Il 2022 è stato un difficile banco di prova per i più famosi lazy portfolio: il ritorno prepotente della volatilità e la rottura della “tradizionale” correlazione azioni/obbligazioni ha messo sotto pressione molti dei modelli più amati.
In questo articolo analizzeremo l’andamento dei lazy portfolio più famosi in questa burrascosa prima fase dell’anno.
Oltre all’analisi potrai trovare alcune riflessioni su ribilanciamento e manutenzione dei portafogli pigri alla luce degli ultimi movimenti registrati delle varie asset class.
Indice
Lazy portfolio: un anno difficile
Ribadiamo, ancora una volta, il concetto che gli ultimi anni di interventismo delle banche centrali oltre a farci diventare “pigri” ci hanno reso anche un po’ viziati.
A eccezione della breve parentesi del covid (che molti oggi, finanziariamente parlando, rimpiangeranno) a partire dal 2009 gli episodi di volatilità sono stati relativamente contenuti.
Ma, soprattutto, grazie anche al quantitative easing delle banche centrali i tempi di recupero sono stati eccezionalmente brevi.
La musica è cambiata insieme al passo delle politiche monetarie. Non a caso stiamo vivendo il peggior inizio di anno dell’ultimo mezzo secolo.
I lazy portfolio che più apprezziamo (60/40, Permanent, All Seasons, Swensen, Golden Butterfly, Pinwheel, Larry) dall’inizio dell’anno hanno subito perdite superiori al 10%:



(Per un’analisi dettagliata dei drawdown dei portafogli clicca su questo link: 60/40, Permanent, All Seasons e su questo link: Swensen, Golden Butterfly, Pinwheel.
La tabella si riferisce all’investitore statunitense.
L’investitore europeo che ha fedelmente replicato queste soluzioni, grazie all’effetto positivo del cambio euro dollaro ha sopportato drawdown più contenuti:



Si tratta di drawdown sensibilmente ridimensionati tuttavia credo che pochi si sarebbero aspettati di dover sopportare cali di tale entità.
Mi preme comunque far notare che il ribasso massimo subito dallo strumento attivo di Vanguard che più si avvicina ai lazy portfolio (Vanguard life strategy 40) è di circa il 10% (alla data di stesura di questo post).
Riflessione su questa prima parte dell’anno
Ragionare sul breve termine è sempre poco produttivo.
Tuttavia possiamo comunque fare qualche considerazione di buon senso, soprattutto se il breve termine preso in esame rappresenta un periodo difficile in cui saltano molte delle correlazioni tradizionali.
- La gestione del rischio di cambio:
Come ogni altro rischio, quello valutario deve essere gestito. Sarebbe sbagliato pensare di eliminarlo: le coperture non soltanto pesano in termini di costi (non completamente evidenziati dal TER) ma impediscono di sfruttare le oscillazioni valutarie a proprio vantaggio.
Ad esempio il dollaro è una valuta rifugio. Costruire parte dell’esposizione obbligazionaria denominata in dollari con cambio aperto, contribuisce ad attenuare i drawdown durante le fasi di sell off (ne parlo in questo post). - La corsa all’asset più performante:
A volte il ruolo che gioca la singola asset class è molto meno importante dell’asset allocation nel suo complesso.
Credo che sia ormai chiaro a tutti che l’asset più performante dell’anno siano le materie prime. Eppure l’unico portafoglio che è esposto alle commodity, l’All Seasons, ha ottenuto performance decisamente peggiori del Permanent e del Golden Butterfly.
Dunque quando si costruisce l’asset allocation non si dovrebbe tanto pensare a quale asset renderà di più quanto, piuttosto, alla ricerca di stabilità. - L’importanza degli asset reali:
Il portafoglio che ha subito di più la volatilità del 2022 è il 60/40, l’unico modello che non presenta esposizione agli asset reali. Lo stesso Swensen composto per il 20% da REIT (riconducibile agli asset reali) ha pagato la mancanza di oro e materie prime.
I beni reali devono dunque essere pensati come asset class che apportano un contributo difensivo quando le obbligazioni (altro asset protettivo) vacillano (ipotesi non così inusuale nella storia dei mercati).
Analogie con il passato
Per quanto difficile si stia presentando l’anno in corso, chi naviga i mercati da tempo ha visto di molto peggio.
E i colpi incassati dai lazy portfolio sono ancora ben poca cosa rispetto ai peggiori ribassi registrati negli anni dal 1970 a oggi:



