il risparmiatore rientrerà in possesso del proprio capitale rivalutato nel tempo.
Azimut ha presentato durante la convention il primo prodotto di Private equity accessibile anche ai piccoli risparmiatori.
Venture capital
E’ una forma d’investimento analoga al private equity ma, in questo caso, le aziende interessate al processo di selezione si trovano nella fase di startup. Dunque si tratta di imprese di nuova o, comunque, recente costituzione.
La durata richiesta è analoga a quella del Private Equity, circa 10 anni.
Private debt
in questo caso le imprese vengono finanziate non attraverso l’acquisizione di partecipazioni, bensì tramite la concessione di finanziamenti a fronte del pagamento di un interesse periodico.
Per questa sua natura, il private debt prevede il pagamento all’investitore di un interesse (cedola) periodico.
Il ritorno economico risulta più contenuto rispetto al private equity vista la durata più breve e la natura più conservativa dell’operazione.
Parallelamente sono nati molti servizi che accompagnano le aziende in questa fase così delicata di apertura del proprio capitale al pubblico.
Anche Elite, rappresentata alla Convention dal suo CEO Luca Peyrano, ha creato una nuova tipologia di consulenza che prepara e struttura l’imprenditore al processo di sviluppo che passa dal private equity fino alla quotazione in borsa.
Conclusioni: il ruolo dell’investimento in economia reale
Per Pietro Giuliani, presidente di Azimut Holding, nella nuova era dei tassi negativi, l’investimento in economia reale è diventato indispensabile: rappresenta una diversificazione obbligata per realizzare ritorni economici stabilmente positivi e difendere il capitale da svalutazione e volatilità.
L’obiettivo della manifestazione (e di questo articolo) non è quello di proporre una soluzione unica e infallibile quale fonte di rendimento certa.
L’intento è, piuttosto, quello di offrire uno spunto di riflessione per il risparmiatore affinché possa effettuare una scelta consapevole.
L’investimento in private equity, venture capital ecc. può trovare una giusta collocazione (nel rispetto del profilo di rischio soggettivo) all’interno di un portafoglio opportunamente diversificato in attività tradizionali (azioni obbligazioni).
Destinando una piccola parte del proprio patrimonio (5-10%) a strategie di questo tipo sarà possibile valorizzare le performance di lungo periodo:
si tratta, dunque, di considerare questo asset come un motore aggiuntivo di rendimento indipendente dall’andamento dei risultati dei classici investimenti obbligazionari e azionari.
Tutto questo con il grande valore aggiunto di permette a realtà imprenditoriali italiane di tornare competitive nel grande mercato globalizzato.
Leggi anche:
Investire nel 2020: la migliore strategia con la diversificazione.