Leggi l’articolo completo sul confronto tra i principali Lazy portfolio
Quando i mercati fanno i capricci, giornalisti ed esperti amano fare analogie con il passato e, soprattutto, con i periodi più tragici della storia finanziaria.
Lo studio dei dati passati su periodi di tempo ragionevolmente lunghi è l’unico strumento che abbiamo a disposizione per capire ciò che potremmo aspettarci (soprattutto in termini di sorprese negative).
Il passato rappresenta una sorta di mappa che consente all’investitore di muoversi nell’inesplorato territorio del futuro finanziario.
La mappa non è ovviamente il futuro ma senza di essa si finisce per avanzare senza riferimenti più o meno certi.
Vediamo allora cosa è accaduto ai portafogli pigri durante i periodi più difficili dell’ultimo ventennio in termini di drawdown e tempi di recupero.
I dati sono espressi in euro e considerano, ancora una volta, la replica fedele dei modelli americani.
La banca dati che è stata utilizzata è quella fornita dalla piattaforma quantalys.
I tempi di recupero sono espressi in anni e mesi (ad esempio, un anno e sei mesi = 1,6).
Bolla dot.com – anni 2000
Sono sempre più frequenti analisi e commenti che vedrebbero nel crollo delle mega cap statunitensi una forte somiglianza con la bolla della dot com che travolse i mercati tra la fine degli anni 90 e l’inizio del 2000: l’euforia degli investitori per le stelle della new economy gonfiò le valutazioni di tutte le società riconducibili a internet e al mondo tech.
Non fu un periodo facile per i portafogli pigri, non soltanto in termini di ribassi ma, soprattutto per quanto riguarda i tempi di recupero.
Drawdown dot com:



Time to recovery dot.com:



Grande Crisi Finanziaria del 2008
Probabilmente uno dei periodi più bui della finanza moderna. Personalmente l’esperienza (finanziaria) più drammatica che abbia mai vissuto.
Il fallimento della banca americana Lehman Brother (una delle più importanti banche statunitensi) rischiò di scatenare un effetto domino nel mondo bancario: il sistema finanziario globale rischiò letteralmente di implodere su se stesso.
Drawdown Grande Crisi Finanziaria 2008:



Time to recovery Grande Crisi Finanziaria 2008:



Guerra commerciale 2018
Nulla di paragonabile alle due crisi precedenti, tuttavia il 2018 presenta alcune analogie con il periodo attuale.
Al tempo, mentre si nutrivano timori per un rallentamento economico, Trump in modo piuttosto brusco inasprì la guerra commerciale con la Cina imponendo nuovi dazi ai prodotti di Pechino.
Allo stesso tempo la FED, sotto la guida di Powell, proseguì spedita nel percorso di rialzo dei tassi e di riduzione del bilancio.
La sostanziale differenza è l’attuale livello di inflazione nettamente superiore a quello del 2018.
Drawdown guerra commerciale 2018



Time to recovery guerra commerciale 2018:



Durante le crisi più profonde (2000 e 2008) chi ha investito replicando fedelmente i lazy portfolio è stato scosso da drawdown e da tempi di recupero decisamente estenuanti.
Per questo motivo è fondamentale considerare il punto di vista dell’investitore europeo ben diverso da quello americano.
Nel processo di replica dovrebbe essere perseguita un’attenta gestione della variabile “rischio di cambio” combinando l’esposizione a valute come il dollaro con strumenti denominati in valuta domestica.
Inoltre, anche nella scelta delle varie asset class, deve sempre essere privilegiata un’adeguata diversificazione evitando di concentrare, ad esempio, l’esposizione azionaria soltanto sull’invincibile mercato statunitense.
E’ questa la strada per ridurre la profondità dei ribassi e la lunghezza dei tempi di recupero.
Riflessioni sull’attività di ribilanciamento oggi
Abbiamo più volte detto che l’attività di ribilanciamento, per essere efficace, deve essere eseguita con parsimonia.
Sono proprio le fasi di mercato come quella che stiamo attraversando che dovrebbero essere sfruttate per ribilanciare il portafoglio.
I movimenti delle asset class azionaria-obbligazionaria e degli asset reali hanno alterato l’asset allocation individuata.
E i ribassi delle asset class più duramente colpite dal drawdown sono l’occasione per aumentarne il peso consolidando parte dei guadagni accumulati sulle attività che hanno beneficiato della turbolenza.
- Ribilanciamento tra asset class
Le materie prime sono sicuramente l’asset class che ha più beneficiato delle pressioni inflative e delle tensioni geopolitiche. Con un rialzo medio di circa il 40%, a fronte di ribassi a doppia cifra per azioni e obbligazioni, le commodity hanno incrementato il loro peso all’interno dei portafogli. L’eccedenza accumulata a fronte del rialzo potrà essere utilizzata per ribilanciare verso azioni e obbligazioni.
Oltre che una scelta dettata dal rispetto dell’asset allocation, si tratta anche di una decisione di buon senso: se dovesse materializzarsi il tanto temuto scenario recessivo, ragionevolmente il calo della domanda colpirebbe anche le materie prime facendone sgonfiare i prezzi.
Anche utilizzare una porzione della liquidità (che rappresenta un asset class strategica) per ripristinare i pesi originari di azioni e bond è sicuramente una scelta di buon senso; - Ribilanciamento all’interno delle asset class
C’è un segmento obbligazionario a cui l’investitore pigro deve essere particolarmente grato quest’anno: i bond cinesi.
Le obbligazioni del dragone restano un asset strategico (ne abbiamo ampiamente parlato in questo post).
Tuttavia il fatto che i bond di elevata qualità (indice global aggregate) abbiano subito il peggior ribasso drawdown dagli anni 80 dovrebbe mettere in moto anche l’investitore più pigro: ribasso del prezzo dei bond significa aumento del rendimento a scadenza.
Ridurre l’obbligazionario cinese in favore di bond globali, europei e statunitensi è una scelta “attiva” da prendere in seria considerazione.
Conclusioni
La vita si può comprendere solo a ritroso, nei back-test, ma deve essere vissuta in avanti
Søren Aabye Kierkegaard
Col senno di poi le correzioni passate consultate sui grafici ci sembrano sempre grandi opportunità di acquisto. Quelle in corso, viceversa, sono sempre cali senza fine.
Non sappiamo cosa farà il mercato nel breve termine. E non sappiamo neppure quale sarà il miglior lazy portfolio per il futuro o per i “nuovi regimi economici” che, a detta di molti, saranno totalmente diversi dal passato.
Sappiamo però che presto o tardi il mercato vedrà un minimo e da lì ripartirà.
Nell’attesa che ciò avvenga l’unica cosa da fare è concentrarsi sull’unica cosa che possiamo mantenere sotto il nostro controllo: l’asset allocation.
Ecco perché è così importante impostare correttamente i pesi delle varie asset class e mantenere costante la corretta ripartizione.
Keep calm and stay lazy.
…perché consideriamo una catastrofe che gli asset hanno ceduto contemporaneamente mostrando alta correlazione? Ricordo male che nel mercato “toro” appena passato tutto saliva con la stessa marcata correlazione attuale? Non mi sembra un dramma una regressione dai massimi anche del 10%, sei solo meno ricco. Il valore si crea con il ciclo di mercato, non sui prezzi nominali dei suoi componenti che si formano sulla irrazionalità (n.d.r.). Buona domenica David